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Mezzo secolo di spazio europeo. Da dove viene e dove va l’ESA – Lo spazio secondo me, di Paolo Ferri

Paolo Ferri di Paolo Ferri
Maggio 30, 2025
in Agenzie Spaziali, ESA, Le grandi firme dello spazio, Lo spazio secondo me di Paolo Ferri, News, Paolo Ferri, Rubriche
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Come eravamo

Quando, il 15 agosto del 1984, arrivai, non ancora venticinquenne, a lavorare per l’ESA al Centro europeo di operazioni spaziali (ESOC) di Darmstadt in Germania, mi ritrovai in un’ambiente affascinante, anche se un po’ arruffato e polveroso, che non dava l’impressione di alta tecnologia.

Ricordo ancora la prima volta che vidi la sala controllo principale, quella dove avrei trascorso tanto tempi negli anni a venire, e dove avrei vissuto i momenti più emozionanti ed entusiasmanti della mia carriera. Una sala dal soffitto alto, senza finestre, immersa nella semi-oscurità, con due file di stazioni di lavoro con piccoli schermi di computer alfanumerici e in bianco e nero. Registratori a carta, scatole di schede perforate sugli scaffali. In alto c’erano pannelli giganti che oggi sono schermi elettronici, ma allora erano semplici rappresentazioni fisse delle orbite geostazionarie. C’era un silenzio che intimoriva, un’aria quasi mistica, da cattedrale, nella quale gli SPACON, i controllori dei satelliti, austeri e sospettosi, erano i sacerdoti.

Era un’ESA molto giovane, allora. Aveva lanciato solo una ventina di satelliti, prevalentemente scientifici, ma anche qualcuno in orbita geostazionaria per le telecomunicazioni e la meteorologia. I satelliti a quei tempi si guastavano subito, già durante il breve ma agitato viaggio sul razzo lanciatore. E continuavano a guastarsi anche dopo, sopravvivendo nello spazio per pochi anni al massimo. L’industria aerospaziale europea era ancora alle prime armi, stava imparando gradualmente come si costruiscono macchine complesse che funzionino nell’ambiente ostile dello spazio, resistenti al vuoto, agli enormi sbalzi termici, alle radiazioni spaziali. Dovevano passare molti anni prima che in Europa si imparasse a costruire satelliti robusti e di lunga durata.

L’ESA di allora era ancora gestita dalla prima generazione di scienziati e ingegneri che l’avevano fondata. Erano i pionieri dell’era spaziale, quelli che in gioventù avevano lavorato con la NASA sul programma Apollo, o addirittura con von Braun alla costruzione dei primi razzi. Avevano vissuto l’epoca della telemetria analogica, dei computer a valvole, dei dati scientifici raccolti dalle antenne di Terra sparse per il globo e registrati localmente su nastri magnetici, che dovevano poi essere recuperati e trasportati in Europa a mano.

Il centro controllo di ESA ESOC negli anni '80. Credits: ESA
Il centro controllo di ESA ESOC negli anni ’80. Credits: ESA

Lavorare con questi pionieri dello spazio fu per me un’occasione fantastica, una fonte inesauribile di esperienza, ma anche di storie avventurose da assimilare. Grazie alla loro guida preziosa, noi giovani riuscimmo ad affrontare e superare le mille difficoltà per mantenere in volo e funzionanti gli instabili e immaturi veicoli spaziali che ci venivano affidati per il controllo missione. Furono anni duri, ma anche una scuola di valore inestimabile per il nostro lavoro futuro.

Crescita e crisi

L’ESA era povera di risorse finanziarie, in quegli anni, ma improvvisamente nel 1985 arrivarono una valanga di fondi freschi, grazie all’approvazione di un ambizioso programma di volo umano, che comprendeva il contributo europeo alla futura Stazione Spaziale Internazionale, con il modulo Columbus, una mini stazione indipendente, il Man-tended free flyer, e addirittura un mini spazioplano, Hermes. L’ aumento di fondi favorì l’assunzione di personale giovane, scatenando un’iniezione di entusiasmo che portò l’Agenzia in una nuova era.

Solo dieci anni più tardi, anche a seguito dei ritardi e delle difficoltà del programma di volo umano, all’entusiasmo seguì una profonda crisi. Nel 1995 in ESOC controllavamo in volo solo pochi satelliti, e l’esplosione del primo razzo Ariane 5 nel giugno 1996, che distrusse i quattro satelliti della missione scientifica Cluster, aggravò la crisi già in atto. Il personale venne ridotto, e su tutto e tutti pesava un’aria cupa di inesorabile declino.

La rinascita del nuovo millennio

Al cambio del millennio però l’ESA seppe reagire. Il programma scientifico, anche grazie all’iniziativa e alla tenacia del suo direttore, Roger Bonnet, riuscì non solo a risollevarsi dalla crisi causata dalla perdita di Cluster, ma a entrare, con la missione Rosetta, nel nuovo mondo dell’esplorazione interplanetaria. L’industria aveva nel frattempo imparato a costruire satelliti robusti, come XMM-Newton che, lanciato nel 1999, è ancora oggi attivo e produttivo in orbita. Poi il programma di osservazione della Terra fu allargato, con le missioni scientifiche Earth Explorers, che ancora oggi continuano con grande successo (ultimo di questa spettacolare serie, il satellite Biomass lanciato il mese scorso). Infine anche il programma di volo umano, seppur pesantemente ridimensionato, riuscì a rialzarsi, con il lancio, in ritardo di molti anni, del modulo Columbus.

Vista sul lato anteriore del modulo europeo Columbus della Stazione Spaziale Internazionale. Credits: NASA
Vista sul lato anteriore del modulo europeo Columbus della Stazione Spaziale Internazionale. Credits: NASA

Il successo dell’Agenzia la portò di nuovo a crescere, sia in termini di fondi che di personale. Ma anche a trasformarsi. Da un nucleo di ingegneri e scienziati entusiasti a un’organizzazione moderna, più strutturata. Questo comportò da una parte un approccio più coerente alle attività tecnico-scientifiche, ma anche a un aumento della burocrazia, dei processi interni, alla nascita di servizi “ausiliari” sempre nuovi e dispersivi. Tutti aspetti che ridussero l’efficienza dell’Agenzia, richiesero tempo per l’adattamento, e anche molta pazienza e tolleranza da parte di coloro che volevano solo occuparsi del lavoro tecnico.

L’ESA oggi

I successi dell’Agenzia in quest’ultimo quarto di secolo sono stati straordinari. Sia il programma scientifico che quello dell’osservazione della Terra sono oggi ormai al livello delle agenzie istituzionali delle grandi potenze spaziali, se non in termini assoluti di finanziamenti, almeno per la qualità dei risultati. Il programma scientifico ha ottenuto successi storici come Rosetta, la prima e unica missione di rendezvous e atterraggio sul nucleo di una cometa, o come Gaia, missione di astrometria ad alta precisione, appena conclusasi.

Si sono poi aggiunti settori nuovi, come quello della navigazione satellitare. In questo ha giocato un ruolo fondamentale – nel bene e nel male – la presa di coscienza dell’Unione Europea, che ha fatto suo il programma spaziale europeo, soprattutto nel campo delle applicazioni dirette per i cittadini. I primi due programmi dell’UE sono stati infatti Galileo, per la navigazione satellitare, il cui sviluppo e la prima fase operativa sono stati gestiti dall’ESA, per poi passarli alla gestione da parte dell’industria sotto il controllo diretto dell’Unione. E Copernicus, per l’osservazione della Terra, finanziato per due terzi dall’UE e per un terzo dall’ESA, che lo ha ideato, progettato, costruito e continua a gestirne la crescita e in gran parte le operazioni. Attualmente Copernicus è il programma di osservazione della Terra più importante a livello mondiale, e i suoi dati, messi a disposizione gratuitamente, sono usati in tutto il mondo.

Missioni dedicate all'osservazione della Terra sviluppate dall'ESA. Credits: ESA
Missioni dedicate all’osservazione della Terra sviluppate dall’ESA. Credits: ESA

Oggi l’ESA ha un programma scientifico di grande peso, sia nel campo dell’esplorazione del Sistema Solare, con ad esempio la missione BepiColombo in volo verso Mercurio, o JUICE, in viaggio verso Giove, sia in quello dell’astronomia, dove ai vecchi telescopi per le alte energie XMM-Newton e Integral si è aggiunta recentemente la missione Euclid, che sta mappando milioni di galassie per lo studio della struttura dell’Universo.

L’ESA ha anche recentemente creato un nuovo programma di sicurezza spaziale, che comprende attività e missioni per la meteorologia spaziale, cioè lo studio dell’interazione delle tempeste solari con la magnetosfera del nostro pianeta, e la difesa planetaria, cioè l’identificazione e lo studio degli asteroidi potenzialmente a rischio di collisione con la Terra, e l’implementazione futura di un sistema di difesa da questi impatti. L’Agenzia è anche una forza trainante a livello mondiale per la gestione del problema sempre più preoccupante dei detriti spaziali.

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La sfida della commercializzazione

Nonostante la lunga serie di successi e il vasto panorama di missioni in volo e in preparazione nei prossimi anni, all’età di cinquant’anni l’ESA non si può permettere di riposare sugli allori. Il mondo dello spazio è oggi in rapida evoluzione, con l’avvento di aziende private che, almeno in alcuni settori, stanno sviluppando iniziative commerciali indipendenti dalle agenzie istituzionali tradizionali.

Trascinate dal successo di SpaceX nel campo dei lanciatori e dalla miniaturizzazione e standardizzazione delle componenti e delle unità di bordo, che contribuiscono a ridurre il costo dei satelliti e quelli di lancio, stanno nascendo, nel mondo ma anche in Europa, una quantità prima impensabile di aziende e iniziative commerciali, che attingono ancora prevalentemente dagli investimenti pubblici, ma cominciano ad attrarre anche capitale privato.

In questo panorama, la sfida per l’ESA è di stabilire un nuovo modo per interagire con l’industria spaziale. Non si tratta più di essere il cliente unico dell’industria spaziale tradizionale, specificando e guidando dall’alto ogni sua attività. Ma di aiutarla a svilupparsi in un contesto internazionale sempre più competitivo, lasciando alle aziende la libertà di iniziativa, specialmente nei settori più promettenti dal punto di vista commerciale.

L’ESA deve sempre di più convogliare i fondi pubblici che gestisce, in modo che aiutino le aziende a crescere e a ridurre i rischi tecnologici per i loro investimenti. Da una parte assumendo il ruolo di “cliente àncora” per servizi che le aziende sono già in grado di offrire, cioè in settori già tecnologicamente consolidati, come le telecomunicazioni, l’osservazione della Terra o il trasporto spaziale. Per i settori nuovi, ad alto rischio, come ad esempio le attività sulla Luna, l’ESA dovrà invece continuare a mantenere un ruolo guida, gestendo i progetti con l’industria, e fornendo il supporto della sua enorme base di conoscenza tecnica e operativa, così come la sua infrastruttura di spazio e di terra.

Per i settori poi che non offrono prospettive economiche concrete, come la scienza e l’esplorazione, l’ESA dovrà continuare a portare avanti i suoi programmi di punta, che come nel passato non solo faranno avanzare la conoscenza scientifica e tecnologica, ma saranno di ispirazione per le generazioni più giovani.

Durante IAC 2024, la conferenza stampa di firma per il programma ESA Moonlight, un progetto per creare una costellazione satellitare attorno alla Luna, in modo da garantire servizi di comunicazione e navigazione. Credits: Astrospace.it
Durante IAC 2024, la conferenza stampa di firma per il programma ESA Moonlight, un progetto per creare una costellazione satellitare attorno alla Luna, in modo da garantire servizi di comunicazione e navigazione. Credits: Astrospace.it

Cooperazione politica interna e internazionale

Dal punto di vista politico l’ESA si trova oggi a fare i conti con una situazione internazionale di crescente instabilità. Per le relazioni interne, l’Agenzia dovrà difendere il ruolo aggregante che ha svolto con successo nei suoi 50 anni di storia. La sua struttura e le sue regole hanno finora permesso di amalgamare, attraverso compromessi costruttivi, gli interessi di tutti Stati membri, catalizzando così la crescita di un’industria spaziale europea forte di grande competenza, benché differenziata in capacità e specializzazione, in tutti gli Stati membri.

Oggi però le forze che lavorano contro questa aggregazione e integrazione europea stanno aumentando. In molti Stati membri crescono le tendenze nazionalistiche e anti-europee, al punto che alcuni degli Stati più grandi cominciano a privilegiare il rafforzamento dei programmi spaziali nazionali a scapito di quelli comuni, fino alla creazione di infrastrutture spaziali nazionali addirittura in competizione con quelle di altri Stati membri, creando sterili duplicazioni e frammentando le risorse disponibili. L’ESA dovrà utilizzare tutta la sua esperienza e capacità di mediazione per cercare di controbilanciare queste forze disgreganti.

Sul piano internazionale, l’ESA ha sempre privilegiato la cooperazione a tutto campo, cioè con tutte le agenzie spaziali e i governi mondiali. La posizione centrale dell’Europa, assieme alla grande competenza della sua industria aerospaziale, ha permesso, grazie alla politica di apertura senza compromessi dell’ESA, di stabilire programmi di cooperazione con tutti, dalla NASA alla Russia, alla Cina, all’India, al Giappone, ma anche con moltissimi Stati che nello spazio ancora hanno ruoli minori, come la Corea del Sud, gli Emirati Arabi Uniti, il Brasile, il Sudafrica e molti altri. Mi auguro che nei prossimi anni l’ESA continui questa politica di cooperazione aperta a tutti, evitando specialmente di farsi incanalare in accordi bilaterali esclusivi, che possano minare la cooperazione con Paesi terzi.

La militarizzazione dello spazio

Un’ultima, nuova sfida che l’ESA si trova ad affrontare, è quella della crescente contaminazione tra attività spaziali civili e militari. La convenzione dell’ESA le impone di occuparsi di attività spaziali “con scopi esclusivamente pacifici”. Questa è stata sempre una grande forza dell’Agenzia, non solo sul piano morale, ma anche su quello della credibilità internazionale, contribuendo anche in modo significativo alla sua stabilità interna.

Oggi le forze che spingono verso un rilassamento della limitazione ad attività puramente civili sono sempre più insistenti. Il problema non può essere trascurato e l’ESA lo sta già affrontando apertamente. Ciò è inevitabile, perché anche dal punto di vista tecnologico, sta diventando sempre più difficile separare l’infrastruttura e le applicazioni spaziali tra civili e militari. Basti pensare alla navigazione satellitare, alle reti di comunicazione sicure, ma anche all’osservazione della Terra, tutti settori che hanno applicazioni in entrambi i campi.

Non si tratta solo, come sostengono molti, di permettere all’ESA di attingere ai fondi pubblici sempre più esorbitanti che oggi vengono stanziati dagli Stati membri e dall’Unione Europea per gli armamenti e le tecnologie belliche. Si tratta soprattutto di trovare il giusto bilanciamento in tutte le applicazioni spaziali create dall’ESA, creando un ruolo per l’Agenzia che mantenga la sua posizione centrale nello sviluppo della tecnologia spaziale, tenendo conto del potenziale di utilizzo militare dei suoi programmi senza snaturare i principi della sua convenzione e i suoi obiettivi primari, che devono restare profondamente civili e dedicati al benessere dei cittadini europei.

Un’Agenzia sempre più indispensabile

C’è chi sostiene che oggi, con la rapida crescita delle attività commerciali nello spazio, istituzioni come l’ESA stiano diventando obsolete. Io sono convinto che invece, proprio in un mondo politicamente sempre più instabile e dove gli interessi commerciali stanno gradualmente penetrando un settore di natura sovranazionale come lo spazio, un’agenzia come l’ESA abbia un ruolo ancora più importante e cruciale.

Per salvaguardare lo spazio come risorsa comune, per opporsi al suo sfruttamento sregolato e selvaggio, per mantenere viva la coesione tra gli Stati membri e la cooperazione con le altre potenze spaziali mondiali. In modo da continuare la strada di progresso tecnologico e di conoscenza che lo spazio ha finora rappresentato. Per il bene e il progresso dell’Europa, e dell’Umanità intera.

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Tags: Agenzia SpazialeAgenzia Spaziale EuropeaESA

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