Durante una mappatura dell’Universo nella banda di lunghezze d’onda del radio con il Murchison Widefield Array (MWA), i ricercatori della Curtesy University in Australia hanno scoperto uno strano oggetto nello spazio. Si tratta di una sorgente della Via Lattea molto vicina, a circa 4000 anni luce di distanza da noi. Emette un segnale radio altamente energetico tre volte all’ora, ogni 18 minuti per la precisione, diventando per circa un minuto una delle sorgenti radio più luminose in cielo. Una sorgente come questa è diversa da qualsiasi altra cosa i ricercatori abbiano mai osservato prima. Che si tratti di un oggetto cosmico finora mai rilevato?
La scoperta della strana sorgente radio
Per esplorare i segnali radio mappati dal MWA durante le sue osservazioni iniziate nel 2013, il dottorando in astrofisica Tyrone O’Doherty della Curtesy University ha progettato un codice apposito. Ed è stato facendosi strada tra i dati del radiotelescopio che ha identificato lo strano segnale.
“Questo oggetto appariva e scompariva nel giro di poche ore durante le osservazioni” afferma l’astrofisica Natasha Hurley-Walker, alla guida del team che si è occupato di questo studio. Ora la sorgente sembra non essere più attiva, tuttavia sarà interessante dare un nome a questo particolare oggetto cosmico.
Le caratteristiche dei “transitori” classici
Gli oggetti che si accendono e si spengono nell’Universo non sono nuovi per gli astronomi, li chiamano “transitori”. Sono usualmente divisi in:
- Transitori lenti, come le supernove. Potrebbero apparire nel giro di pochi giorni, e scomparire in alcuni mesi.
- Transitori veloci, come le pulsar. Si tratta di stelle di neutroni che emettono una gran quantità di radiazione con un periodo variabile da qualche secondo fino al millisecondo (millisecond pulsars in inglese).
L’astrofisica dell’ICRAR-Curtin, la dott.ssa Gemma Anderson, ha affermato: “Quando si studiano i “transitori”, si osserva di solito la morte di una stella massiccia o l’attività dei resti che lascia dietro di sé”.” Tuttavia ha anche aggiunto che trovare un oggetto che emette radiazione ad alte energie con un periodo pari a un minuto è davvero strano.
Ipotesi sulla natura della sorgente: se fosse una magnetar?
La dott.essa Anderson sostiene che l’oggetto misterioso sia incredibilmente luminoso, più piccolo del Sole ed emettendo onde radio altamente polarizzate, forse è anche caratterizzato da un campo magnetico estremamente forte. Il team ipotizza che potrebbe trattarsi di una stella di neutroni o una nana bianca, nuclei di stelle collassati, con un campo magnetico ultra potente.
Hurley-Walker afferma che molto probabilmente le osservazioni del MWA corrispondono a un oggetto astrofisico previsto teoricamente detto magnetar a periodo ultra-lungo. Al riguardo la ricercatrice spiega:
È un tipo di stella di neutroni che ruota lentamente che è stato previsto esistere teoricamente. Ma nessuno si aspettava di rilevarne direttamente una come questa, perché non ci aspettavamo che fossero così brillanti. In qualche modo sta convertendo l’energia magnetica in onde radio in modo molto più efficace di qualsiasi altra cosa che abbiamo visto prima.
Il monitoraggio nel presente e il futuro con SKA
Al momento la strana sorgente cosmica è sotto monitoraggio dei ricercatori con il MWA, per vedere se si riaccende. Se dovesse farlo, sarebbe interessante puntare su di essa altri telescopi nell’emisfero australe e in orbita. Inoltre, Hurley-Walker intende cercare altri di questi oggetti insoliti nell’ampio catalogo di dati del MWA. “Più rilevamenti diranno agli astronomi se questo è stato un evento raro, o una nuova vasta popolazione che non avevamo mai notato prima” ha affermato.
Il direttore dell’MWA, professor Steven Tingay, ricorda che il radiotelescopio è precursore dello Square Kilometer Array. Lo SKA sarà la più grande rete di radiotelescopi del mondo ed è attualmente in costruzione in Australia e in Sud Africa. Senz’altro con l’aiuto di SKA e delle nuove generazioni di telescopi oggetti misteriosi come questo nei prossimi anni potrebbero perdere almeno in parte il loro mistero. Anche se non il loro fascino.
Lo studio completo, pubblicato su Nature, è disponibile qui.
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