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La NASA sta sviluppando sensori che lavorano su scala quantistica per misurare campi magnetici nello spazio

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Agosto 7, 2024
in Agenzie Spaziali, Esplorazione spaziale, Fisica, NASA, News, Scienza, Sistema solare
A sinistra: il campo magnetico di Giove fornisce informazioni sulla sua composizione interna, struttura, dinamica e sulla sua storia evolutiva. A destra: immagine del primo prototipo di sensore magnetometrico a stato solido 4H-SiC (2 mm per 2 mm) sviluppato da NASA-GRC. Credits: NASA/JPL

A sinistra: il campo magnetico di Giove fornisce informazioni sulla sua composizione interna, struttura, dinamica e sulla sua storia evolutiva. A destra: immagine del primo prototipo di sensore magnetometrico a stato solido 4H-SiC (2 mm per 2 mm) sviluppato da NASA-GRC. Credits: NASA/JPL

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Un team di ricercatori del JPL della NASA, in collaborazione con il Glenn Research Center dell’Agenzia a Cleveland, sta sviluppando una nuova tecnologia per misurare i campi magnetici nello spazio. Si tratta del magnetometro SiCMag (Silicon Carbide Magnetometer), che utilizza un sensore a stato solido realizzato in carburo di silicio (SiC), un semiconduttore dalle proprietà molto interessanti.

All’interno del sensore SiC sono presenti dei centri quantici, difetti o irregolarità intenzionalmente introdotti su scala atomica, che generano un segnale di magnetoresistenza rilevabile monitorando le variazioni della corrente elettrica del sensore. Queste variazioni, di conseguenza, sono indicatori dei cambiamenti nella forza e nella direzione del campo magnetico esterno.

Questa tecnologia all’avanguardia, basata su sensori moto piccoli e quindi facilmente incorporabili in un veicolo spaziale, potrebbe rivoluzionare la magnetometria spaziale, aprendo nuove possibilità per missioni su piccola scala, come i CubeSat.

SiCMag: i vantaggi

SiCMag offre numerosi vantaggi rispetto ai tradizionali magnetometri a induzione, i fluxgate, ampiamente utilizzati nelle missioni spaziali. Le dimensioni, il peso e la potenza convenzionali (SWaP) degli strumenti fluxgate possono impedirne l’uso su piccole piattaforme, come i CubeSat, e limitare il numero di sensori che possono essere utilizzati su un veicolo spaziale.

SiCMag ha invece dimensioni estremamente ridotte: l’area del sensore è di soli 0.1 x 0.1 millimetri. Ciò consentirebbe di integrare facilmente decine di sensori su un singolo veicolo spaziale, migliorando notevolmente la rimozione del campo magnetico di disturbo generato dal veicolo stesso.

Le linee del campo magnetico associate alla sonda Psyche della NASA, modellate da oltre 200 singole sorgenti magnetiche. La rimozione di questo contributo del campo magnetico dalle misurazioni richiede convenzionalmente l'uso di due sensori fluxgate su un lungo braccio. L'incorporazione di 4 o più sensori SiCMag in tale scenario ridurrebbe significativamente le dimensioni del braccio richiesto, o addirittura eliminerebbe completamente la necessità di un braccio. Credits: NASA/JPL-Caltech
Le linee del campo magnetico associate alla sonda Psyche della NASA, modellate da oltre 200 singole sorgenti magnetiche. La rimozione di questo contributo del campo magnetico dalle misurazioni richiede convenzionalmente l’uso di due sensori fluxgate su un lungo braccio. L’incorporazione di 4 o più sensori SiCMag in tale scenario ridurrebbe significativamente le dimensioni del braccio richiesto, o addirittura eliminerebbe completamente la necessità di un braccio. Credits: NASA/JPL-Caltech

Inoltre, grazie alle proprietà del carburo di silicio, il SiCMag può operare in un’ampia gamma di temperature estreme e in ambienti ad alta radiazione tipici dello spazio profondo.

Un altro aspetto particolarmente promettente del SiCMag è la sua capacità di misurare campi magnetici estremamente deboli, fino al “zero-field”. Questa caratteristica, unita alla robustezza del sensore, lo rende ideale per missioni di lunga durata verso i giganti ghiacciati o i confini dell’eliosfera. Il team di ricerca sta lavorando per migliorare ulteriormente la sensibilità del dispositivo utilizzando materiali isotopicamente più puri, il che potrebbe portare a un salto qualitativo nelle prestazioni.

SiCMag: le applicazioni

Le potenziali applicazioni del SiCMag sono molteplici. Di seguito alcune delle principali:

  • La mappatura dettagliata dei campi magnetici planetari, che sono ovunque nel nostro Sistema Solare, fornendo preziose informazioni sulla composizione interna, la struttura e la dinamica dei corpi celesti.
  • Lo studio delle lune ghiacciate del Sistema Solare, aiutando a rilevare la presenza di oceani nascosti sotto la superficie e persino a determinarne la salinità, fornendo così indizi cruciali sulla potenziale abitabilità di questi mondi.
  • Nel campo dell’esplorazione lunare e marziana, costellazioni di CubeSat equipaggiati con SiCMag potrebbero mappare in dettaglio i campi magnetici crostali, identificare la composizione del suolo e indagare la storia magnetica di questi corpi.
  • I monitoraggio delle condizioni meteorologiche spaziali e dell’attività solare, cruciale per la sicurezza delle missioni con equipaggio e dei satelliti in orbita terrestre.

Magnetometria quantistica allo stato solido

Parallelamente al SiCMag, il team sta sviluppando una tecnologia complementare chiamata OPuS-MAGNM (Optically Pumped Solid state quantum MAGNetoMeter), un magnetometro quantistico a stato solido “pompato otticamente”. Sebbene più complesso, questo dispositivo promette caratteristiche di rumore ancora inferiori.

Il cuore dei magnetometri OPuS-MAGNM: un cristallo di diamante arricchito con centri di colore. A differenza di molti altri sistemi quantici, i centri di colore quantici allo stato solido di diamante e SiC funzionano a temperatura ambiente e sono facilmente accessibili elettricamente o otticamente. Credits: A. Gottscholl/NASA/JPL-Caltech
Il cuore dei magnetometri OPuS-MAGNM: un cristallo di diamante arricchito con centri di colore. A differenza di molti altri sistemi quantici, i centri di colore quantici allo stato solido di diamante e SiC funzionano a temperatura ambiente e sono facilmente accessibili elettricamente o otticamente. Credits: A. Gottscholl/NASA/JPL-Caltech

OPuS-MAGNM è l’equivalente ottico di SiCMag. L’espressione “pompato otticamente” significa che il sistema quantistico viene pompato con luce laser verde (diamante) o rosso scuro (carburo di silicio) e la risposta del sistema viene letta con un rilevatore di luce. Andreas Gottscholl, del gruppo di magnetometria allo stato solido del JPL, ha affermato:

SiCMag e OPuS-MAGNM sono molto simili, in realtà. I ​​progressi in un sistema di sensori si traducono direttamente in vantaggi per l’altro. Pertanto, i miglioramenti nella progettazione e nell’elettronica fanno progredire entrambi i progetti, raddoppiando di fatto l’impatto dei nostri sforzi mentre siamo ancora flessibili per diverse applicazioni.

La ricerca sul SiCMag viene presentata annualmente alla International Conference on Silicon Carbide and Related Materials (ICSCRM), dimostrando il crescente interesse della comunità scientifica per questa tecnologia innovativa. Con il continuo sviluppo e perfezionamento, il SiCMag potrebbe presto diventare uno strumento chiave per le future missioni di esplorazione spaziale, aprendo nuove frontiere nella comprensione dei campi magnetici del nostro Sistema Solare e oltre.

La ricerca è finanziata dal programma PICASSO (Planetary Instrument Concepts for the Advancement of Solar System Observations) della NASA dal 2016. Coinvolge anche numerosi partner nazionali e internazionali, del mondo accademico e industriale.

© 2024 Astrospace.it Tutti i diritti riservati. Questo articolo può essere riprodotto o distribuito integralmente solo con l’autorizzazione scritta di Astrospace.it o parzialmente con l’obbligo di citare la fonte.
Tags: Campo magneticopianetisensori

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