L’11 marzo 2025, durante la sua esplorazione del bordo del cratere Jezero su Marte, il rover Perseverance della NASA ha individuato una roccia marziana dalla morfologia insolita, caratterizzata da centinaia di piccole sferule scure, distribuite in modo irregolare sulla superficie.
Il ritrovamento rappresenta un nuovo elemento di interesse per il team scientifico della missione, impegnato nello studio del passato geologico e potenzialmente biologico di Marte. La formazione, soprannominata “St. Pauls Bay”, è situata sul bordo del cratere, in un’area che si ritiene abbia ospitato un antico delta fluviale miliardi di anni fa.
Le sferule osservate, ciascuna con un diametro di circa un millimetro, presentano talvolta piccoli fori centrali. La loro origine è ancora oggetto di indagine, ma la morfologia suggerisce diversi scenari possibili, tra cui processi sedimentari indotti dalla presenza di acqua, attività vulcanica o persino impatti meteoritici.
Sferule scure su Marte
Strutture simili erano già state osservate in passato da altri rover marziani. Nel 2004, Opportunity rilevò i cosiddetti “mirtilli marziani” nel cratere Endurance, interpretabili come concrezioni formate da acqua sotterranea che, circolando nei pori delle rocce, aveva favorito la precipitazione di minerali. Anche Curiosity ha incontrato strutture analoghe nel cratere Gale, rafforzando l’ipotesi che tali formazioni siano relativamente comuni nella geologia superficiale di Marte.
Il contesto geologico in cui si inserisce questa nuova scoperta è particolarmente significativo. Il cratere Jezero, che ospitava un lago circa 3.5 miliardi di anni fa, rappresenta una delle aree più promettenti per lo studio dell’interazione tra acqua e rocce marziane. Comprendere l’origine delle sferule potrebbe offrire indizi cruciali sulla storia idrogeologica del pianeta, e quindi sulla sua abitabilità passata.

Se si trattasse di concrezioni, il loro studio permetterebbe di ricostruire le condizioni chimico-fisiche presenti al momento della loro formazione. In alternativa, se si rivelassero essere il risultato di processi vulcanici, come gocce di magma raffreddatesi rapidamente, o di impatti da meteoriti, il significato geologico sarebbe differente, ma ugualmente rilevante per delineare l’evoluzione superficiale del pianeta.
Le prossime analisi, in attesa di Mars Sample Return
Attualmente, il team di Perseverance sta conducendo un’analisi approfondita dei dati raccolti, che includono immagini ad alta risoluzione e spettroscopie effettuate con gli strumenti del rover. L’obiettivo è determinare con maggiore precisione la composizione chimica della roccia e delle sue sferule, un passo essenziale per discriminare tra le ipotesi di formazione.
Non sono ancora stati prelevati campioni in questa formazione rocciosa, ma se il team di missione deciderà di farlo, potrebbe essere di grande interesse per gli scienziati a Terra una volta che dovesse essere portato qui, nell’ambito della campagna Mars Sample Return. Il potenziale di queste strutture, infatti, non si limita alla geologia: nel caso in cui siano state influenzate da processi idrotermali o ambienti umidi, potrebbero rappresentare microambienti favorevoli allo sviluppo della vita microbica, o almeno alla conservazione di eventuali biomarcatori.
In attesa di nuove analisi, la scoperta di St. Pauls Bay aggiunge un tassello al mosaico complesso della storia marziana. Perseverance continua a percorrere il margine del delta del cratere Jezero, esplorando rocce sedimentarie che potrebbero contenere le testimonianze più antiche dell’interazione tra acqua e minerali su Marte.