Il rover Perseverance ha confermato per la prima volta l’origine del substrato roccioso del cratere Jezero. Il rover della NASA, che sta ancora esplorando questo enorme cratere, ha finalmente risolto uno dei dubbi più grandi riguardanti questa area. Da tempo infatti gli scienziati e i geologi si chiedevano se le rocce di questa zona fossero di origine sedimentaria, cioè create dall’accumularsi di diversi detriti e polveri nel tempo, o di origine vulcanica. Quest’ultima è stata la risposta ottenuta dal rover dopo aver analizzato una roccia, soprannominata Brac.
La roccia in questione è stata analizzata con lo strumento PIXL (Planetary Instrument for X-ray Lithochemistry) dopo essere scelta per prelevarne un campione da conservare nel rover stesso. Prima il rover l’ha abrasa col trapano posto sul suo braccio e poi analizzata con lo strumento PIXL. Questo utilizza una fluorescenza a raggi X per studiare la composizione della roccia. Questa operazione è stata eseguita il 12 novembre e con i dati ottenuti è stata realizzata la scoperta presentata all’American Geophysical Union a New Orleans.
Una composizione molto chiara
I dati di Perseverance hanno mostrato come la roccia fosse composta da un’insolita abbondanza di cristalli di Olivina, avvolti da cristalli di Pirosseno. Questa particolare trama della roccia indica che questi cristalli si sono creati e poi raffreddati in un magma in fase di lento raffreddamento, come un fiume di lava o una camera magmatica. Non è ancora chiaro quale di queste due ipotesi sia quella più probabile. Questa stessa roccia è stata poi modificata più volte dai diversi flussi di acqua che hanno interessato il cratere Jazero.
Questa scoperta assegna ancora più importanza ai campioni di rocce prelevati da Perseverance. Finora ne sono stati raccolti sei dei 43 previsti. Quattro dei sei, contengono rocce, uno contiene un campione di atmosfera e l’ultimo del materiale campione per controllare eventuali contaminazioni portate da Terra. Questi 43 tubi ermetici saranno lasciati sul terreno marziano una volta completata la campagna di raccolta. Verranno poi recuperati da un secondo rover e riportati a Terra entro la fine del decennio durante la missione Mars Sample Return della NASA e dell’ESA.
Perseverance ha scoperto anche nuove molecole organiche
Ulteriori analisi sulle rocce della zona hanno inoltre rilevato nuove tracce di molecole organiche. Responsabile della scoperta è lo strumento SHERLOC (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals), anch’esso situato sul braccio del rover insieme a PIXL. SHERLOC ha scoperto che molecole organiche, contenenti carbonio, si trovano non solo all’interno della roccia, ma anche nella polvere che circonda la roccia stessa. Aver trovato molecole organiche non significa però aver trovato tracce di vita passata, le cosidette biofirme. Esistono infatti diversi processi non legati alla vita che possono orginare queste molecole. Luther Beegle, ricercatore principale di SHERLOC presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA ha così spiegato questo aspetto.
Anche il rover Curiosity ha scoperto sostanze organiche nel suo sito di atterraggio all’interno del cratere Gale. Ciò che SHERLOC aggiunge alla storia è la sua capacità di mappare la distribuzione spaziale delle sostanze organiche all’interno delle rocce e mettere in relazione queste sostanze organiche con i minerali trovati lì. Questo ci aiuta a capire l’ambiente in cui si sono formate le sostanze organiche. Sono però necessarie ulteriori analisi per determinare il metodo di produzione delle sostanze organiche identificate.
Questa scoperta è però importante perché conferma che le molecole organiche si possono preservare all’interno delle rocce. Potrebbero quindi essersi conservate anche quelle molecole organiche che si sono originate da processi biologici. Per capire la differenza bisognerà però aspettare di analizzare i campioni prelevati da Perseverance una volta riportati a Terra.
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