Il 26 settembre 2022, nel corso della prima missione di difesa planetaria della NASA, la sonda DART (Double Asteroid Redirection Test) a una velocità di 24000 km/h si è schiantata con successo su Dimorphos, satellite naturale dell’asteroide Didymos, modificandone la traiettoria. L’impatto è stato documentato dal cubesat dell’ASI LICIACube, progettato, costruito e gestito dall’azienda torinese Argotec.
Il sistema di asteroidi, in quel momento situato a circa 10 milioni di chilometri dal nostro pianeta, non rappresenta una minaccia per la Terra, ma è stato essenziale per testare per la prima volta la tecnica dell’impatto cinetico. Si tratta di una tecnica che potrebbe rivelarsi utile, in futuro, per proteggere il pianeta dall’eventuale impatto di un asteroide pericoloso.
I preziosi dati acquisiti durante la missione sono stati oggetto di studio da parte della comunità scientifica mondiale, e ora arrivano i primi risultati scientifici. Firmati da ricercatori di ASI, INAF, IFAC-CNR, Politecnico di Milano, Università di Bologna e Università Parthenope, cinque articoli sono stati pubblicati sulla rivista Nature, contenenti importanti informazioni sullo schianto di DART e le sue conseguenze.
Nel frattempo, ESA e NASA hanno pubblicato un filmato registrato dal telescopio spaziale Hubble che mostra i rapidi cambiamenti dell’asteroide Dimorphos, a seguito dell’impatto del veicolo spaziale.
Quantità di moto e code asteroidali
Il primo studio (abstract qui) ha determinato la quantità di moto trasferita all’asteroide bersaglio mediante impatto cinetico, ovvero tramite l’impatto di un veicolo spaziale che, arrivando ad alta velocità, l’ha deliberatamente colpito. Il risultato ottenuto indica che a seguito dello schianto di DART, è più grande la quantità di moto trasferita sull’asteroide Dimorphos a causa del getto di materiale sollevatosi dalla sua superficie, che quella trasmessa dall’impatto in sé.
La seconda pubblicazione (abstract qui) riporta le osservazioni effettuate con Hubble da 15 minuti fino a circa 18 giorni dopo l’impatto. I dati hanno rivelato una complessa evoluzione dei getti del materiale espulso. Essi sarebbero stati dominati sia dall’interazione gravitazionale tra il corpo binario Didymos e la polvere espulsa dallo schianto, sia dalla pressione della radiazione solare.
Il materiale espulso a velocità più bassa, invece, si è disperso formando una coda. Questo risultato mostra una morfologia coerente con lo scenario di code asteroidali attribuite a impatti naturali con altri corpi vicini.
I primi risultati da LICIACube
Il terzo studio (reperibile qui) mostra le immagini catturate nel corso dell’avvicinamento di DART a Dimorphos, fino al momento dell’impatto cinetico della sonda, ottenute dalla camera LEIA a bordo di LICIACube (ne vediamo una in copertina).
LICIACube ha studiato il sistema Didymos con una telecamera a colori e una telecamera monocromatica ad alta risoluzione nei minuti intorno all’impatto di DART. Le immagini mostrano la ricostruzione dell’evento, inclusa la sequenza temporale che ha portato allo schianto, la posizione e la natura del sito di impatto di DART e le dimensioni e la forma dell’asteroide Dimorphos.
Si vedono filamenti di detriti rocciosi che si allontanano da Dimorphos dopo l’impatto. La loro misura potrà fornire una stima indipendente della dimensione della spinta che DART ha dato a Dimorphos, e il monitoraggio continuo può mostrare le quantità relative di piccole particelle e altre più grandi che erano presenti nei detriti. Questi risultati saranno aggiunti alle misurazioni della distribuzione dei massi su Dimorphos, per fornire infine un quadro più completo delle rocce presenti.
“A poco più di cinque mesi dall’impatto, le immagini acquisite da LICIACube si confermano essere una sorgente di informazione unica per svelare la natura di corpi celesti di grande fascino e interesse come gli asteroidi” ha commentato Angelo Zinzi, Project Scientist ASI di LICIACube. “Questa missione tutta italiana è stata fondamentale anche per permettere di valutare per la prima volta l’efficacia di una tecnica per la rimozione di asteroidi potenzialmente pericolosi.”
Il filmato di Hubble pre e post impatto
Anche il filmato time-lapse di Hubble sulle conseguenze della collisione rivela i notevoli cambiamenti di Dimorphos. Schiantandosi frontalmente contro l’asteroide a 21.000 chilometri all’ora, DART ha fatto esplodere oltre 900.000 chilogrammi di polvere.
Il time-lapse mostra tre fasi sovrapposte delle conseguenze dello schianto: la formazione di un cono di espulsione, il vortice a spirale di detriti catturati lungo l’orbita dell’asteroide attorno al suo asteroide compagno e la coda trascinata dietro l’asteroide dalla pressione della luce solare. Inizia 1.3 ore prima dell’impatto, quando sia Didymos che Dimorphos sono all’interno del punto luminoso centrale; nemmeno Hubble può risolvere i due asteroidi separatamente. Le punte sottili che sporgono dal centro (viste nelle immagini successive) sono artefatti dell’ottica di Hubble.
La prima istantanea post-impatto è di 2 ore dopo l’evento. I detriti volano via dall’asteroide, muovendosi a una velocità superiore a 6.5 km/h (abbastanza veloce da sfuggire all’attrazione gravitazionale di Dimorphos, quindi non vi ricadono sopra). Formano un cono, in gran parte cavo, con lunghi filamenti.
Circa 17 ore dopo la collisione, lo schema dei detriti è entrato in una seconda fase. La forma a cono è distorta dall’interazione dinamica all’interno del sistema binario. Le strutture più importanti sono elementi a forma di girandola, dovuti all’interazione gravitazionale di Didymos.
Hubble ha catturato anche i detriti trascinati indietro in una coda dalla pressione della luce solare sulle particelle di polvere. La coda si estende in un vero e proprio treno di detriti, dove le particelle più leggere viaggiano più velocemente e più lontano dall’asteroide. Hubble ha anche registrato la divisione della coda in due per alcuni giorni.
Nel 2024, l’ESA lancerà la missione Hera, che viaggerà fino al sistema di asteroidi ed eseguirà un’indagine dettagliata post-impatto di Dimorphos. Hera trasformerà quindi il test di NASA/ASI in una tecnica di difesa planetaria compresa e ripetibile, che un giorno potrebbe essere utilizzata per davvero, se necessario.
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