Utilizzando il radiotelescopio europeo LOFAR (Low Frequency Array), un team internazionale di ricercatori ha scoperto la coppia di getti relativistici più estesa osservata finora. Si tratta di due giganteschi getti di gas e particelle emessi da un buco nero supermassiccio molto lontano, che si allungano per una distanza di ben 23 milioni di anni luce. Per confronto, ciò equivale circa a 140 volte il diametro della nostra Galassia, la Via Lattea.
Questa megastruttura è stata soprannominata Porfirione, il nome di un gigante della mitologia greca, e l’energia che la alimenta è circa equivalente a quella di migliaia miliardi di soli. Dai dati di diversi telescopi, i ricercatori hanno stimato risalga a un’epoca in cui l’Universo aveva 6.3 miliardi di anni.
Molti più getti relativistici del previsto
I getti relativistici sono flussi di particelle cariche, come elettroni e protoni, che vengono espulsi a velocità prossime a quella della luce da oggetti estremamente energetici, come i buchi neri supermassicci al centro delle galassie.
Per quanto sappiamo finora, questi getti si formano quando il materiale viene risucchiato verso il buco nero, creando un disco di accrescimento che, sotto l’effetto di forti campi magnetici, lancia parte della materia nello spazio lungo gli assi di rotazione dell’oggetto. La velocità estremamente alta e la forte energia di questi getti li rendono visibili anche a grandi distanze, spesso attraversando intere galassie e influenzandone la formazione stellare e l’evoluzione.
Prima di Porfirione, il più grande sistema di getti mai osservato era Alcioneo, a 3 miliardi di anni luce da noi, individuato nel 2022 ed esteso per 16 milioni di anni luce, ovvero circa 100 volte il diametro della Via Lattea.
Tuttavia, recenti osservazioni di Lofar hanno scoperto oltre diecimila strutture a getti, poco visibili. Nonostante centinaia di sistemi di questo tipo fossero già noti prima dei risultati del radiotelescopio, si pensava fossero rari, e molto più piccoli in dimensione.
Porfirione: una coppia di getti da record
Dopo l’osservazione di Lofar, gli scienziati hanno localizzato la galassia da cui proviene Porfirione utilizzando il Giant Metrewave Radio Telescope (GMRT) in India e i dati di DESI (Dark Energy Spectroscopic Instrument) del Kitt Peak National Observatory in Arizona. Si tratta di una galassia dieci volte più massiccia della Via Lattea.
Con l’Osservatorio W.M. Keck alle Hawaii, i ricercatori hanno determinato che si trova a 7.5 miliardi di anni luce dalla Terra. E scoperto che è alimentato da un buco nero supermassiccio che si trova in una fase chiamata “modalità radiativa”, piuttosto che in “modalità getto”. In questo stato, il buco nero emette principalmente energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche, piuttosto che produrre i potenti getti di particelle tipici di altri buchi neri attivi.
Tuttavia, nonostante sia in modalità radiativa, il buco nero associato a Porfirione riesce comunque a generare getti particolarmente potenti, una scoperta che ha sorpreso i ricercatori. Fino a questo punto, si pensava che getti così forti potessero essere prodotti solo da buchi neri in modalità getto. Questo risultato apre nuove possibilità, suggerendo che nell’universo primordiale, dove i buchi neri in modalità radiativa erano più comuni, potrebbero esistere molti altri esempi di getti potenti ancora non scoperti.
Molti dubbi restano
La capacità dei getti relativistici di estendersi ben oltre i confini delle loro galassie ospitanti senza perdere stabilità rimane un mistero. Una spiegazione plausibile è che il buco nero supermassiccio al centro della galassia stia attraversando una fase di accrescimento particolarmente lunga e stabile, permettendogli di rimanere attivo per circa un miliardo di anni. Questo consentirebbe ai getti di mantenere la loro direzione per un tempo sufficiente a propagarsi a grandi distanze.
Negli ultimi anni, le osservazioni a bassa frequenza hanno portato a notevoli progressi nella comprensione della fisica dei buchi neri supermassicci e del loro impatto sulle galassie. Grazie a tecnologie più avanzate, è stato possibile elaborare con precisione questi dati complessi, permettendo la scoperta di nuovi fenomeni legati a questi giganti cosmici.
Ora, i ricercatori mirano a esplorare in modo più approfondito come questi getti influenzino il loro ambiente, diffondendo raggi cosmici, calore, e materiali come atomi pesanti e campi magnetici nello spazio intergalattico. Comprendere i meccanismi alla base della propagazione di questi campi magnetici sarà fondamentale per chiarire il loro ruolo nella struttura cosmica su larga scala. E il loro possibile impatto su fenomeni cruciali come la formazione di condizioni favorevoli alla vita, analoghe a quelle presenti sulla Terra.
L’abstract dello studio, pubblicato su Nature, è reperibile qui.
Da oltre due anni, qui pubblichiamo articoli di informazione e approfondimento per il settore spaziale, mentre sui social raccontiamo e commentiamo l’esplorazione dello spazio e seguiamo insieme in live i principali eventi. Ma facciamo anche molto altro. Puoi supportare la nostra attività di giornalismo e divulgazione entrando in Astrospace ORBIT, dove avrai accesso a tutti i vantaggi esclusivi della community di Astrospace.