SpaceX ha appena portato in orbita con successo il satellite GPS III SV03, soprannominato Colombo. Il nuovo satellite sarà il terzo della nuova rete satellitare GPS di terza generazione. Questa sarà composta da 10 satelliti GPS, in grado di fornire agli utenti, privati, pubblici e militari informazioni più precise e più rapide sulla loro posizione.
Colombo è il terzo satellite della nuova costellazione a raggiungere l’orbita. Il primo fu Vespucci, nome ufficiale GPS III SV01, lanciato sempre con un Falcon 9 il 23 dicembre 2018. Il secondo invece, Magellano, alias di GPS III SV02 ha raggiunto l’orbita grazie al Delta IV M di ULA il 22 agosto 2019.
La realizzazione di questa costellazione è stata autorizzata dal Congresso degli Stati Uniti nel 2000 e sarebbe stata gestita dalla US Air Force. Con la creazione del nuovo corpo militare, l’intero progetto è passato sotto il controllo della Space Force. La costruzione dei satelliti è stata affidata alla storica azienda aerospaziale Lockheed Martin.
Colombo opererà su un’orbita terrestre media, ovvero ad un’altezza di 20.200 km, per circa 15 anni e verrà sfruttato sia dai militari che da privati.

Falcon 9 con GPS con permesso di rientro
Durante il lancio di Vespucci, a dicembre 2018, SpaceX dovette rinunciare al recupero del proprio Falcon 9 per una esplicita richiesta dell’USAF. Tuttora non si hanno informazioni precise sul motivo di tale scelta se non alcune dichiarazioni. L’Air Force affermò che per quel determinato lancio tutte le prestazioni del razzo dovessero essere utilizzate per il trasporto del satellite in orbita e non per missioni secondarie.
A seguito del lancio del primo GPS, le performance del Falcon 9 furono sicuramente analizzate e questa volta il Falcon 9 B1060 ha potuto fare ritorno. Dopo circa 8 minuti e mezzo infatti, il primo stadio del razzo è atterrato con successo sulla chiatta Just Read The Instructions, situata a 633 km da Cape Canaveral.
Dopo l’apertura della NASA al riutilizzo dei Falcon 9, anche la Space Force sta procedendo in questa direzione, anche se con regole più stringenti. Al momento infatti ha solamente concesso il rientro del primo stadio ma non la possibilità di lanciare i propri satelliti con booster riutilizzati. Più SpaceX effettuerà lanci di successo e più dimostrerà l’affidabilità dei suoi razzi.
Con il rientro di oggi SpaceX è riuscita a recuperare un primo stadio per la 55esima volta.

Grazie al B1060, il primo stadio utilizzato per il GPS III SV03, l’azienda di Musk è riuscita a stabilire anche un nuovo record interno, ovvero l’esecuzione di due static fire a meno di 16 ore di distanza. Prima di questa missione infatti, sarebbe dovuto partire un Falcon 9 con a bordo 57 Starlink e 2 satelliti BlackSky. Lo static fire test al Falcon 9 di questo lancio ha però evidenziato un’anomalia al motore centrale. La missione quindi è stata spostata a data ancora da definire.
Subito dopo quel test, ne è stato effettuato un altro sul B1060 per prepararlo a questa missione.
Secondo stadio con scudo termico
Osservando attentamente il Falcon 9, si può notare che questo è leggermente diverso dal solito. È presente infatti una fascia grigia alla base del secondo stadio, proprio sopra l’interstage, ovvero la struttura nera che separa primo e secondo stadio.
Si tratta di una protezione termica utilizzata per evitare il congelamento dell’RP-1 che, insieme all’ossigeno liquido, alimenta il Merlin ottimizzato per il vuoto.

Questa ulteriore protezione termica è già stata utilizzata da SpaceX durante la missione CRS-18 a luglio 2019. Durante quella missione, l’azienda di Musk ha effettuato alcuni esperimenti sul secondo stadio, dopo aver rilasciato la capsula Dragon V1. Quei test servivano proprio
per dimostrare la capacità del razzo di orbitare attorno alla Terra e riaccendere il motore anche dopo lunghi periodi. Prove di questo tipo consentono a SpaceX di stipulare contratti con aziende che devono immettere i propri satelliti in orbite più alte.
Non è stato dichiarato come mai sia stato aggiunto questo componente, se per effettuare ulteriori test o per un aiuto al completamento della missione. Nonostante le sue successive riaccensioni, il secondo stadio dopo diverse ore dal rilascio del satellite, dovrà accendere ancora una volta il motore Merlin per deorbitare, evitando così che vaghi nello spazio causando l’aggiunta di altri rifiuti spaziali.
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