Sono stati resi noti i risultati delle analisi su ciò che resta del più antico cratere da impatto conosciuto al mondo. Si tratta di un cratere dovuto alla caduta di un meteorite 2.29 miliardi di anni fa e si trova a Yarrabubba, nell’Australia occidentale.
I ricercatori hanno trovato prove che nelle fratture della roccia originatesi dopo l’impatto scorreva acqua calda. Probabilmente, l’energia liberata durante l’urto ha sciolto il ghiaccio presente in superficie. In quel periodo infatti, gran parte del pianeta era coperto da una spessa coltre ghiacciata.
L’acqua calda presente nel suolo potrebbe aver creato una zona adatta alla formazione delle prime forme di vita. Questo studio ha implicazioni anche per la comprensione di come si sono formati e di come sono distribuiti i depositi di minerali metallici nella crosta terrestre.
I meteoriti sono protagonisti nella storia della terra
L’impatto di un meteorite può essere un evento cataclismico nella storia di un pianeta. Tuttavia, queste collisioni sono state la chiave per l’origine della vita sulla Terra, e si pensa siano responsabili di aver portato sul pianeta alcuni minerali molto metallici.
In tutto il pianeta sono stati documentati circa 200 siti di impatto di grandi meteoriti. Il più antico di questi si trova a Yarrabubba dove, più di due miliardi di anni fa, una roccia spaziale si schiantò contro la crosta continentale. Lo strato superficiale di crosta, formatosi circa 2,65 miliardi di anni fa, è stato intensamente modificato dall’impatto.
Il risultato di questa collisione fu un cratere con un diametro stimato di circa 70 chilometri, che oggi appare completamente eroso fino ad essere irriconoscibile. L’energia liberata durante l’impatto ha fuso intere porzioni della crosta circostante, composta principalmente di granito.
In questa nuova ricerca, gli scienziati hanno osservato da vicino come l’impatto di questo meteorite abbia modificato la chimica della crosta. Gli effetti degli impatti meteorici non vengono spesso analizzati sotto tutti i punti di vista, però si possono rivelare importanti per comprendere l’intera gamma delle conseguenze.
Gli indizi nascosti nelle rocce
I geologi studiano i minerali intrappolati nelle rocce per indagare su ciò che accade all’interno della Terra, più o meno allo stesso modo in cui gli investigatori studiano gli indizi su una scena del crimine per determinarne il colpevole.
Un tipo di indizio a cui i geologi sono particolarmente interessati sono gli isotopi. Isotopo è un atomo di un qualunque elemento chimico che mantiene lo stesso numero atomico, ma ha differente massa atomica. In poche parole, si tratta di atomi di uno stesso elemento con diverso numero di neutroni.
Diversi isotopi di un elemento si comportano tutti allo stesso modo nelle reazioni chimiche. Alcuni isotopi, però, sono instabili, e nel tempo decadono radioattivamente in diversi elementi.
Proprio grazie al decadimento radioattivo, possiamo determinare l’età del cratere Yarrabubba e delle rocce circostanti. Conoscendo la velocità di decadimento radioattivo dell’uranio, e sapendo che decade in piombo, è possibile misurare il rapporto tra questi due elementi per scoprire l’età con precisione.
In alcuni minerali, questi rapporti rimangono fissi nel tempo e non cambiano. Le firme isotopiche diventano quindi un potente strumento per tracciare la provenienza dei minerali.
L’acqua calda ha giocato un ruolo fondamentale
Gli scienziati hanno analizzato gli isotopi del piombo nei minerali della crosta che circonda il cratere di Yarrabubba. In particolare, sono stati esaminati i cristalli di feldspato, poiché questi contengono piombo ma non uranio. Fatto importante, perché gli isotopi di piombo intrappolati all’interno di questo minerale riflettono la composizione del liquido in cui i cristalli di minerale sono cresciuti.
È stata trovata un’ampia gamma di composizioni isotopiche del piombo, oltre a diversi minerali contenenti uranio che si sono depositati all’interno delle fratture.
L’unica spiegazione plausibile per queste tracce è che l’impatto deve aver generato una rete di acqua calda sotterranea che si è infiltrata nelle zone danneggiate. L’acqua potrebbe provenire dallo scioglimento della calotta glaciale che copriva la zona di impatto.
Il contributo dei meteoriti nella formazione dei depositi minerali
L’esistenza di acqua riscaldata prodotta a seguito di un impatto è una scoperta importante sotto molti punti di vista. In primo luogo, i sistemi di questo tipo potrebbero aver contribuito alla formazione delle prime forme di vita. Infatti, sulla Terra primordiale gli impatti con grandi meteoriti erano molto più frequenti.
In qualche modo, questi eventi violenti avrebbero ostacolato l’evoluzione della vita complessa a favore di quella microbica. I ricercatori hanno evidenziato come le comunità microbiche possano fiorire dove calore, acqua e sostanze nutritive si uniscono alla roccia polverizzata, ovvero le condizioni che si trovano dopo la caduta di un grosso meteorite. Alcuni esperti hanno persino suggerito che gli impatti sono una componente fondamentale e necessaria per creare un pianeta abitabile.
In secondo luogo, vedere come l’acqua calda generata dall’impatto è capace di trasportare i metalli, può aiutarci a capire come vengono creati i depositi di minerali.
Tuttavia, i siti di impatto contengono spesso concentrazioni di metalli maggiori rispetto al meteorite stesso. I depositi minerali si formano tipicamente quando i metalli possono essere spostati dai fluidi all’interno di una struttura geologica, ad esempio una frattura all’interno di una roccia.
Ormai è chiaro agli scienziati come gli impatti di meteoriti possano modificare la composizione chimica di una zona. Se sono presenti minerali nelle rocce bersaglio, l’acqua calda generata dalla collisione può trasportarli. Questi verranno poi depositati nelle fessure create dall’impatto, originando così dei depositi minerali.
La ricerca, pubblicata su Earth and Planetary Science Letters, è reperibile qui.
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