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Astroscale, un’azienda asiatica con l’obbiettivo di pulire lo spazio – Spazio D’Oriente

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Poche aziende nel settore della Space Economy attirano interesse come la giapponese Astroscale. Fondata come Startup a Singapore nel 2013, Astroscale è ora un’azienda con sedi in 5 nazioni e oggi una delle poche a occuparsi interamente di In-Orbit Satellite Servicing. Si tratta di una fetta emergente del mercato spaziale, che include i servizi per costruire, manutenere e deorbitare i satelliti in orbita terrestre.

I servizi in orbita sono ancora agli albori, tuttavia stanno velocemente maturando tecnologicamente grazie al crescente interesse da parte delle agenzie governative e corposi investimenti privati. La sola Astroscale ha chiuso il 25 novembre un round record da 109 milioni di dollari, più di un terzo dei totali 300 milioni che l’azienda giapponese ha raccolto dalla sua fondazione.

Astroscale sta sviluppando principalmente tre servizi, che si concentrano nella rimozione di satelliti e stadi di lanciatori non più in servizio, oggi tra le cause principali dei detriti che inquinano l’orbita bassa terrestre. In aggiunta a questi servizi Astroscale mira a entrare anche nel mercato dell’estensione di vita operativa dei satelliti, servizio recentemente inaugurato con ben due satelliti (MEV) di questo genere, da parte del colosso della difesa americano Northrop Grumman.

ELSA, il primo servizio di Astroscale

ELSA, ossia End-of-Life Service by Astroscale, è il primo servizio al mondo per la rimozione di satelliti alla fine delle propria vita operativa. Un fenomeno fino a poco tempo fa ignorato ma che oggi più che mai potrebbe fare le differenza per evitare l’affollamento dell’orbita bassa terrestre e la creazione di pericolosi detriti derivanti da collisioni. Il 20 marzo 2021 l’azienda nipponica ha lanciato per la prima volta un dimostratore di questa tecnologia nota come ELSA-d.

Un render del satellite Chaser e Target della missione ELSAd. Credits: Astroscale

La missione dimostrativa si compone di due parti: il Chaser ed il target. Il primo ha una massa di 175 kg e rappresenta il cuore della tecnologia di Astroscale. Il satellite in questione è infatti dotato di sistemi per effettuare un rendez-vous con un altro oggetto, per poi catturarlo tramite un meccanismo magnetico. Il Target (di massa 16 kg), costruito dalla britannica Surrey Satellite presenta un “docking plate” ferromagnetico sviluppato dall’azienda giapponese per la cattura e una telecamera HD per riprendere i movimenti del Chaser. Sul target sono presenti anche dei marcatori ottici per permettere delle correzioni di assetto da parte del Chaser.

A oggi la missione ha completato con successo il primo test di rilascio e cattura il 25 agosto 2021. Nel corso della missione di ELSA-d ci saranno altri tentativi di cattura più complessi che simulano diversi scenari di approccio del satellite target. Al termine di questi tentativi il Chaser effettuerà delle manovre intorno al target d’ispezione, utili per le future missione dell’azienda anche nei servizi di ADR (Active Debris Removal).

ELSA-M

Archiviato il successo di ELSA-d, la divisone britannica di Astroscale ha ricevuto un finanziamento di 2.5 milioni di sterline da OneWeb, tramite a un più vasto piano d’investimenti della UKSA, l’agenzia spaziale del Regno Unito. L’obbiettivo e maturare la tecnologia ELSA per creare entro il 2024 ELSA-M, un evoluzione del precursore “d” che assisterà un numero di molti satelliti, da qui l’origine della “M” di Multiple. A oggi non sono noti i dettagli tecnici di questo nuovo bus se non la confermata presenza di una doppio sistema propulsivo chimico ed elettrico.

Con OneWeb, l’obbiettivo è arrivare ad ottenere un servizio di rimozione dei satelliti della costellazione. Essi, trovandosi ad una quota di 1200 km faranno infatti fatica a ritornare a terra in modo automatico con l’attrito atmosferico. Astroscale ha siglato anche due memorandum con Virgin Orbit e il governo neozelandese per lo studio dei propri servizi nella rimozione dei detriti. Col secondo, collaborerà anche con l’azienda di lanciatori Rocket Lab a cui è già stato affidato i lancio di un’altra missione di Astroscale.

Il potenziale di mercato di ELSA è vasto, ma allo stesso tempo limitato ai satelliti con un placca ferromagnetica già presente o una superficie adatta alla cattura da parte dei satelliti di Astroscale. Al fine di mitigare il più vasto problema dei detriti senza alcuno standard per la cattura, l’azienda di Tokyo sta lavorando ad una missione per le rimozione attiva di detriti, come satelliti inattivi o gli stadi superiori di lanciatori.

ADRAS-J e la rimozione di un detrito

Nota come ADRAS-J, la missione è attualmente in fase di sviluppo per la JAXA a seguito della vittoria di Astroscale della prima fase del contratto CDR2 (Commercial Removal of Debris Demonstration). L’obbiettivo dell’agenzia spaziale giapponese è rimuovere per la prima volta un detrito, più precisamente lo stadio di un HII-A rimasto in un’orbita congestionata, lungo oltre 10 metri.

Varie fasi della prima parte della missione Adras-J. Credits: Astroscale

ADRAS-J consiste in un satellite di ispezione che verrà lanciato entro aprile 2023 verso l’oggetto d’interesse a bordo di un Electron di Rocket Lab. Il satellite avrà un importante compito dimostrativo delle operazioni di prossimità (RPO) e di caratterizzazione del target, rimasto in orbita per molti anni e senza osservazioni dirette sullo stato di tale stadio. Ad oggi non è ancora stato deciso quale stadio sarà oggetto della missione ADRAS-J. Tuttavia in un paper dell’azienda afferma che i candidati siano in un’orbita di circa 600km e le selezione avverrà tramite delle osservazione con dei telescopi terrestri.

Il satellite ADRAS-J presenta una massa di 180kg e presenta un design molto simile a quello di ELSA-d. Gli obbiettivi della missione sono quattro. Il primo è effettuare il rendezvous con il target, un approccio graduale e simile a quello che avviene per il docking sulla ISS. Completato il primo obbiettivo ci saranno due tipologie di osservazioni da fare. La prima in un punto fisso rispetto allo stadio del razzo a 100m, la seconda una ripresa circolare intorno al target.

L’intervallo delle foto del satellite sarà inferiore ai 30 secondi. Verrà poi utilizzata la tecnologia Lidar per le operazioni di prossimità ad una distanza inferiore a 250m. Se tutto andrà come previsto il quarto e ultimo compito di ADRAS-J sarà abbassare la propria orbita, lontano dall’oggetto, in attesa di altri utilizzi da parte di Astroscale.

Seconda fase

L’azienda nipponica ha vinto la prima fase del contratto della JAXA, ed è molto probabile che verrà coinvolta  anche nella seconda. In questa parte si prevede la rimozione vera e propria del target tramite l’ausilio di un braccio robotico che si aggancerà all’adattatore dei payload dell’HII-A. La JAXA prevede di portare termine questo punto entro il 2026.

Un render del satellite della seconda fase di Adras-J. Credits: Astroscale

La divisione del programma in due fasi è stata preferita. Tutti gli obbiettivi previsti per la rimozione del detrito sarebbe stato troppo rischioso da un punto di vista tecnologico. Ad oggi l’agenzia sta lavorando allo viluppo della fase 2 definendo i design del meccanismo di attracco e i motori ad effetto hall. Questi ultimi ritenuti necessari per cambiare l’orbita dell’upper stage ed evitare una propulsione chimica che richinerebbe troppa massa propellente per i criteri della missione.

Questo genere di progetti hanno guadagnato anche l’interesse dell’agenzia spaziale Britannica. Essa ha affidato all’azienda nipponico uno studio di fattibilità per la rimozione due satelliti lanciati dal Regno Unito.

Allungare la vita di un satellite

L’ultima frontiera della ricerca dell’azienda giapponese è un veicolo per allungare la vita operativa dei satelliti in orbita geostazionaria, rimasti senza un sistema propulsivo. Questo accade tipicamente dopo l’esaurimento dei propellenti, oppure per un’avaria del lanciatore. Di quest’ultimo caso esistono diversi esempi. Ci sono stati satelliti la cui operatività è stata sensibilmente ridotta per dei malfunzionamenti dei lanciatori che rilasciano i satellite in delle orbite errate.

Nel 2018 il satellite emiratense Al Yah 3 venne inserito in un’orbita di parcheggio sbagliata, utilizzò quindi molta dell’idrazina per raggiungere l’orbita corretta ed evitare una perdita totale del satellite. Il costo di questo salvataggio è stata una riduzione prevista di circa il 40% dei circa 15 anni operativi per cui un normale satellite in orbita geostazionaria è progettato. Casi simili sono quelli di AMC-14 e i due satelliti GALILEO 5 e 6, questi ultimi ritardarono anche l’entrata in servizio dell’intera costellazione satellitare.

Ma al di là di questi casi limite, si stima che ogni anno circa 20 satelliti vengono decommissionati a causa dell’esaurimento delle scorte di propellente, nonostante tutti i sistemi a bordo siano perfettamente funzionanti. Un sistema con LEXI (Life Extension In-Orbit) fornirebbe a tutti questi satelliti l’opportunità di estendere di parecchi anni l’operatività in orbita GEO e ovviamente generare profitti.

LEXI

LEXI si concretizza in un veicolo progettato dalla divisione americana e israeliana di Astroscale, molto simile ai MEV di Northrop Grumman. Il bus satellitare presenta quattro bracci sulle cui estremità ci sono altrettanti motori elettrici necessari al controllo dell’orbita del satellite cliente. L’approccio con quest’ultimo avviene tramite un adattatore circolare che si posiziona in corrispondenza dell’interfaccia dei satelliti con i lanciatori.

Parte delle tecnologie e del personale al lavoro su LEXI derivano dalla recente acquisizione da parte di Astroscale dell’israeliana ESS (Effective Space Solution). L’azienda è stata incorporata nella compagnia giapponese per la presenza di proprietà intellettuali e personale ritenuto strategico per lo sviluppo di LEXI.

Un render della missione LEX di Astroscale. In basso il satellite geostazionario, in alto il satellite “meccanico”. Credits: Astroscale

Questo servizio di Astroscale è la frontiera della ricerca e sviluppo dell’azienda e ad oggi non sono presenti molti dettagli e i tempi di sviluppo. Realisticamente la prima missione di LEXI non avverrà prima della seconda metà di questo decennio. Inoltre, ad oggi l’azienda giapponese non ha alcun contratto reso pubblico per questo servizio a differenze dei due precedenti.

Spazio D’Oriente viene pubblicato a cadenza mensile per raccontare e spiegare il settore spaziale cinese. Spazio D’Oriente è una rubrica progettata e scritta da Nicolò Bagno.

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