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| On 3 anni ago

Un rivelatore sotto il Gran Sasso potrebbe aver trovato l’energia oscura per la prima volta

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Dal 2016 al 2018 nel sottosuolo dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, in Abruzzo, è rimasto attivo l’esperimento Xenon1t. Si tratta dell’esperimento con la migliore sensibilità al mondo per la ricerca diretta di materia oscura. Costituito da un enorme contenitore cilindrico di metallo, contiene un rivelatore composto di Xenon liquido immerso in acqua. È stato costruito per rivelare una gran percentuale di ciò che è materia nell’Universo: la materia oscura. Tuttavia un nuovo studio, condotto da ricercatori dell’Università di Cambridge, suggerisce che alcuni risultati inspiegabili di Xenon1t potrebbero invece essere stati causati dall’energia oscura. Se confermata, questa sarebbe la prima prova dell’esistenza di una quinta forza dell’Universo.

Energia oscura: cosa sappiamo e cosa ipotizziamo

L’Universo è costituito solo per il 5% da materia che i nostri occhi o gli oculari dei nostri telescopi sono in grado di osservare. Tutto il resto è completamente buio, perché non interagisce con la luce. Di questo buio una piccola parte è materia oscura, che ipotizziamo colleghi tra loro le galassie nella ragnatela cosmica. Il restante 68% lo abbiamo definito energia oscura, la responsabile dell’accelerazione dell’Universo.

Entrambe sono invisibili e molto difficili da rilevare. La materia oscura per prima, perché non emette radiazione e interagisce solo con la forza gravitazionale. Ecco perché gli scienziati mirano a individuare le interazioni tra materia oscura e materia ordinaria. Per quanto riguarda l’energia oscura, essa è considerata da tempo come la “quinta forza”, ancora sconosciuta. Si unisce alle quattro forze costituenti l’Universo: la forza nucleare debole, la nucleare forte, la forza elettromagnetica e la forza gravitazionale.

Ciò che sappiamo è che la teoria della relatività di Einstein funziona bene nell’Universo locale. Non riesce però a operare su scale più grandi e non spiega l’accelerazione dell’Universo. Questa accelerazione cosmica sarebbe causata dall’energia oscura, che quindi su scale piccole dovrebbe essere in qualche modo schermata.

L’energia oscura è la misteriosa quinta forza che si ipotizza sia responsabile dell’accelerazione dell’espansione dell’Universo. Credits: Andreus/Depositphotos

Rilevare qualcosa d’invisibile che accelera l’Universo

Per rilevare l’energia oscura, gli scienziati studiano come la gravità attira gli oggetti tra loro. Su scale più grandi dell’Universo locale, l’effetto dell’energia oscura è repulsivo: essa allontana le cose l’una dall’altra, accelerando l’espansione dell’Universo. Circa un anno fa, l’esperimento Xenon1t sotto il Gran Sasso ha riportato un segnale inaspettato rispetto alle previsioni. Luca Visinelli, ricercatore ai Laboratori Nazionali di Frascati in Italia e coautore dello studio, spiega:

Questi tipi di segnali sono spesso fortuiti, ma di tanto in tanto possono anche portare a scoperte fondamentali. Abbiamo esplorato un modello in cui questo segnale potrebbe essere attribuibile all’energia oscura, piuttosto che alla materia oscura che l’esperimento è stato originariamente concepito per rilevare.

Inizialmente, l’ipotesi più accreditata dai ricercatori era che il segnale fosse causato dagli assioni, ipotetiche particelle molto leggere prodotte dal Sole. Questa spiegazione, tuttavia, non poteva corrispondere con le osservazioni. Il segnale di Xenon1t, infatti, avrebbe dovuto esser prodotto da un’enorme quantità di assioni. Così grande da alterare drasticamente l’evoluzione stellare, qualcosa di mai osservato.

Un modello fisico per trovare l’energia oscura

L’autore principale dello studio Sunny Vagnozzi, del Cambridge’s Kavli Institute for Cosmology, e i suoi colleghi hanno quindi ideato un modello fisico ad hoc, che:

  • potesse dimostrare che le particelle di energia oscura prodotte in una particolare regione del Sole dove i campi magnetici sono molto forti sono state la causa del segnale di XENON1T;
  • fosse dotato di una sorta di meccanismo “di schermatura” per nascondere l’azione dell’energia oscura a livello locale.

I ricercatori hanno sfruttato il modello per simulare cosa accadrebbe nel rivelatore in caso le particelle di energia oscura lo raggiungessero. Sorprendentemente, i risultati coincidevano con il segnale rivelato da Xenon1t: esso sembrerebbe essere prodotto dalla componente oscura della nostra stella.

Il rivelatore di particelle Xenon1T dell’INFN ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, in Abruzzo. A sinistra c’è il contenitore cilindrico contenente acqua e il rivelatore vero e proprio; il poster indica cosa c’è all’interno. Credits: The Xenon Collaboration

Abbiamo veramente rilevato l’energia oscura?

I calcoli dei ricercatori suggeriscono anche che esperimenti come Xenon1t, progettati per rilevare la materia oscura, potrebbero essere utilizzati anche per rilevare l’energia oscura. Prima, però, va confermata la natura del segnale che ha sorpreso gli scienziati. Se esso è stato davvero prodotto da quella che la comunità scientifica ha definito energia oscura, dovremmo aspettarci che Xenon1t lo rilevi nuovamente in futuro, forse in maniera più forte. Questo è da verificare. Se così fosse, i prossimi aggiornamenti di Xenon1t e di esperimenti simili potrebbero essere in grado di rilevare direttamente l’energia oscura in modo voluto e più diretto già nel prossimo decennio.

Fino ad allora, questo modello che assegna all’energia oscura l’origine di particolari segnali rilevati da Xenon1t non è ancora una prova sufficiente. Rimane però un grande indizio su come muovere la ricerca e gli esperimenti nei prossimi anni.

Lo studio completo, pubblicato su Physical Review D, è disponibile qui.

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