Fiumi, laghi, mari, una densa atmosfera. Titano, il satellite naturale di Saturno, sembrerebbe molto familiare ai nostri occhi terrestri. Tuttavia i materiali non sono affatto quelli che noi conosciamo sul nostro pianeta. A striare la superficie ghiacciata del satellite sono flussi di metano liquido, mentre i venti di azoto creano dune di sabbia di idrocarburi. Questi materiali hanno proprietà meccaniche molto diverse da quelle delle sostanze a base di silicato, che costituiscono altri corpi sedimentari conosciuti nel nostro Sistema Solare. La loro presenza rende perciò misteriosa, per noi, la formazione del paesaggio di Titano.
Il geologo Mathieu Lapôtre della Standford University e i suoi colleghi hanno però recentemente fatto un passo avanti. Hanno identificato un processo che consentirebbe a sostanze a base di idrocarburi di formare granelli di sabbia o substrato roccioso, a seconda della frequenza con cui soffiano i venti e scorrono i corsi d'”acqua”. In questo modo, i ricercatori hanno mostrato come potrebbero essersi formate le dune, le pianure e le altre modellazioni del paesaggio di Titano.
Titano: l’unico con un ciclo stagionale come la Terra
La luna Titano è un obiettivo per l’esplorazione spaziale a causa della sua potenziale abitabilità. Infatti è l’unico altro corpo nel nostro Sistema Solare noto per avere oggi un ciclo di trasporto di liquidi stagionale simile alla Terra. Lo studio di Lapôtre e colleghi mostra come tale ciclo stagionale possa guidare il movimento dei grani sulla superficie di Titano. Il ricercatore afferma:
Il nostro modello ci consente di capire come tutti gli ambienti sedimentari lavorino insieme. Se comprendiamo come i diversi pezzi del puzzle si incastrano e come funziona la loro meccanica, allora possiamo iniziare a usare le morfologie create da quei processi sedimentari per dire qualcosa sul clima o sulla storia geologica di Titano. E su come questi potrebbero avere un impatto sulla prospettiva per la vita su Titano.
Composti organici solidi
Per costruire un modello in grado di simulare la formazione dei paesaggi di Titano, Lapôtre e i suoi colleghi hanno dovuto rispondere a una domanda fondamentale. Come possono i suoi composti organici di base, che si pensa siano molto più fragili dei grani di silicato inorganico sulla Terra, trasformarsi in grani piuttosto che consumarsi e soffiare via come polvere?
- Sulla Terra, le rocce e i minerali di silicato sulla superficie si erodono in granelli di sedimenti nel tempo, muovendosi attraverso i venti e i corsi d’acqua per essere depositati in strati di sedimenti. Questi, alla fine, con l’aiuto della pressione, delle acque sotterranee e talvolta del calore, si trasformano di nuovo in rocce. Le rocce vanno incontro a erosione, così i materiali vengono riciclati attraverso gli strati della Terra nel corso del tempo geologico.
- Su Titano, i ricercatori pensano che processi simili abbiano formato le dune, le pianure e le altre conformazioni geologiche viste dallo spazio. Ma a differenza di Terra, Marte e Venere, i sedimenti di Titano sarebbero costituiti da composti organici solidi.
Gli scienziati, infatti, non erano mai stati in grado di dimostrare come questi composti organici potessero crescere in grani trasportabili e depositatisi a formare i paesaggi di Titano nel corso del tempo geologico. “Quello che mancava era il meccanismo di crescita che potesse consentire ai granelli di sabbia di mantenere una dimensione stabile nel tempo” ha detto Lapôtre.
Su Titano l’analogo alieno agli ooidi sulla Terra
Per trovare una risposta, il team di Lapôtre ha osservato i sedimenti sulla Terra chiamati ooidi. Si tratta di piccoli grani sferici che si trovano più spesso nei mari tropicali poco profondi, come intorno alle Bahamas. Si formano quando il carbonato di calcio viene estratto dalla colonna d’acqua e si attacca a strati attorno a un grano, come il quarzo.
Ciò che rende gli ooidi unici è la formazione attraverso la precipitazione chimica, che consente agli ooidi di crescere. Invece il processo simultaneo di erosione rallenta la crescita, perché i grani vengono schiacciati l’uno nell’altro da onde e tempeste. Questi due meccanismi in competizione si bilanciano a vicenda nel tempo per formare una dimensione del grano costante. Un processo che i ricercatori suggeriscono potrebbe verificarsi anche su Titano.
“Abbiamo ipotizzato che la sinterizzazione, che coinvolge i grani vicini che si fondono insieme in un unico pezzo, potrebbe controbilanciare abrasione quando i venti trasportano i grani” spiega Lapôtre.
Geofisica di Titano grazie ai dati di Cassini
Lapôtre e colleghi hanno utilizzato i dati della missione Cassini sul clima di Titano e sulla direzione del trasporto di sedimenti guidato dal vento. Analizzandoli, hanno potuto spiegare le sue distinte fasce parallele di formazioni geologiche: dune vicino all’equatore, pianure a metà latitudini e dirupi vicino ai poli.
I dati di Cassini e il modello derivato, infatti, rivelano che i venti sono molto comuni vicino all’equatore. Ciò supporta l’idea che lì si potrebbero creare granelli di sabbia più fini, che si depositerebbero a formare dune. Successivamente cambierebbe il trasporto di sedimenti alle medie latitudini su entrambi i lati dell’equatore. Qui i grani formatisi sono sempre più grossolani, andando a costituire il substrato roccioso delle pianure di Titano.
Infine, i dirupi in prossimità dei poli potrebbero essersi formati come i carsici calcarei sulla Terra, ma su Titano sarebbero costituiti da arenarie organiche disciolte. Il flusso dei fiumi e i temporali, che si verificano molto più frequentemente vicino ai poli, rendendo poi i sedimenti più facilmente trasportabili dai fiumi. Tale processo potrebbe quindi fornire localmente granelli di sabbia più grossolana, la fonte delle arenarie che si pensa costituiscano i dirupi di Titano.
Un ciclo sedimentario attivo, come sulla Terra e su Marte
Come è possibile vedere nello schema di riepilogo nell’immagine seguente, costruito da Lapôtre e colleghi, una combinazione di abrasione dei grani di sedimento durante il trasporto e sinterizzazione a riposo produce una fornitura di sedimenti organici di dimensioni differenti.
In questo scenario, il trasporto dei fiumi sarebbe più frequente vicino ai poli, quello dei venti vicino all’equatore, come detto in precedenza. Entrambi concorrono a un vero e proprio ciclo sedimentario particolarmente attivo. Straordinariamente analogo a quello presente sulla Terra e a quello che si pensa ci sia stato in passato su Marte. “Questo ciclo può spiegare la distribuzione latitudinale dei paesaggi attraverso l’abrasione episodica e la sinterizzazione guidata dalle stagioni di Titano” spiega Lapôtre. “È piuttosto affascinante pensare a come ci sia questo mondo alternativo così lontano là fuori, dove le cose sono così diverse, eppure così simili”.
Lo studio completo, pubblicato su Geophysical Research Letters, è disponibile qui.
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