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| On 11 mesi ago

SOFIA rivela il potere nascosto dei campi magnetici nella nebulosa Tarantola

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Nella Grande Nube di Magellano c’è una regione ricca di idrogeno molto particolare, i cui misteri non sono ancora stati del tutto svelati. Si tratta della nebulosa Tarantola, o 30 Doradus, quella che il James Webb ha fotografato qualche tempo fa in un tripudio di luci e sfumature. Questa regione è molto energetica, grazie all’ammasso stellare vicino al suo centro, R136, che è responsabile di molteplici, giganteschi gusci di materia in espansione.

Ma vicino al nucleo centrale della nebulosa, c’è qualcosa di strano. La pressione del gas è inferiore rispetto a quella che ci si aspetterebbe vicino all’intensa radiazione di T136, e la massa dell’area è inferiore rispetto a quanto previsto perché ci sia stabilità.

A partire dai dati della High-resolution Airborne Wideband Camera Plus (HAWC+) dello Stratospheric Observatory For Infrared Astronomy (SOFIA) della NASA, i ricercatori hanno studiato le linee del campo magnetico, producendo la bellissima immagine che vediamo in copertina. Queste linee mostrano la morfologia dei campi magnetici in atto nella regione che, secondo la ricerca, potrebbero essere la chiave del sorprendente comportamento di 30 Doradus.

Perché i campi magnetici sono importanti per la formazione stellare?

Il campo magnetico è una regione di spazio intorno a un oggetto che possiede proprietà magnetiche, una sorta di “aura” invisibile che circonda l’oggetto. La sua importanza nelle regioni come 30 Doradus è data dal fatto che influisce il modo in cui le stelle si formano e si evolvono nel corso del tempo.

Durante il processo di formazione stellare, infatti, le nubi di gas e polveri nello spazio si comprimono a causa della gravità, formando delle regioni più dense chiamate protostelle. Durante questa fase, il campo magnetico può giocare un ruolo chiave: può agire come un freno per rallentare il collasso gravitazionale delle nubi di gas. Ovvero, può aiutare a regolare la velocità con cui una stella si forma.

Inoltre, il campo magnetico può influenzare la direzione in cui il gas si muove all’interno delle nubi, cosa importante perché determina come il materiale si aggrega per formare la stella stessa, e può influenzarne la struttura e le caratteristiche. Infine, i campi magnetici possono proteggere le giovani stelle dalle intense radiazioni e dai getti di materia provenienti da altre stelle vicine. Questi getti di materia possono danneggiare o addirittura distruggere la stella in formazione, ma un campo magnetico forte può fornire una sorta di “scudo” protettivo.

Come aiutano la nebulosa Tarantola a sopravvivere?

Nella maggior parte dell’area analizzata con SOFIA in 30 Doradus, i campi magnetici sono incredibilmente forti. Sono abbastanza forti da resistere alla turbolenza, quindi possono continuare a regolare il movimento del gas e mantenere intatta la struttura della nuvola. Sono anche abbastanza forti da impedire alla gravità di prendere il sopravvento e far collassare la nube per creare nuove stelle.

Grafico che mostra l’analisi dei campi magnetici dai dati HAWC+ di SOFIA. I contorni indicano l’emissione continua di polvere. I segmenti bianchi indicano la morfologia del campo magnetico. Credits: Le Ngoc Tram et al. 2023

Tuttavia, il campo è più debole in alcuni punti. Ciò consente al gas di fuoriuscire, gonfiando quelle aree simili a dei gusci. Man mano che la massa in questi gusci cresce, le stelle possono continuare a formarsi, nonostante i forti campi magnetici.

SOFIA era un progetto congiunto della NASA e dell’Agenzia spaziale tedesca al DLR, mantenuto e gestito dall’Armstrong Flight Research Center Building 703 della NASA. Ha raggiunto la piena capacità operativa nel 2014 e ha concluso il suo ultimo volo scientifico il 29 settembre 2022. Le osservazioni di 30 Doradus appartengono a vecchi dati di SOFIA. Sicuramente, poter analizzare in futuro questa particolare regione con altri strumenti potrà aiutare gli astronomi a comprendere meglio il ruolo dei campi magnetici nell’evoluzione della nebulosa Tarantola, come di altre nebulose simili.

Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal, è reperibile qui.

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