Space economy
| On 3 anni ago

Le 5 startup aerospaziali più innovative da seguire nel 2021

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Il 2021 si preannuncia un anno intenso per il settore aerospaziale, dato l’impressionante numero di lanci previsti (circa 180) e le numerose missioni scientifiche. Al di sotto dei grandi colossi esiste però un intero ecosistema di startup che cercano costantemente di innovare e costruire nuovi tasselli della New Space Economy.

In questo articolo abbiamo raccolto le 5+1 startup per le quali il 2021 risulta essere l’anno della svolta o per lo meno l’anno in cui i progetti escono finalmente della progettazione per entrare nel mondo del business. Nel processo di selezione sono stati adoperati diversi criteri del tutto soggettivi. I più importanti risultano essere “il 2021 come anno di lancio di un prodotto” e “credibilità dell’idea”.

Riuscire a scegliere un numero ristretto di startup non è stato semplice. Infatti nel corso degli ultimi 5 anni il numero di realtà innovative nel settore aerospaziale è cresciuto a dismisura, portando la quantità di idee prodotte a picchi inimmaginabili fino allo scorso decennio.

1. Relativity Space

Inutile girarci intorno, Relativity Space è sicuramente “la” startup da seguire nel 2021.  Nel corso dello scorso anno, la startup californiana ha raggiunto l’impressionante valutazione di 2.3 miliardi dollari, dopo un altrettanto incredibile  round di 500 milioni di dollari in investimenti. Tutto questo quando mancava ancora un anno al lancio del loro primo vettore in fase di sviluppo: Terran-1.

Un render del vettore Terran-1 di Relativity Space. Il primo lancio è previsto nel 2021.

Quello che rende il Terran-1 interessante non sono le specifiche tecniche, ma l’innovativo metodo di manifattura basato sulla stampa 3D e intelligenza artificiale. Grazie a questi due elementi Relativity mira a diventare il più veloce costruttore di lanciatori al mondo: meno di 60 giorni dall’ordine.

Usare la stampa 3D per costruire dei vettori non è sicuramente qualcosa di nuovo; aziende come SpaceX, Rocketlab e Blue Origin utilizzano da diverso tempo questa tecnologia per produrre diverse componenti dei loro lanciatori. Tuttavia nessuno si era mai spinto a produrre la totalità di un razzo (tolte le componenti elettroniche e poco altro) a partire da delle enormi stampanti 3D. In un certo senso, la chiave del successo nel Terran-1, è la possibilità degli ingegneri di semplificare significativamente il design dell’intero veicolo, ossia diminuire di ordini di grandezza la quantità di componenti.

Una stampante 3d usata da Relativity Space per realizzare parti del vettore.

Come detto dal CEO di Relativity, Tim Ellis, il vero segreto della startup risiede nell’intelligenza artificiale. Quest’ultima gioco un ruolo chiave nella precisione delle stampanti che migliorano a ogni pezzo prodotto tramite la comparazione di una simulazione della parte da produrre con i fotogrammi e suoni raccolti nel corso del processo stesso di stampa.

Relativity Space ha brillantemente guadagnato la fiducia di molti clienti, diventando la startup con il maggior numero di contratti siglati all’alba del primo lancio, seconda solo a SpaceX. Tra questi figura un corposo contratto con Iridum ed un’importante missione per conto di Lockheed Martin.

2. Astroscale

I detriti nello spazio sono un problema di primaria importanza per il futuro dell’accesso all’orbita terrestre. Nel corso degli ultimi anni stanno progressivamente aumentando gli sforzi governativi e commerciali per mitigare questa situazione. Tra questi la startup più promettente è sicuramente la giapponese Astroscale. Al fine di poter rimuovere i detriti dall’orbita terrestre, Astroscale mira alla creazione di diverse soluzioni che comprendono il recupero e rientro dei detriti stessi oppure il fornire un estensione della vita operativa, in maniera simile a quanto visto con il MEV di Northrop Grumman.

Un render dei due satelliti Astroscale: il Target e il Chaser. Credits: Astroscale

Attualmente l’azienda si prepara per lanciare a marzo la prima missione dimostrativa del suo servizio di rimozione di detriti per l’orbita bassa “ELSA” (End-of-Life Service by Astroscale). La missione in questione si chiama ELSA-d dove l’ultima letterale denota il carattere dimostrativo.

ELSA-d si compone di due parti: il Chaser ed il target. Il primo ha una massa di 175 kg e rappresenta il cuore della tecnologia di Astroscale. Il satellite in questione è infatti dotato di sistemi per effettuare un rendez-vous con un altro oggetto, per poi catturarlo tramite un meccanismo magnetico. Target (di massa 17 kg) presenta una “docking plate” ferromagnetica per la cattura e una telecamera HD per riprendere i movimenti del Chaser. Sul target sono presenti anche dei marcatori ottici per permettere delle correzioni di assetto da parte del Chaser.

Un render del satellite Chaser e Target della missione ELSAd. Credits: Astroscale

Nel corso della missione, Astroscale intende simulare diversi scenari di ispezione e cattura. Verranno lanciati a bordo di un Soyuz e una volta in orbita i due elementi si separeranno per poi ricongiungersi. Effettuando ripetuti test, Astroscale intende validare, ed eventualmente raffinare, il complicato algoritmo per l’approccio del Chaser.

Oltre ad ELSA-d, la startup giapponese lavora per conto della JAXA nel programma Commerical Removal of Debris Demonstration (CRD2). In questa missione, Astroscale lancerà un satellite per analizzare lo stadio superiore di un lanciatore giapponese, per poi deorbitarlo in un una occasione futura.

3. iSpace

Il riutilizzo dei lanciatori spaziali è indubitabilmente la tecnologia necessaria per essere competitivi nel mercato attuale e ancora di più in quello futuro. In Cina, sulla scia dei successi di SpaceX sono emerse molte startup che stanno cercando attivamente di perseguire il difficile obbiettivo del riutilizzo.

Tra queste, iSpace è sicuramente una delle più promettenti per il 2021. Fondata nel 2016, iSpace è diventata la prima azienda privata cinese a raggiungere l’orbita nel 2019 con il vettore a quattro stadi solidi: Hyperbola-1.

Il lanciatore Hyperbola-2. Credits: iSpace

Archiviati i successi con il primo lanciatore, la startup di Pechino è sempre più vicina al primo lancio di Hyperbola-2, ossia un lanciatore parzialmente riutilizzabile a due stadi propulso da motori a metano e ossigeno liquido. Con un’altezza di 28m e 3.35m in diametro, Hyperbola 2 risulta essere uno dei lanciatori più promettenti nel mercato cinese, insieme a Zhuque-2 di LandSpace e Pallas-1 della più recente Galactic Energy. La startup con sede a Pechino ha dichiarato che Hyperbola-2 sarà in grado di trasportare fino 1100kg in un orbita eliosincrona di 500km che scendono a 800kg nel caso di riutilizzo del primo stadio.

Per il 2021 iSpace intende completare almeno dei test suborbitali, apogeo di 100km, con il primo stadio di Hyperbola-2, per testarne appieno le capacità di rientro. In questo senso, uno degli obbiettivi più importanti sarà il corretto funzionamento dei motori a metano JD-1 che lo scorso maggio hanno effettuato due importanti test statici con successo. Al termine dei test, iSpace prevede effettuare il primo volo orbitale di Hyperbola-2. Non è chiaro se già in questo primo volo si tenterà il rientro del primo stadio, tuttavia tale fatto è molto probabile.

Una caratteristica che rende iSpace molto credibile è anche la capacità con cui è riuscita a guadagnare investimenti. Dopo un round iniziale di 100 milioni di dollari la startup ne ha chiuso con successo anche un secondo round da oltre 173 milioni di dollari, ad agosto.

Tali cifre oltre a garantire le giuste risorse per lo sviluppo di Hyperbola-2 aprono spiragli verso i piani a lungo termine della startup. Tra questi c’è la creazione di un vettore riutilizzabile più grande, noto come “Hyperbola 3” che in due successive varianti presenta dei booster laterali riutilizzabili.

Un render dello spazioplano di iSpace. Credits: iSpace

Il progetto di lungo termine di iSpace è invece uno spazioplano suborbitale per il trasporto di persone su brevi tratte. Presentato nel 2018, tale veicolo dovrebbe essere utilizzato insieme ad Hyperbola-3. Ad oggi non ci sono dettagli sullo spazioplano, tuttavia è noto che la startup intende portare avanti il suo sviluppo solo dopo aver maturato la tecnologia  dei lanciatori della famiglia Hyperbola.

4. Astranis

Nel corso del 2020 siamo stati abituati all’utilizzo del termine “megacostellazioni”, con riferimento ai progetti di aziende come SpaceX, OneWeb o Amazon. L’obbiettivo di questo nuovo approccio è fornire una connessione internet veloce e a bassa latenza, sopratutto nelle zone in cui la cosidetta “broadband” è assente.

Astranis vuole risolvere questo problema con un apporccio diametralmente opposto, e in un certo senso “tradizionale” ma con un’ importante innovazione. L’idea di Astranis è quella di costruire dei satelliti per l’orbita geostazionaria ma di un’ordine di grandezza più piccoli, noti come MicroGEO. Ossia dei satelliti con massa nell’ordine dei 300kg.

Confronto in scala fra un satellite geostazionario “classico” e il MicroGEO di Astranis. Credits: Astranis.

La possibilità di scalare le dimensioni dei satelliti per l’orbita geostazionaria presenta due enormi vantaggi. In primo luogo è possibile ridurre sensibilmente i costi che normalmente presentano i satelliti geostazionari di grandi dimensioni. Per meglio comprendere questo fatto, si pensi che mediamente un normale satellite di questa classe, varia in un intervallo di masse compreso tra i 3000kg fino ad oltre 7000kg, come nel caso dei Telstar 18V e 19V.

Essendo i MicroGEO di dimensione ridotta è possibile costruirli e lanciarli in un periodo compreso tra i 18 e 24 mesi. Un lasso di tempo decisamente inferiore ai normali 3-5 anni che richiederebbero qualsiasi altro satellite simile. Con un accordo stipulato con Dataport Pacific, Astranis lancerà il primo MicroGEO nella seconda metà del 2021 a bordo di un Falcon 9. Il satellite fornirà una nuova connessione internet all’Alaska ad una velocità di 7.5 Gigabits per secondo.

5. Capella Space

Il mercato dell’osservazione terrestre è in continuo aumento. Nel corso del 2020 molte aziende hanno proseguito nello sviluppo di costellazioni commerciali per l’osservazione del nostro pianeta. Tra queste c’è Capella Space, una startup californiana che potrebbe cambiare le regole del gioco.

Un esempio della tecnologia “spot” di Capella Space. La foto ritrae una struttura di raffineria di ExxonMobil nel porto di Singapore. Credits: Capella Space

Nell’osservare la Terra tramite delle normali fotocamere ottiche ci sono principalmente due problemi. Il primo è banalmente la luce che limita di circa la metà il tempo in cui un normale satellite può effettivamente fare delle foto. Il secondo problema è la presenza di nuvole e altre condizioni meteo avverse.

Al fine di risolvere questi due problemi, Capella Space utilizza dei satelliti con tecnologia SAR (Synthetic aperture radar). Tale metodo non è altro che un radar a microonde il quale effettua diverse riprese in movimento di un generico punto che si vuole osservare. Le conseguenze dell’uso di questa tecnologia sono molteplici. In primo luogo viene risolto il problema della luce necessaria ai satelliti ottici e anche quello delle nuvole. Su quest’ultime il problema è risolto però solo parzialmente, in quanto delle precipitazioni possono comunque rendere impossibile l’osservazione.

Un’altra caratteristica dei SAR è l’elevata risoluzione angolare che permette di ottenere anche la ricostruzione di immagini 3D dei luoghi osservati. Ad oggi, Capella Space ha raggiunto l’impressionante risoluzione di 50x50cm, la più alta per dei satelliti SAR non militari.

Un satellite della costellazione Whitney di Capella Space. L’antenna ha un diametro di 3.5 metri. Credits: Capella Space.

Per il 2021 Capella amplierà la propria costellazione di satelliti SAR fino a 30 e potrebbe presto diventare uno dei riferimenti indiscussi per quanto concerne l’osservazione terrestre commerciale. La commercializzazione della costellazione non si limita solo ad enti privati ma coinvolge anche diverse agenzie governative americane. La più importante è sicuramente la NRO, agenzia che assegnato nel 2019 un contratto per studiare l’integrazione della costellazione Capella con i sistemi di intelligence dell’NRO.

6. LeoLabs

L’innovazione nel mondo aerospaziale non passano solo tramite satelliti e lanciatori. Con l’avvento delle megacostellazioni e quindi l’aumento degli oggetti in orbita, si pone una nuova sfida, ossia il tracciamento. Questo aspetto, spesso sottovalutato, sarà sempre più importante e LeoLabs potrebbe essere la startup al posto giusto, nel momento giusto.

Fondata nel 2016, LeoLabs dispone oggi di 3 diversi radar per il tracciamento degli oggetti in orbita, in particolare quello di Kiwi permette il tracciamento di oggetti con dimensioni fino a due centimetri. Nel 2019 LeoLabs ha annunciato di espandere il numero di radar di almeno altre tre unità. Di queste, una è attualmente in costruzione in Costa Rica e la strartup prevede l’inizio dell’attività entro la prima metà di quest’anno.

Il telescopio Kiwi Space Telescope costruito nel 2019 in Nuova Zelanda. Credits: LeoLabs.

Con il nuovo radar, LeoLabs sarà finalmente in grado di coprire la fascia di orbite equatoriali, permettendo un servizio sempre più completo e preciso. Nel solo 2020, LeoLabs ha dimostrato diverse volte l’affidabilità del proprio servizio nel tracciamento di potenziali collisioni in orbita bassa. Tra i casi degni di nota, nel 2020 figura l’incontro di un satellite russo con lo stadio di un Lunga Marcia 4. A febbraio si erano invece sfiorati un telescopio spaziale NASA con un satellite sperimentale, sempre dell’agenzia americana (entrambi fuori servizio).

Il vero potenziale commerciale di LeoLabs risiede nel supporto alle megacostellazioni. Nel corso di ottobre LeoLabs ha infatti formalizzato una collaborazione con SpaceX che era iniziata a marzo. Il servizio svolto dalla startup californiana consiste nel tracciamento dei satelliti Starlink nelle ore successive al rilascio dei satelliti in orbita. Con questo servizio, SpaceX ed altre aziende, possono determinare con uno strumento indipendente l’esatta posizione dei propri satelliti in una fase del lancio in cui non sono ancora attivi al 100%

Le conseguenze di questo fatto sono molto importanti. La possibilità di individuare tempestivamente un satellite può garantirne una migliore comunicazione con esso, e allo stesso tempo prevenirne collisioni o malfunzionamenti.

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