In uno studio pubblicato su Nature il 18 novembre, un team di ricercatori capeggiato dall’astrofisico del Caltech Keri Hoadley pone finalmente luce sul misterioso anello blu da cui prende il nome la Blue Ring Nebula: a quanto pare la nebulosa si è formata dopo la fusione tra due stelle che ha espulso nello spazio un’ampia nuvola di detriti dalla forma molto particolare.
La Blue Ring Nebula è stata scoperta e catturata nel 2004 dal telescopio spaziale GALEX (Galaxy Evolution Explorer) della NASA. Da quel giorno gli scienziati si sono dati da fare per dare una spiegazione plausibile alla presenza di un insolito alone di materiale fluorescente attorno alla stella centrale, TYC 2597-735-1. Nel corso degli ultimi sedici anni, i ricercatori del team GALEX affiancati da altri esperti del settore hanno avanzato e scartato numerose ipotesi.
Solo di recente sono riusciti ad individuare la possibile causa dell’anello di luce ultravioletta: l’alone che GALEX ha catturato è dovuto al flusso di detriti caldi emesso dopo la fusione di una stella massiccia con una compagna binaria. L’emissione è composta da due diverse esplosioni di materiale a forma di cono: una si muove verso la Terra e un’altra si allontana da essa. Visti dal nostro pianeta, perciò, i due coni sembrano formare un anello attorno alla stella centrale della nebulosa.
Come avviene la fusione tra due stelle
La fusione tra due stelle è una fase comune nel corso dell’evoluzione di sistemi binari, perché la presenza di un compagno vicino altera l’evoluzione delle stelle massicce. In uno studio pubblicato su Science nel 2012, l’astronomo H. Sana dello Space Telescope Science Institute di Baltimore e i suoi collaboratori hanno confermato che più del 70% delle stelle massicce conosciute non evolverà singolarmente, ma scambierà massa con un compagno, portando ad una fusione stellare in un terzo dei casi.
Il risultato di interazioni binarie dipende fortemente dal rapporto tra le masse iniziali delle stelle coinvolte, oltre che dalle loro caratteristiche orbitali, e avviene tramite interazioni di marea o trasferimento di massa e momento angolare. Un articolo interessante riguardante questo argomento è quello pubblicato nel giugno 2018 su Astronomy & Astrophysics da J. Bodensteiner, dottoranda alla KU Leuven in Belgio, che ha investigato sulla presenza di nebulose attorno a stelle massicce in seguito all’interazione tra binarie.
In questo studio leggiamo come in particolari sistemi il trasferimento di massa tra due stelle si verifica quando il donatore, invecchiando, si espande. Di conseguenza, la compagna binaria accresce il momento angolare e inizia a ruotare: se il trasferimento di massa è conservativo, la seconda stella è in grado di accumulare tutto il materiale trasferito dall’oggetto primario, altrimenti esso viene perso nell’ambiente circostante perché il compagno non può crescere con la stessa velocità. Il materiale perso può portare alla formazione di una vasta nebulosa, dissipandosi però su scale inferiori alla decina di migliaia di anni e limitando in questo modo l’osservabilità.
Nonostante l’osservazione diretta di alcuni di questi eventi in occasioni particolari, in genere i detriti prodotti nell’esplosione oscurano la stella prodotta dalla fusione, impedendo agli scienziati di osservare cosa sta effettivamente accadendo e rendendo impossibile anche vedere lo stato finale del processo.
Qualcosa di mai osservato prima
Nel caso della Blue Ring Nebula, il team di GALEX sedici anni fa ha catturato esattamente l’istante in cui le due nubi coniche di detriti luminosi prodotte dalla fusione di due stelle si erano diradate a sufficienza da rivelare la stella fusa. Secondo i recenti dati pubblicati su Nature da Hoadley e i suoi collaboratori, la nebulosa si sarebbe formata qualche migliaio di anni fa quando una stella della massa del nostro Sole, invecchiando e gonfiandosi, si è avvicinata molto ad una stella più piccola, inglobandola e consumandola lentamente.
Nel seguente video è presente un’animazione della forma della Blue Ring Nebula.
La fusione tra le due stelle ha prodotto una nuvola di detriti che, espandendosi e spazzando via il gas interstellare, ha creato un’onda d’urto inversa che ha riscaldato gli elettroni sulla sua scia. Tali elettroni hanno eccitato l’idrogeno molecolare formatosi nel deflusso, che diventa fluorescente nel lontano ultravioletto, producendo le emissioni osservate nel 2004 da GALEX. Il sistema è stato catturato in un istante evolutivo decisamente favorevole: abbastanza vecchio da rivelare la stella centrale, prodotto della fusione delle due binarie, ma giovane a sufficienza perché la nebulosa generata non si sia ancora dissolta nel mezzo interstellare.
“Questo oggetto rappresenta la fase in cui la polvere si dirada e abbiamo una buona visuale” spiega Hoadley. “Abbiamo rilevato il processo prima che fosse troppo lungo.” La stella TYC 2597-735-1 offre quindi uno sguardo privo di ostacoli ad una vera e propria fusione stellare, in una fase evolutiva tra l’inizio dinamico e lo stato di equilibrio finale che permette ai ricercatori di studiare direttamente il processo di fusione teorizzato. Come leggiamo nell’articolo ufficiale su Nature:
La scoperta di una nebulosa ultravioletta introduce un nuovo modo di identificare fusioni stellari in fase avanzata altrimenti nascoste. Con 1–10 di questi oggetti che dovrebbero essere osservabili nella Via Lattea, i futuri telescopi nell’ultravioletto potrebbero scoprire più fusioni stellari in fase avanzata.
Quello osservato è un evento che Mark Seibert, del team di GALEX e astrofisico della Carnegie Institution for Science, dice giustamente essere “Un po’ unico nel suo genere, in questo momento”. Si tratta, infatti, della prima osservazione di una fase rara e mai vista prima nell’evoluzione delle fusioni stellari, che aiuterà gli astronomi ad approfondire la transizione da due stelle binarie a oggetti celesti unici nel loro genere osservati dai nostri telescopi milioni di anni dopo.
Lo studio completo: A blue ring nebula from a stellar merger several thousand years ago.