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10 anni di esplorazione! Curiosity supera il suo primo decennio su Marte

Andrea Novelli di Andrea Novelli
Agosto 6, 2022
in Agenzie Spaziali, Esplorazione spaziale, NASA, News, Sistema solare
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Poco a sud dell’equatore di Marte, c’è un cratere largo 150 km che abbiamo battezzato Gale. Si stima sia un cratere da impatto, formatosi tra i 3.5 e i 3.8 miliardi di anni fa, poi ricoperto da sedimenti successivamente erosi dal vento marziano. Secondo le nostre attuali conoscenze, quel luogo ha visto la sola presenza degli eventi atmosferici marziani per migliaia di milioni di anni, fino al 6 agosto 2012. Quel giorno, una tonnellata di metallo è scesa dal cielo per posarsi delicatamente sulla superficie rossastra del cratere. Si trattava del rover Curiosity.

Curiosity è una cosiddetta Flagship, ovvero fa parte di quella ristretta cerchia che comprende le missioni più costose, ambiziose e strategiche della NASA. Per dare il giusto peso a questa definizione, alla stessa famiglia appartengono anche il James Webb Space Telescope, la sonda Cassini e il rover Perseverance.

La missione è stata concepita nel 2003 con il nome di Mars Science Laboratory, quando è apparsa nello United States National Research Council Decadal Survey. Questo è un documento tramite il quale il National Research Council degli Stati Uniti suggerisce dove dovrebbero concentrarsi gli sforzi di esplorazione oltre l’orbita terrestre nei dieci anni successivi.

Detto, fatto. Entro la fine del 2004, la NASA aveva già a disposizione otto diverse proposte per costruire, lanciare e operare il Mars Science Laboratory. Il lancio sarebbe avvenuto sette anni dopo, il 26 novembre 2011, da Cape Canaveral.

L’Atlas V lancia Curiosity verso il Pianeta Rosso.

Le scoperte scientifiche

Nei suoi oltre 3500 giorni passati sulla superficie marziana, attraverso i suoi tredici strumenti scientifici (camere comprese), Curiosity ha prodotto una immane quantità di scienza. Quali sono gli obiettivi primari per i quali il rover è stato mandato su Marte? In estrema sintesi:

  • Studiare il clima e l’evoluzione dell’atmosfera marziana, in particolare dei cicli dell’acqua e dell’anidride carbonica
  • Investigare la composizione chimica, isotopica e mineralogica del Pianeta Rosso
  • Valutare se il cratere Gale abbia mai offerto le condizioni necessarie allo sviluppo della vita microbica come la intendiamo noi

Riportare tutte le scoperte scientifiche derivanti dai dati di Curiosity sarebbe impossibile, per cui limitiamoci alle più importanti. Innanzitutto, il Mars Science Laboratory ha provato che il cratere Gale ha ospitato acqua liquida e che al suo interno vi erano i blocchi organici necessari a far evolvere e supportare una eventuale vita microbica, della quale però non sono mai state trovate evidenze.

A proposito dell’atmosfera marziana, è anche merito del rover Curiosity se oggi sappiamo che essa si è rarefatta nel corso di svariati miliardi di anni, a partire dai suoi strati più alti. Tale processo ha poi influenzato anche la presenza di acqua liquida sulla superficie del Pianeta Rosso.

Una delle scoperte più interessanti, però, riguarda la presenza di un ciclo stagionale del metano. Sebbene molti abbiano subito ricondotto la causa di tale fenomeno all’esistenza di vita microbica, la realtà è probabilmente molto meno poetica. Ci sono infatti altre possibili – e più plausibili – spiegazioni a questa variazione, tra cui l’interazione tra alcune rocce marziane ed il ghiaccio d’acqua presente nel sottosuolo.

Un piccolo passo per un rover…

Curiosity non è stato il primo rover ad essere mandato su Marte, e non è neppure il più longevo. Questo primato spetta a Opportunity con i suoi 5352 giorni marziani di operatività. Eppure, rappresenta ancora oggi una svolta fondamentale nell’esplorazione del Pianeta Rosso e del Sistema Solare in generale.

Con un peso di circa 900 kg e le dimensioni di una citycar, Curiosity sta resistendo al severo ambiente marziano anche meglio dei predecessori Spirit e Opportunity. Tutto ciò è sicuramente merito del generatore termoelettrico a radioisotopi RTG che fornisce potenza elettrica ai sistemi a prescindere dall’esposizione alla luce solare.

Copie in scala 1:1 di Curiosity, Opportunity e Sojourner. Credits: NASA-JPL

Negli RTG, infatti, si sfrutta l’effetto Seebeck per convertire il calore generato dal decadimento di un isotopo radioattivo in energia elettrica.
Ciò permette al rover di operare anche in condizioni proibitive, ad esempio durante le lunghe tempeste di sabbia marziane, che sono risultate fatali per Opportunity.

Una gru dal cielo

Uno degli aspetti più rivoluzionari della missione Curiosity è stato senza dubbio il metodo utilizzato per depositare il rover sulla superficie marziana. Il rientro atmosferico su Marte è sempre stato e sempre sarà uno degli ostacoli più grandi all’esplorazione di questo pianeta, per via della sua atmosfera estremamente rarefatta, ma comunque presente.

Tale rarefazione si riflette sull’incapacità dell’atmosfera stessa di rallentare adeguatamente le masse in caduta libera, soprattutto se delle dimensioni di un laboratorio semovente. Se per Spirit e Opportunity, oltre allo scudo termico, erano stati sufficienti paracadute e airbag, per Curiosity è stato obbligatorio ricorrere a paracadute e retrorazzi.

Ma come si potevano preservare i delicati strumenti a bordo nel caso di atterraggio propulsivo fino al momento del touchdown? La soluzione è stata elaborata dal mitologico Jet Propulsion Laboratory e battezzata Skycrane.

Render dello skycrane che cala Curiosity sul suolo marziano.

Essa presenta numerosi vantaggi, al prezzo di una notevole (e dunque rischiosa) complessità. In estrema sintesi, il guscio contenente Curiosity ha rallentato tramite otto retrorazzi fino a stazionare in hovering a circa otto metri dal suolo marziano. Qui, un cavo ha calato il rover fino al contatto con la superficie, quando un sensore ha dato il segnale di distacco dallo skycrane, che si è poi allontanato per schiantarsi a distanza di sicurezza.

Il suo utilizzo ha permesso di migliorare notevolmente la precisione all’atterraggio, la cui ellisse d’incertezza si è ridotta a “soli” 20 x 7 kilometri. Per confronto, si pensi che Spirit e Opportunity hanno dovuto accontentarsi di un’ellisse di atterraggio di 150 x 20 kilometri. Questo incredibile passo in avanti l’ha reso possibile lo sviluppo di un sistema totalmente autonomo. Questo perché la distanza con la Terra impediva le manovre in tempo reale, in grado di operare solo grazie ai dati recepiti tramite una miriade di sensori.

Già nelle prime fasi del rientro atmosferico, quando il rover era ancora protetto dall’aeroshell, il sistema di controllo correggeva costantemente la traiettoria di discesa orientando adeguatamente il centro di gravità dell’intera capsula.

Questo metodo, già utilizzato durante i rientri delle missioni Apollo, non aveva ancora trovato applicazione in una missione interplanetaria. Esso sfrutta un disallineamento tra il centro di gravità della capsula e i suoi assi di simmetria. Ciò dà origine ad una forza che, opportunamente orientata tramite dei thruster, permette di minimizzare le deviazioni dalla traiettoria ottimale.

Un sistema del tutto simile è stato utilizzato nel 2021 anche per l’atterraggio del rover Perseverance. In quell’occasione, i passi in avanti nella tecnologia hanno permesso di ridurre ulteriormente le dimensioni dell’ellisse di atterraggio fino a 7.7 x 6.6 kilometri.

I problemi non mancano

Naturalmente, questi dieci anni sul Pianeta Rosso non sono stati privi d’inconvenienti. Il problema principale che affligge Curiosity è l’usura delle sei ruote di cui è dotato, che a fine febbraio 2022 avevano già percorso oltre 27 kilometri.

Lo stato di salute di una ruota di Curiosity, immortalata lo scorso 27 gennaio 2022.

Siamo ancora distanti dal record di 45 kilometri percorsi da Opportunity, eppure le ruote sembrano essere la minaccia principale alla prosecuzione a lungo termine delle attività di Curiosity.

Al momento è impossibile dire quanto Curiosity potrà ancora proseguire nelle sue attività. Ciò che è certo è che il suo contributo alla nostra conoscenza di Marte e dell’esplorazione planetaria ha già superato di molto anche le più rosee aspettative.

La NASA ha già adottato delle precauzioni per preservare le sue preziose ruote, nella speranza di ritardare quanto più possibile la data di dismissione di questo laboratorio semovente. Principalmente, esse prevedono una attenta valutazione del percorso quotidiano del rover al fine di evitare terreni particolarmente accidentati. Solo il tempo ci dirà quanto tempo resta a Curiosity da vivere, ma una cosa è certa: nonostante la differenza di età, il suo nome sarà per sempre legato a quello del cratere Gale.

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Tags: CuriositygaleMarterover

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