Domenica 30 luglio la sonda Juno della NASA sorvolerà ancora una volta la luna gioviana Io, la più vulcanica di tutto il Sistema Solare. Arriverà ancor più vicino alla superficie della luna, ad una distanza minima di soli 22 mila chilometri.
Si prevede che i dati raccolti dagli strumenti della sonda, in particolare dal JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper) di costruzione italiana, forniranno una grande quantità di informazioni sulle centinaia di vulcani in eruzione, che riversano lava e gas solforosi sull’intera superficie del satellite. Sebbene JIRAM sia stato progettato per osservare l’aurora polare di Giove infatti, la sua capacità di identificare le fonti di calore si sta rivelando indispensabile nella ricerca e studio dei vulcani attivi su Io.
Juno, lanciato nel 2011, inizierà il suo terzo anno di missione estesa il 31 luglio. A ogni sorvolo si avvicina sempre di più a Io, catalogando dati che stanno permettendo agli scienziati di risolvere e comprendere meglio le caratteristiche della superficie. E di capire come evolvono nel corso del tempo.
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Un mondo in costante tormento
Poco più grande della nostra Luna, Io è un mondo in costante mutamento. Continuamente attratto, stirato e schiacciato dall’attrazione gravitazionale di Giove e dei compagni Europa e Ganimede, presenta vastissimi campi di lava, numerosi vulcani in costante eruzione e una superficie completamente incidentata.
Durante l’ultimo sorvolo di Juno, avvenuto il 16 maggio di quest’anno, l’imager JunoCam ha scattato una foto dalla distanza di 35.600 chilometri, mostrando una macchia nella regione di Volund, vicino all’equatore.
Gli scienziati hanno quindi confrontato questi risultati con le immagini a luce visibile scattate nella stessa area durante i flyby delle sonde NASA Galileo e New Horizons, rispettivamente nel 1999 e nel 2007. Jason Perry, dell’HiRISE Operations Center dell’Università dell’Arizona, ha affermato:
Ero entusiasta di vedere i cambiamenti di Volund. Il campo di lava si era espanso a ovest e un altro vulcano appena a nord di Volund era circondato da flussi di lava fresca. Io è noto per la sua estrema attività vulcanica, ma dopo 16 anni è bello vedere di nuovo questi cambiamenti da vicino.
Studiare i vulcani di Io con JIRAM
JIRAM utilizza la tecnologia dell’infrarosso per raccogliere dati scientifici. Rileva i raggi infrarossi emessi dalla superficie di Io, ed è in grado di creare mappe termiche dettagliate della superficie che mostrano la distribuzione della temperatura. Poiché i vulcani sono fonti di calore significative, a causa del rilascio di lava e gas, JIRAM è in grado di individuare le regioni più calde associate all’attività vulcanica.
Durante il flyby del 16 maggio, JIRAM ha immortalato Loki Patera, largo 202 chilometri, la più grande depressione vulcanica su Io. I dati rivelano quello che potrebbe essere un vulcano attivo. Il team spera in un’altra occhiata con il prossimo passaggio ravvicinato.
“I dati mostrano che la lava potrebbe gorgogliare in superficie nella porzione nord-ovest e creare un lago di lava a sud e ad est” ha spiegato Alessandro Mura, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma. “Qualsiasi vulcanologo direbbe che è importante determinare se un lago di lava ha una fonte stabile di materiale da una camera sotterranea”.
Ecco perché i dati di Io raccolti durante questi sorvoli, come quello atteso per il 30 luglio, saranno fondamentali per comprendere il tipo di vulcanismo che si sta verificando su Io. E per ricostruirne, pezzo dopo pezzo, l’intera storia.