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Voyager 1 ha misurato per la prima volta le onde di plasma nello spazio interstellare

Dopo oltre 40 anni di viaggio, la sonda spaziale Voyager 1 rileva un segnale acuto e continuo nello spazio interstellare. Potrebbe trattarsi della prima misura continua della densità del plasma nel mezzo interstellare presente tra le stelle. La scoperta permetterà di costruire un modello fisico su come le onde di plasma vengono prodotte.

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Maggio 19, 2021
in Astronomia e astrofisica, NASA, News, Scienza
Illustrazione artistica di una delle due sonde Voyager che entra nello spazio interstellare. Credits: NASA/JPL-Caltech

Illustrazione artistica di una delle due sonde Voyager che entra nello spazio interstellare. Credits: NASA/JPL-Caltech

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Se di notte il cielo è sereno e alziamo gli occhi in direzione del firmamento, lo vediamo trapuntato di stelle. Ma cosa si trova nello spazio fra quegli astri luminosi? Cosa occupa le enormi distanze tra esse? Gli astronomi lo chiamano mezzo interstellare, un mix di plasma (gas caldo e ionizzato) e di raggi cosmici. Immaginandoselo, ci si aspetterebbe un ambiente calmo e silenzioso. In realtà non è affatto così.

Di recente la sonda spaziale Voyager 1 della NASA, che da ormai 44 anni viaggia nello spazio, è riuscita a dimostrare che lo spazio interstellare è caratterizzato da turbolente onde di materia calda. Nel 2012 infatti, ha superato l’eliosfera, la gigantesca bolla magnetica ampia circa 150 UA e che contiene il Sistema Solare. Quando ha attraversato il confine, la sonda è diventata il primo oggetto di fabbricazione umana ad entrare nello spazio interstellare.

Le sonde Voyager ci parlano ancora

Il programma Voyager ha permesso di lanciare nel 1977 le sonde spaziali Voyager 1 e Voyager 2 per l’esplorazione del Sistema Solare esterno. Nel corso degli anni, entrambe hanno fornito agli scienziati molte informazioni riguardanti i giganti gassosi del Sistema Solare. Nonostante siano ormai datate, le batterie termoelettriche a isotopi radioattivi di cui sono dotate consentono ancora diversi anni di vita operativa, stimata fino al 2025. Attualmente stanno ancora fornendo dati scientifici utili a caratterizzare l’eliopausa, la regione in cui finisce il Sistema Solare e inizia la zona occupata dal mezzo interstellare.

Saturno
Saturno fotografato dalla sonda spaziale Voyager 2. Credits: Voyager 2, NASA

In realtà però, le increspature dello spazio-tempo che investono la sonda sottoforma di onde, provengono ancora principalmente dall’eliosfera stessa. Questo rende difficile distinguere ciò che è determinato da eventi avvenuti all’interno del nostro Sistema Solare, e segnali che invece provengono dall’esterno.

“Abbiamo alcune idee su quanto lontano dovrà arrivare la Voyager per iniziare a vedere acque interstellari più pure, per così dire” ha detto Stella Ocker, dottoranda alla Cornell University di Ithaca e ultimo membro del team Voyager. “Ma non siamo del tutto sicuri di quando raggiungeremo quel punto.”

Tuttavia di recente Voyager 1 è tornata a parlarci, e ad aiutare i ricercatori. In uno studio pubblicato su Nature Astronomy i ricercatori riportano quella che potrebbe essere la prima misurazione continua della densità del materiale nello spazio interstellare. “Questo rilevamento ci offre un nuovo modo per misurare la densità dello spazio interstellare” spiega Ocker, entusiasta. ” E ci apre una nuova strada per esplorare la struttura del mezzo interstellare vicino a noi.”

La turbolenza del mezzo interstellare

Come l’oceano, il mezzo interstellare è pieno di onde turbolente. Le più intense provengono dalla rotazione della nostra galassia, che distorce lo spazio con ondulazioni di decine di anni luce. Altre sono causate dalle esplosioni di supernova, che provocano fluttuazioni estese per miliardi di chilometri. Le più “piccole” increspature provengono solitamente dal nostro Sole. Le eruzioni solari causano onde d’urto che si propagano attraverso lo spazio, permeando il rivestimento dell’eliosfera. Queste onde che si infrangono anche sulla sonda, rivelano indizi sulla densità del mezzo interstellare, un valore che influisce sulla comprensione della forma stessa della nostra eliosfera, di come si formano le stelle e della nostra posizione nella galassia.

Quando le onde riverberano nello spazio, fanno vibrare gli elettroni intorno a loro, che risuonano a frequenze caratteristiche a seconda di quanto sono vicini. Più intenso è il suono, maggiore è la densità di elettroni. Il sottosistema Plasma Wave di Voyager 1, che include due antenne che sporgono per 10 metri dietro il veicolo spaziale, è stato progettato per sentire quel suono.

Componenti Voyager 1
Illustrazione della sonda Voyager 1 della NASA che mostra le antenne del sottosistema Plasma Wave e altre componenti. Credits: NASA/JPL-Caltech

Lo strano segnale delle onde di plasma

Nel novembre 2012, tre mesi dopo essere uscita dall’eliosfera, la Voyager 1 ha sentito per la prima volta i suoni interstellari. Sei mesi dopo ne ha avvertito uno più forte e più acuto. Siccome questi segnali si sono succeduti a intervalli irregolari nei dati successivi forniti dalla sonda, i ricercatori hanno pensato di sfruttarli per stimare la densità del plasma che riempie il vuoto tra le stelle.

E’ stata quindi analizzata un’enorme mole di dati, filtrati per cercare segnali deboli ma coerenti. In questo modo, Ocker ha trovato un segnale debole ma quasi continuo che ha iniziato palesarsi a metà 2017, proprio nel periodo tra un evento e l’altro. Esso sembra proprio collegare tra loro due eventi di oscillazione del plasma, e possiamo interpretarlo come il suono del mezzo interstellare. Sarebbe infatti prodotto dal movimento turbolento del plasma. “È praticamente un unico tono” spiega Ocker. “Vediamo che cambia nel tempo, ma il modo in cui la frequenza varia ci dice come sta cambiando la densità”.

Plot 1 segnale
Grafico dei dati filtrati che mostrano i segnali più forti tra quelli analizzati. Credits: NASA’s Voyager 1 Plasma Wave Subsystem/Stella Ocker
Plot 2 segnale
Grafico dei dati filtrati che mostrano i segnali più deboli tra quelli analizzati, inclusa l’emissione dell’onda di plasma (segnale rosso). Credits: NASA’s Voyager 1 Plasma Wave Subsystem/Stella Ocker

Questo è proprio ciò che i ricercatori speravano di trovare: un segnale che permettesse di misurare la densità del mezzo interstellare senza dipendere dalle onde propagate dal Sole.

Avremo una mappa completa dello spazio interstellare

Il nuovo segnale è stato definito come un’emissione di onde di plasma. Anch’esso sembra tracciare la densità dello spazio interstellare, infatti il tono di questa emissione cambia in presenza degli eventi.

Ocker dichiara:

La scoperta è davvero entusiasmante, perché ora siamo in grado di campionare regolarmente la densità su un tratto di spazio molto lungo. Questo ci fornirà la mappa più completa della densità e del mezzo interstellare visto da Voyager.

Gli scienziati hanno analizzato l’intero set di dati disponibile fino al 2020. In base al segnale, la densità di elettroni intorno a Voyager 1 ha iniziato ad aumentare nel 2013 e ha raggiunto i suoi livelli attuali all’incirca a metà del 2015, con un aumento di circa 40 volte. Il veicolo spaziale sembra trovarsi in un tratto con una densità uniforme, con alcune fluttuazioni. Grazie a questo segnale, la Ocker e i suoi colleghi proveranno a sviluppare un modello fisico di come viene prodotta l’emissione di onde di plasma, in modo da capire come interpretarla.

Nel frattempo, il sottosistema Plasma Wave di Voyager 1 continua a inviare dati mentre la sonda si allontana sempre più dalla Terra. Al momento si trova a quasi 23 miliardi di chilometri dal pianeta natale, eppure riesce ancora a comunicare con noi e ad aiutarci a comprendere il cosmo attraverso i suoi occhi.

Lo studio completo: Persistent plasma waves in interstellar space detected by Voyager 1.

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Tags: mappamezzo interstellareondeplasmaSpazioSpazio interstellarevoyager1

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