Il destino della maggior parte delle stelle è già scritto fin dalla loro formazione: a seconda della massa, già si può prevedere in che modo moriranno. Alcune di loro esplodono, provocando getti di intensa radiazione. Ma altre, invece, si scontrano e fondono, soprattutto se si trovano in densi ammassi stellari o se si sono originate in un disco gassoso attorno ad un buco nero supermassiccio.
Lo ha confermato un team di ricerca che stava utilizzando il telescopio Gemini South, dell’Osservatorio Internazionale Gemini gestito da NOIRLab, per studiare un potente lampo di raggi gamma (GRB, Gamma Ray Burst). A differenza della maggior parte dei GRB, che sono causati dall’esplosione di stelle massicce o dalla fusione casuale di stelle di neutroni, gli astronomi hanno concluso che questo GRB provenisse invece dalla collisione di stelle o resti stellari nell’ambiente affollato attorno ad un buco nero supermassiccio, al centro di un’antica galassia.
Questi nuovi risultati mostrano che le stelle possono incontrare la loro fine in alcune delle regioni più dense dell’Universo, dove possono essere spinte a scontrarsi. Un risultato molto importante, che permetterà di capire meglio come muoiono le stelle e di rispondere ad altre domande. Per esempio, quali fonti inaspettate potrebbero creare onde gravitazionali rilevabili sulla Terra.
Un GRB dall’origine controversa
Il 19 ottobre 2019 il Neil Gehrels Swift Observatory della NASA ha rilevato un GRB luminoso che è durato poco più di un minuto. Qualsiasi GRB che dura più di due secondi è considerato “lungo” (long GRB). Esplosioni di questo tipo provengono tipicamente dalla morte per supernova di stelle almeno 10 volte la massa del nostro Sole, ma non sempre.
I ricercatori hanno quindi utilizzato Gemini South per effettuare osservazioni a lungo termine del bagliore residuo di quel GRB, per saperne di più sulle sue origini. Le osservazioni hanno permesso agli astronomi di individuare la posizione del GRB in una regione a meno di 100 anni luce dal nucleo di un’antica galassia. Quindi, molto vicino al buco nero supermassiccio centrale.
Non c’era traccia di una supernova corrispondente al GRB. Piuttosto che essere una stella massiccia che collassa, l’esplosione era stata molto probabilmente causata da una qualche collisione. Per esempio, dalla fusione di due oggetti compatti, come stelle di neutroni e buchi neri. Anche se si tratta di eventi incredibilmente rari, possono accadere.

L’affollato ambiente attorno ai nuclei galattici
I nuclei delle galassie antiche, tuttavia, sono tutt’altro che normali e potrebbero esserci un milione o più di stelle stipate in una regione di pochi anni luce. Brulicano di stelle e di un serraglio di resti stellari ultra densi, come nane bianche, stelle di neutroni e buchi neri.
Una densità di popolazione così estrema potrebbe essere abbastanza grande da consentire occasionali collisioni stellari. Specialmente sotto la forte influenza gravitazionale di un buco nero supermassiccio, che perturberebbe i movimenti delle stelle e le manderebbe a sbandare in direzioni casuali. Alla fine, le traiettorie di queste stelle si intersecherebbero, portandole a fondersi e innescando un’esplosione violenta, osservabile da vaste distanze cosmiche.
Gli astronomi hanno a lungo sospettato che nel turbolento alveare di attività che circonda un buco nero supermassiccio, sarebbe stata solo una questione di tempo prima che due oggetti stellari si scontrassero per produrre un GRB. Le prove per quel tipo di fusione, tuttavia, erano sempre state sfuggenti. Almeno fino a oggi.

E se non fosse un evento isolato?
È possibile che eventi di questo tipo si verifichino abitualmente in regioni altrettanto affollate dell’Universo, ma siano passati inosservati fino a oggi. Questo perché i centri galattici sono ricchi di polvere e gas, che oscurano sia il lampo iniziale del GRB sia il bagliore successivo.
Questo particolare GRB, identificato come GRB 191019A , potrebbe esser stato una rara eccezione. E questa eccezione ha consentito agli astronomi di rilevare l’esplosione e studiarne gli effetti successivi.
I ricercatori ora vorrebbero scoprire più riguardo questo tip odi eventi. La loro speranza è quella di abbinare un rilevamento di GRB con un corrispondente rilevamento di onde gravitazionali. Infatti, i risultati rivelerebbero molto di più sulla loro vera natura e confermerebbero le loro origini, anche negli ambienti più oscurati dalla polvere.
Di grande aiuto sarà l’Osservatorio Vera C. Rubin, che dal 2025 diverrà senz’altro molto prezioso in questo tipo di ricerca, così da saper spiegare più in profondità gli eventi dinamici che avvengono nell’Universo.
L’articolo scientifico riguardante lo studio, pubblicato su Nature Astronomy, è reperibile qui.