Questo pomeriggio, sabato 12 dicembre, Virgin Galactic ha tentato il primo volo di test suborbitale con lo spazioplano SpaceShipTwo Unity dal nuovo Spaceport America. Prima di questo volo, la VSS Unity aveva già correttamente eseguito due missioni. Il profilo di volo doveva essere simile ai precedenti, con l’aereo principale White Knight Two che ha portato lo spazioplano a circa 15 km di altitudine. Arrivati qui è stato sganciato e ha acceso il suo motore ma poi sono iniziati i problemi. Dalle prime immagini sembra infatti che lo sgancio con la “nave madre” sia stato eseguito correttamente, e anche l’accensione del motore.
Quest’ultimo non è però stato completamente acceso. Virgin Galactic ha infatti comunicato che la sequenza di accensione non si è completata. Lo SpaceShipTwo ha poi proseguito in modalità aliante, rientrando allo Spaceport America in sicurezza. La sicurezza dei piloti in questi casi viene sicuramente prima di tutto, dimostrando anche che in caso di problemi durante una missione commerciale con equipaggio la Unity può rientrare a Terra in sicurezza.
Ora Virgin Galactic analizzerà la telemetria di volo e la VSS Unity, garantendo che appena conosceranno le cause del fallito volo, verranno comunicate. Per tutti gli aggiornamenti che verranno vi lasciamo anche al nostro canale telegram, dove li riporteremo appena disponibili. Nella seguente infografica sono rappresentate tutte le fasi di un volo tipico di Virgin Galactic. Il test di oggi è stato interrotto subito dopo il punto numero 3.
A bordo del SpaceShipTwo Unity erano presenti due piloti. Il primo era CJ Sturckow, pilota dal 1984 e con più di 7600 ore di volo d’esperienza. Il secondo Dave Mackay, vola dal 1977 e ha all’attivo più di 14000 ore di volo in più di 140 aerei diversi.
Non solo un test questo terzo volo di Unity
A bordo del VVS Unity erano presenti anche degli esperimenti gestiti dalla NASA. In questo modo l’Agenzia Spaziale poteva usufruire di voli in condizioni particolari, approfittando di questi test. Dall’altro lato Virgin Galactic può già iniziare una commercializzazione del suo servizio di volo. Grazie ai quasi due minuti di microgravità che dovevano essere ottenuti durante la fase centrale della missione.
Uno di questi è un esperimento per la misurazione del campo magnetico del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (APL). I dati ottenuti verranno utilizzati sia per la ricerca di base sulla bassa ionosfera ma anche per comprendere meglio l’ambiente che dovranno sopportare i prossimi turisti spaziali all’interno di questi mezzi. Il secondo esperimento è il Collisions into Dust Experiment (COLLIDE) dell’Università della Florida centrale. Versioni di questo esperimento avevano già volato nello Space Shuttle, in voli precedenti di Virgin. L’obbiettivo è capire come polveri e sabbia si comportano in condizioni di microgravità una volta sottoposte a sollecitazioni umane.
Questo test rappresentava innanzitutto una prova per tutte le strutture di controllo missione e preparazione al volo e al rientro dello Spaceport America. Sarà da qui che già dal prossimo anno Virgin inizierà a portare turisti in questi voli. Questo per lo meno è quanto ci si aspettava prima di questo volo. Non è ancora chiaro se ci saranno ritardi dopo questo incidente, anche se sembra quasi ovvio che sia così.
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