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| On 1 anno ago

Una nuova strategia di gestione dell’energia prolunga ancora la vita scientifica di Voyager 2

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Con una nuova strategia di gestione dell’energia elettrica a bordo della sonda Voyager 2, la NASA è riuscita a rimandare fino al 2026 lo spegnimento di un altro strumento scientifico, precedentemente previsto per quest’anno. La Voyager 2 si trova attualmente a 19 miliardi e 896 milioni di km, mentre la Voyager 1 a quasi 24 miliardi di km.

Queste due sonde sono alimentate da degli RTG (Radioisotope Thermoelectric Generators) che producono energia elettrica dal decadimento di un radioisotopo del Plutonio (Plutonio-238). Con il continuo decadimento però, più il tempo passa meno energia viene prodotta. La NASA ha affrontato questo problema continuando a spegnere sistemi secondari, strumenti scientifici, sistemi di riscaldamento delle sonde e mantenendo al minimo le comunicazioni, in modo da usare sempre meno energia. 

A bordo delle sonde era inoltre presente un sistema di sicurezza che forniva dell’energia elettrica aggiuntiva in caso di cali di tensione, una sorta di generatore di emergenza. Con delle nuove analisi alla NASA hanno deciso di correre il rischio di eliminare questo sistema di sicurezza, ottenendo quell’energia di riserva per prolungare la vita operativa di uno degli strumenti della sonda fino al 2026.


Il rischio è presente, ma comandando la sonda da Terra e conoscendola ormai perfettamente dopo oltre 40 anni di operatività, in caso di salti di tensione si potrà intervenire in altro modo. Inoltre, man mano che la sonda si allontana dal Sistema Solare il valore dei dati ottenuti cresce sempre di più, e mantenere accesi degli strumenti per altri 3 anni diventa una risorsa fondamentale.

Gli strumenti scientifici delle Voyager

La sonda si trova all’esterno del Sistema Solare, unico oggetto artificiale ad aver superato l’eliosfera insieme alla gemella Voyager 1 e a mantenere i contatti con la Terra. Le due missioni, lanciate nel 1977, furono equipaggiate con gli stessi strumenti ed esperimenti scientifici. Le osservazioni che avrebbero dovuto effettuare erano esattamente le stesse, oltre che per il fatto che avere due sonde identiche consentì di limitare non di poco le spese di quella che già era una missione estremamente costosa.

Un altro motivo per la ridondanza della strumentazione era che la seconda sonda avrebbe dovuto operare come backup della prima in caso di problemi durante il lancio o la prima parte della missione. Gli strumenti scientifici a bordo erano 10, di cui una buona parte dedicata allo studio delle atmosfere e delle superfici planetarie come ad esempio le due camere, i due spettrometri, e il Photopolarimeter System (che risultò non funzionare su Voyager 1).

Lo status attuale degli strumenti a bordo delle due sonde Voyager.

Altri strumenti erano dedicati invece allo studio dello “Space Weather”, il meteo spaziale. Si occupavano cioè di registrare la quantità di radiazioni e di particelle cariche presenti nelle diverse regioni del sistema solare. Adibiti a questo scopo erano ad esempio il Plasma Spectrometer, il Low Energy Charged Particles e il Cosmic Rays System.

Questi si rivelarono di fondamentale importanza quando le due sonde abbandonarono l’Eliopausa per entrare nello spazio interstellare (rispettivamente nel 2012 e nel 2018). In questa regione, infatti, gli esperimenti scientifici responsabili della raccolta dati sullo Space Weather diedero la possibilità di studiare per la prima volta le caratteristiche dello spazio all’esterno del Sistema Solare.

Nelle prossime settimane la NASA monitorerà la situazione di questa nuova strategia di gestione dell’energia elettrica a bordo della Voyager 2, e se tutto andrà bene, si potrà estendere anche alla sonda Voyager 1. Quest’ultima, dato che funziona da quattro decenni con uno strumento in meno, dispone di leggermente più energia della gemella. Lo spegnimento di un altro strumento della Voyager 1 è previsto per il 2024.

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