Un team di ricerca della NASA ha individuato nel Sistema Solare sette nuove “comete oscure”. Si tratta di corpi che sembrano asteroidi per forma e aspetto, ma che si comportano come comete, mostrando comportamenti peculiari come deviazioni orbitali inspiegabili attraverso i normali effetti gravitazionali.
Con questa nuova scoperta, il numero totale di comete oscure conosciute sale a quattordici, aprendo la strada a una più approfondita classificazione di queste anomalie celesti e al loro studio. L’analisi inoltre, pubblicata il 9 dicembre 2024, ha permesso di suddividere queste comete in due categorie distinte in base alle loro caratteristiche orbitali e dimensionali.
I primi indizi della presenza di dark comets
La prima evidenza di un oggetto con le caratteristiche di una cometa oscura risale al 2016, quando l’asteroide 2003 RM mostrò un’anomala deviazione dalla sua orbita prevista. Questo comportamento era incompatibile con le forze gravitazionali e altri effetti noti, come il fenomeno di accelerazione termica noto come effetto Yarkovsky.
“Quando si osserva una perturbazione simile, di solito significa che l’oggetto è una cometa, con materiali volatili che fuoriescono dalla sua superficie e forniscono una spinta aggiuntiva” ha spiegato Davide Farnocchia, ricercatore presso il JPL della NASA. Tuttavia, 2003 RM non mostrava alcuna traccia di coda cometaria, apparendo solo come un punto di luce, lasciando gli scienziati senza risposte definitive.
L’arrivo di un altro oggetto enigmatico, 1I/2017 U1 (‘Oumuamua), il primo corpo interstellare documentato, ha aggiunto ulteriore complessità al quadro. Anche questo oggetto, pur non essendo classificato come cometa oscura, presentava una traiettoria alterata da un’accelerazione inspiegabile, che ha rafforzato l’ipotesi dell’esistenza di una nuova categoria di corpi celesti.
![La traiettoria del primo oggetto interstellare conosciuto, poi denominato `Oumuamua, mentre attraversava il Sistema Solare interno alla fine del 2017. Credits: Brooks Bays/SOEST Publication Services/Università delle Hawaii](https://dq0hsqwjhea1.cloudfront.net/Path-of-Oumuamua.jpg)
Tra il 2016 e il 2023, altri sette oggetti con comportamenti simili sono stati identificati, permettendo agli astronomi di creare la categoria delle dark comets, comete oscure.
Due categorie di comete oscure
Con la recente scoperta di altri sette oggetti, i ricercatori hanno potuto analizzare caratteristiche più dettagliate, identificando due gruppi distinti di comete oscure:
- Le comete oscure esterne (outer dark comets) si trovano nel Sistema Solare esterno, seguono orbite altamente eccentriche e sono generalmente più grandi, con diametri che superano i centinaia di metri. Questi oggetti mostrano similitudini con le comete della famiglia di Giove, ma non possiedono la tipica attività visibile, come code o chiome.
- Le comete oscure interne (inner dark comets) si trovano nel Sistema Solare interno, con orbite quasi circolari e dimensioni più ridotte, spesso inferiori ai 100 metri.
Queste caratteristiche suggeriscono processi evolutivi differenti per i due tipi di oggetti, anche se le loro origini restano ancora poco comprese.
Implicazioni per l’origine della vita
Uno degli aspetti più affascinanti delle comete oscure riguarda il loro potenziale ruolo nella distribuzione di materiali organici e volatili nel Sistema Solare. Secondo i ricercatori, questi oggetti potrebbero rappresentare una nuova fonte di composti chimici fondamentali per lo sviluppo della vita.
Questa ipotesi si collega a una teoria già nota in astronomia: le comete, in generale, potrebbero aver portato acqua e molecole organiche primordiali sulla Terra. Tuttavia, le dark comets presentano peculiarità che le rendono un caso unico, poiché combinano caratteristiche di asteroidi e comete, pur non rientrando completamente in nessuna delle due categorie.
Restano comunque aperte molte domande. Da dove provengono le comete oscure? Perché non mostrano attività cometaria evidente? Quali sono i processi che ne determinano l’accelerazione anomala? Per rispondere, saranno fondamentali nuove osservazioni, sia da telescopi terrestri che da missioni spaziali. Strumenti come il telescopio spaziale James Webb o il futuro NEO Surveyor della NASA potranno fornire dati cruciali, permettendo di osservare questi oggetti più da vicino e di studiare meglio la loro composizione chimica e il loro comportamento dinamico.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. L’abstract della pubblicazione è reperibile qui.