Centouno anni fa nasceva una delle astrofisiche italiane più importanti della nostra storia scientifica, Margherita Hack. Il suo futuro tra le stelle sembrava già scritto quando, il 12 giugno 1922, nacque nella strada chiamata Centostelle. Guidata dalla passione per l’astronomia e l’astrofisica, il contributo di Margherita Hack non si ferma al solo ambito della ricerca. È stata coinvolta nello studio e nella classificazione spettrale delle stelle, ma i suoi interessi si sono estesi in maniera significativa anche alla divulgazione delle sue conoscenze e scoperte sull’Universo.
Il suo grande carisma e i suoi forti ideali, nella scienza e nella vita, l’hanno guidata attraverso le stelle permettendo anche a noi, attraverso le sue parole, di partecipare a questo viaggio e comprendere ciò che l’Universo ha da nascondere.
Per il centenario dalla sua nascita abbiamo deciso di raccontare i suoi contributi scientifici più importanti, per ricordarla come una delle menti più brillanti della ricerca scientifica italiana.
Le Cefeidi
Il primo argomento della ricerca di Margherita Hack furono le stelle Cefeidi, protagoniste della sua tesi di laurea. Le stelle Cefeidi furono scoperte da Henrietta Leavitt agli inizi del ‘900. Sono caratterizzate da una pulsazione periodica durante la quale il loro diametro e la loro luminosità cambiano. Leavitt trovò una relazione tra il flusso intrinseco di una Cefeide e il suo periodo di pulsazione. La legge è lineare: a ogni periodo corrisponde un’unica magnitudine assoluta.
Gli astronomi chiamano candele standard gli oggetti come le Cefeidi. Il motivo è che per questi corpi è facile calcolare la loro distanza fisica da noi. Quindi sono usati per determinare le distanze nel nostro universo. Per farlo, la loro magnitudine assoluta, relativa al flusso proprio di una stella, viene paragonata alla magnitudine apparente. Quest’ultima è la luminosità di un oggetto vista da noi. Naturalmente più un astro brilla lontano da noi, più la sua luce ci appare fioca. Paragonando le due magnitudini possiamo dunque ottenere la distanza.
Le Cefeidi sono molto frequenti non solo nella nostra galassia ma anche in quelle vicine a noi. Grazie a esse è dunque possibile calcolare le distanze fra noi e altre galassie e ammassi stellari
Le stelle nell’ultravioletto
Si chiama Epsilon Eurigae la stella eclissante che Margherita Hack ha studiato nell’ultravioletto (UV). Più precisamente, Epsilon Eurigae è il nome di un sistema binario a eclissi con un periodo di 27 anni e una durata dell’eclissi di 2 anni. Il sistema è composto da una stella supergigante molto luminosa e da un disco di materia, che nasconde un corpo sconosciuto.
Nel 1961 Hack osservò la stella nella banda UV e notò che l’eclissi era graduale. La scienziata ipotizzò che la stella compagna fosse una stella calda circondata da anelli di gas ionizzato. Ci vollero 21 anni e l’avvento dell’ International Ultraviolet Explorer (IUE) a confermare la sua intuizione. L’IUE è il primo telescopio spaziale progettato per osservazioni nell’UV, lanciato nel febbraio del ‘78. La partecipazione dell’Italia a questo progetto fu guidata proprio da Margherita Hack. Grazie a questo telescopio gli astronomi hanno potuto osservare oggetti molto energetici nel nostro universo. La Hack ha ricordato il telescopio con queste parole:
Ho un debito di riconoscenza con l’IUE. Nel 1957 avevo studiato la stella Epsilon Aurigae, dal cui spettro di luce avevo dedotto l’esistenza d’una stella compagna, molto più debole e più calda, che avrebbe eccitato la luce emessa dalla stella visibile emettendo nell’ultravioletto. Dalla stazione di Villafranca del Castillo, a Madrid, puntammo allora il satellite verso Epsilon Aurigae e rimasi in attesa. Dopo qualche istante, sullo schermo cominciò ad apparire una strisciolina bianca nell’ultravioletto: era lo spettro della compagna invisibile. A ventuno anni dalla mia ipotesi, era la conferma che avevo ragione. È stata la soddisfazione più bella della mia carriera scientifica.
Le stelle a emissione B
La Hack si è anche occupata dello studio delle stelle a emissione B (alcune delle quali sono Cefeidi). Si tratta di stelle con altissima velocità di rotazione, che emettono grandi quantità di materia che va a formare anelli e dischi intorno alla stella stessa. Quelle di tipo Be sono caratterizzate da uno spettro che presenta:
- Una significativa emissione d’idrogeno. Questa emissione, indicata dal suffisso “e” dopo la lettera “B”, proviene dall’ambiente attorno alla stella per la presenza di dischi circumstellari. Essi sono costituiti da materia gassosa che si ritiene sia costituita da materiale espulso dalla stella, principalmente idrogeno.
- Un eccesso di radiazione infrarossa. Anch’esso dovuto alla presenza del disco circumstellare, che è composto anche da polvere che assorbe la radiazione e la ri-emette nell’infrarosso.
Lo stadio di stella Be è transitorio: ogni stella di classe B può diventare in qualunque momento una stella Be, e viceversa. La prima stella riconosciuta come appartenente a questa classe stellare fu γ Cassiopeiae, osservata nel 1866 da Angelo Secchi. Si tratta della prima stella sul cui spettro siano state individuate delle linee di emissione.
Le stelle radio e le pulsar
Nel 1963 si scoprirono le radiostelle. Oggetti celesti che sembravano stelle ma che emettevano una quantità enorme di onde radio, come un’intera galassia. Dal loro spettro di luce si vide che presentavano un fortissimo spostamento verso il rosso. Si trattava dei nuclei centrali di galassie lontanissime. Vennero chiamate quasar, contrazione di quasi stellar radio source, sorgente radio quasi stellare. Dal 1963 anche la Hack studiò le quasar.
La sua ricerca successiva furono le pulsar, invece. Solo alla fine degli anni ‘70 si arrivò a comprendere che sono stelle di neutroni, ciò che resta dall’esplosione di supernove. Si tratta di stelle che presentano rapidissime pulsazioni luminose periodiche. “Ma fu scandaloso” sottolineò Margherita Hack “che a prendere il Nobel nel 1974 sia stato Antony Hewish e non la sua allieva Jocelyn Bell, che le aveva identificate e studiate per prima”.
Astrofisica e non solo
Quelli citati sono solo alcuni dei contributi che hanno visto Margherita Hack partecipe e protagonista dello studio delle stelle. Ma questo legame con gli astri dell’Universo va ben oltre l’astrofisica. Tra i suoi obiettivi infatti, primario è stato quello di avvicinare i giovani a questa scienza, facendoli innamorare delle stelle e dell’Universo attraverso le sue spiegazioni e i suoi racconti. Perché alla fine, ciò che si nasconde in questa infinita oscurità, come ci ha insegnato Margherita Hack, fa parte di noi.
Questi sono tre, dei tanti, libri di divulgazione scientifica che Margherita Hack ha scritto, e che ci sentiamo di consigliare, per iniziare ad appassionarsi all’astrofisica, all’astronomia e alla scienza, ma anche per immergersi un po’ nella emozionante e viva visione del mondo che aveva l’astrofisica italiana. Cliccando sui tre titoli si possono acquistare direttamente i volumi.
–> Siamo fatti di stelle. Dialogo sui minimi sistemi.
“Noi siamo fatti di materia che è stata costruita nell’interno delle stelle. Tutti gli elementi, dall’idrogeno all’uranio, sono fatti nelle reazioni nucleari che avvengono nelle supernovae, cioè queste stelle molto più grosse del Sole, che alla fine della loro vita esplodono e sparpagliano nello spazio il risultato di tutte le reazioni nucleari avvenute al loro interno. Per cui noi siamo veramente figli delle stelle.”
Questo articolo è stato scritto da Chiara De Piccoli, Mila Racca e Mariasole Maglione.
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