La nebulosa di Orione è una nebulosa diffusa tra le più brillanti del cielo notturno. Si trova a 1500 anni luce dalla Terra ed è la regione di formazione stellare più vicina al Sistema Solare. Una nuova immagine (in copertina) che combina dati precedentemente ottenuti da tre diversi telescopi della NASA e dall’ESA, mostra come la nebulosa sia stata completamente trasformata dalle stelle che vivono al suo interno.
Si possono notare due enormi zone cave che dominano la nebulosa: sono state create da stelle giganti, che possono rilasciare fino a un milione di volte più luce del nostro Sole. Stelle così massicce sono in grado di spazzare via la polvere che le circonda sia tramite il vento stellare sia tramite esplosioni di supernova.
L’effetto del vento stellare
Il vento stellare è un flusso di gas elettricamente neutro o elettricamente carico, emesso dall’atmosfera superiore di una stella. Nel caso della nebulosa di Orione, possiamo osservare diversi fenomeni legati al vento stellare, tra cui:
- Bow shock: hanno origine quando due correnti di particelle collidono tra loro.
- Jet-driven shock: si formano da getti di materiale che fuoriescono dalle stelle neonate del tipo “T Tauri”. Questi getti viaggiano a centinaia di km al secondo, urtando il gas che si muove a velocità ridotta.
- Urti distorti: appaiono a forma di arco e sono prodotti quando un jet-driven shock incontra gas che si muove in una direzioni diversa.

Il vento stellare ha anche un ruolo fondamentale per quanto riguarda i processi di formazione stellare. Grazie alle onde d’urto che vengono prodotte dal vento, si creano delle zone con maggiore densità di polveri, dove spesso si giunge al collasso della nube e alla possibile formazione di una nuova stella.
In seguito a recenti osservazioni con Hubble, nella nebulosa di Orione sono stati scoperti un numero elevato di dischi protoplanetari. Questi dischi si originano quando parte della nube di materiale rimane fuori dalla stella prima che inizino i processi di fusione nucleare, e sono il punto di partenza per la formazione di nuovi pianeti.
I colori della nebulosa di Orione
All’interno della nebulosa di Orione si possono notare diversi colori. Innanzitutto, intorno al bordo delle due regioni cavernose si nota un alone di colore blu-violetto. Questo è dovuto alla radiazione riflessa proveniente dalle stelle di classe spettrale O, ovvero stelle molto calde con una grande massa e di colore blu. Il telescopio spaziale Spitzer della NASA e il WISE (Wide-Field Infrared Survey Explorer ) hanno fotografato la luce blu in queste aree.
Il rosso indica invece polvere fredda che raggiunge temperature di circa -260 gradi Celsius. Questa radiazione luminosa è stata catturata dell’ormai ritirato Herschel Space Telescope dell’ESA che fotografava lunghezze d’onda nella gamma dell’infrarosso e delle microonde.
Il verde invece è stato un enigma per gli studiosi, perché le origini delle linee spettrali sul verde non erano conosciute. Tra le varie ipotesi vi fu quella che affermava che le linee verdi sarebbero state causate da un elemento nuovo che fu chiamato nebulium. Grazie allo studio della fisica atomica fu in seguito spiegato che lo spettro verde è causato da un fenomeno noto come “transizione proibita”. Si tratta della transizione di un elettrone in un atomo di ossigeno doppiamente ionizzato.
Responsabili di questi meravigliosi colori sono quindi i diversi processi che coinvolgono le stelle, dalla loro nascita fino alla loro morte. Ecco perché sono loro ad aver completamente rivoluzionato nel corso del tempo l’aspetto di una nebulosa bella come quella di Orione.
Ringraziamo Luca Fornaciari per averci concesso le sue spettacolari fotografie della nebulosa di Orione per questo articolo. Potete visionare il suo materiale sul suo sito web.
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