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Rocket Lab tenta il recupero del primo Electron lanciando uno gnomo di beneficenza

Damiano Faro di Damiano Faro
Novembre 15, 2020
in News, Rocket Lab, Satelliti, Space economy
Lo gnomo Chompski, stampato in titanio e inserito all'interno del fairing. Gabe Newell donerà un euro in beneficenza per ogni spettatore di questo lancio.

Lo gnomo Chompski, stampato in titanio e inserito all'interno del fairing. Gabe Newell donerà un euro in beneficenza per ogni spettatore di questo lancio.

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Dopo meno di un mese dall’ultimo lancio, Rocket Lab è pronta a lanciare l’Electron numero 16, in una missione che rimarrà nella storia dell’azienda di Peter Beck. Per la missione “Return to Sender”, infatti, è previsto il primo tentativo di recupero dell’Electron. A bordo saranno caricati 29 microsatelliti e un piccolo “passeggero”, lo gnomo Chompski del videogioco Half-Life stampato in 3D. Questo è sponsorizzato da Gabe Nweell, fondatore di Valve, per un’iniziativa benefica. Il lancio è previsto per le 2:44 italiane del 19 novembre dal Launch Complex 1A, nella penisola di Mahia, in Nuova Zelanda.

Il carico

  • TriSept – DRAGRACER: la missione testerà l’efficacia della nuova tecnologia di tethering, con l’obiettivo di accelerare i rientri dei veicoli spaziali dopo il loro utilizzo e quindi diminuire il numero di detriti in orbita. TriSept ha preparato due satelliti, uno fornito di un cavo da 70 metri e uno senza. L’azienda si aspetta che quello con il cavo dovrebbe deorbitare in circa 45 giorni, grazie al dispiegamento del cavo che andrebbe a modificarne l’inerzia, mentre quello senza dovrebbe rimanere in orbita dai 7 ai 9 anni.
  • Unseenlabs – BRO 2 e BRO 3: due satelliti che si aggiungono a quello già in orbita, lanciato nel 2019 sempre da Rocket Lab. Questi andranno a formare una costellazione di 20 satelliti totali per la sorveglianza marittima. Grazie ad un’esclusiva tecnologia della compagnia francese, i satelliti saranno in grado di localizzare in maniera indipendente e precisa gli emettitori di radiofrequenza delle imbarcazioni in tutto il mondo, in qualsiasi condizione meteorologica, senza che vi sia un dispositivo particolare a bordo. La costellazione consentirà un migliore monitoraggio delle attività illegali in mare.
  • Swarm Technologies – Spacebees: il carico principale del lancio è occupato dagli ultimi 24 satelliti 1/4U SpaceBEE. Questi completeranno una costellazione da 150 satelliti per fornire un servizio di comunicazione satellitare nelle regioni più remote del mondo a basso costo. I satelliti saranno integrati in due dispenser 3U Maxwell CubeSat di Rocket Lab.
  • University of Auckland – APSS-1: è il primo satellite della Nuova Zelanda costruito da studenti dell’Università di Auckland. APSS-1 monitorerà l’attività elettrica nell’atmosfera superiore per verificare se i disturbi della ionosfera possano essere collegati ai terremoti. La missione fornirà anche dati su questa regione dell’atmosfera di difficile accesso, migliorando la nostra comprensione su come il vento solare e gli eventi geofisici la influenzino.
Rocket Lab Chompski Photon
I satelliti della missione numero 16, inseriti nella piattaforma Photon che li spingerà nella giusta orbita, mentre vengono inseriti all’interno del Fairing. Credits: Rocket Lab.

 Uno gnomo di beneficenza

In cima al Kickstage sarà infine piazzato un mass simulator da 150 mm di altezza. Realizzato in titanio e stampato in 3D a forma dello gnomo Chompski, celebre per il gioco della Valve Half Life, è un omaggio all’innovazione e alla creatività dei giocatori di tutto il mondo. Con questo esperimento si vuole anche testare una nuova tecnica di stampa 3D che potrebbe essere impiegata per futuri componenti di veicoli spaziali. Il presidente di Valve, Gabe Newell, donerà un dollaro al reparto di Terapia Intensiva Pediatrica dello Starship Children’s Hospital di Auckland per ogni persona che guarderà il lancio online.

Il rientro

Peter Beck lo aveva annunciato per la missione 17, ma con grande sorpresa il primo tentativo di rientro controllato e di recupero verrà testato in questa missione. Seppur diverso dal sistema di rientro e recupero definitivo, questo è da considerarsi la prima vera pietra miliare verso il riutilizzo dell’Electron. Anche se riportare intatto l’intero primo stadio è l’obbiettivo finale, il successo di questa prima missione consiste nell’acquisizione di più dati possibili sui sistemi di rientro, in particolare sui paracadute e sui galleggianti.

Rocket Lab Chompski Electron
Il vettore Electron pronto in rampa di lancio. Le fasce rosse sono la particolare nuova verniciatura dell’Electron che tenterà l’ammaraggio. Credits: Rocket Lab.

Dopo essersi separato dal secondo stadio, l’Electron si orienterà grazie ai Reaction Control System (RCS) in una posizione ideale per il rientro. Servirà un angolo apposito per resistere alle altissime temperature e pressioni durante la discesa. Dopo aver decelerato ad una velocità inferiore a Mach 2, un primo paracadute viene dispiegato per aumentare la resistenza aerodinamica e stabilizzare il primo stadio. Negli ultimi chilometri si aprirà infine il paracadute principale per rallentare ulteriormente l’Electron. Questo gli consentirà uno splashdown delicato (intorno ai 10 m/s). In acqua verrà tenuto a galla da dei galleggianti che si apriranno istantaneamente, in attesa che una nave di Rocket Lab lo recuperi. Una volta riportato in fabbrica, verrà ispezionato per verificare eventuali danni alle componenti.

Dopo il risultato di questo primo tentativo, Rocket Lab cercherà di recuperare il proprio Electron direttamente al volo, con un elicottero pronto a catturarlo a mezz’aria agganciandosi al paracadute. Se l’intero programma di rientro dell’azienda di Peter Beck avrà successo, l’Electron diventerà il primo ed unico sistema di lancio di piccole dimensioni riutilizzabile attualmente in funzione.

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Tags: ElectronRecuperoRientroRocket Lab

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