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AstroSpace

Che fine hanno fatto i motori BE-4 di Blue Origin?

Stefano Piccin by Stefano Piccin
Agosto 6, 2021
in Approfondimento, Blue Origin, News, Space economy
Che fine hanno fatto i motori BE-4 di Blue Origin?
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Blue Origin, l’azienda spaziale di Jeff Bezos è attualmente impegnata in molteplici progetti, e quasi tutti sono in ritardo cronico e affrontano difficoltà critiche. Uno di questi progetti, e forse il più importante è la costruzione dei motori BE-4. Sono dei motori alimentati da ossigeno liquido e metano liquido, in grado di sviluppare 2.4 MN di spinta a livello del mare (su questo valore ci sono grandi incertezze). Questi motori sono importanti perchè spingeranno anche il primo stadio del nuovo razzo di ULA, il Vulcan, oltre al New Glenn di Blue Origin, e la loro produzione è in ritardo di circa 4 anni. In un recente articolo, il giornalista Eric Berger ha raccolto molteplici dettagli pervenuti da dipendenti e da fonti da lui ritenute affidabili proprio sullo stato dei lavori di questi motori.

L’importanza dei BE4

Nel 2014 ULA ha firmato un accordo con Blue Origin per l’acquisto dei motori BE-4 per il loro nuovo vettore Vulcan. Fu una vera e propria scommessa da parte di ULA, che si era ritrovata nella situazione di dover cambiare completamente i fornitori dei propri motori. Nel razzo Atlas V, i motori primari utilizzati sono infatti di provenienza russa (gli RD-180), e per il congresso americano questa cosa non è più ammissibile. ULA è infatti uno dei fornitori primari (assieme a SpaceX) di servizi di lancio per l’Air Force americana e la Space Force. Per lo stesso motivo questi enti impongono pressioni anche a  Blue Origin per i ritardi nella produzioni dei motori e allo stesso tempo ne sono una causa, dato che impongono prestazioni e parametri di sicurezza particolarmente alti.

Quando ULA scelse i BE-4, Blue Origin promise una consegna per il 2017. Questo ritardo, negli anni è diventato sempre di più motivo di attrito fra ULA e l’azienda di Bezos. Un momento di rottura è avvenuto ad esempio proprio nel 2017, quando il nuovo CEO di Blue Origin, Bob Smith, chiese un aumento di prezzo per la loro fornitura dei motori, dovuta a costi di sviluppo sempre maggiori. Una richiesta non troppo simpatica dal punto di vista di ULA.

A tutto questo si aggiunge il fatto che i motori BE-4 serviranno per spingere nello spazio il primo stadio del New Glenn. Anche questo vettore è in cronico ritardo, con un primo volo previsto per il 2022. Il New Glenn userà 7 motori di questo tipo nel suo primo stadio, e sono tanti. Oltre a dover concludere la progettazione dei motori, Blue Origin dovrà infatti aumentare la produzione. Secondo le fonti di Berger, nel 2022 riusciranno a produrre  almeno 10 motori, un numero che aumenterà nel 2023. Dovendone fornire almeno 4 a ULA, ne rimarrebbero pochi anche solo per un New Glenn.

Il motore BE-4 di Blue Origin. Credits: Blue Origin.
Il motore BE-4 di Blue Origin. Credits: Blue Origin.

Le ragioni del ritardo

Secondo le fonti raggiunte da Eric Berger, le ragioni per il ritardo nella produzione dei motori BE-4 sono sostanzialmente quattro: problemi organizzativi, problemi tecnici, problemi di fornitura e problemi legati al Covid-19. Innanzitutto, quando alla fine del 2017 arrivò Bob Smith, si concentrò maggiormente in altri programmi, trascurando leggermente la produzione dei motori. Questa situazione sembra essere cambiata a partire dal 2019, quando è arrivato il nuovo Senior Vice President of Engine John Vilja. Al suo arrivo, Vilja ha per prima cosa capito subito l’importanza di una progettazione con hardware sovradimensionato.

Questo ero uno dei problemi di fornitura del progetto, e sostanzialmente vuol dire lavorare con più hardware di quello che serve. Un esempio pratico è ad esempio ordinare 10 pezzi da un fornitore, mentre nel servono solo 2. In questo modo si avranno già pezzi di rifornimento o pezzi di ricambio nel caso si cambi qualche dettaglio durante il progetto. Un altro esempio, ancora più emblematico, è il progetto Starship di SpaceX. A Starbase, si è sempre lavorato in parallelo su più prototipi, anche con il rischio di dover letteralmente buttarli via se test su quelli precedenti li rendessero inutili.

Un altro esempio è come SpaceX abbia prodotto i suoi Raptor, continuando a sfornare prototipi di motori ed effettuando test in parallelo alla catena di montaggio. E’ un approccio che aumenta decisamente i costi di sviluppo, ma permette di procedere più velocemente. Come detto, sembra che le scelte correttive di John Vilja stiano iniziando solo ora a dare i loro frutti.

SpaceX Raptor Merlin BE-4
Confronto fra le dimensioni del motore Raptor, il BE-4 e il motore Merlin montato sui Falcon 9. E’ bene notare che per questi motori le dimensioni non sono sinonimo per forza di maggiori prestazioni.

Problemi tecnici

Un altro momento critico per Blue Origin si è verificato nel 2019, quando sono stati costretti a ridisegnare quasi completamente le turbopompe dei motori BE-4. Queste operazioni hanno coperto gran parte dell’anno, e i test per verificare le correzioni sono stati eseguiti nel 2020. A questo si sono aggiunte le problematiche nel risolvere il problema dell’instabilità di combustione. Questo è un aspetto critico di tutti i motori a razzo, un fenomeno fisico che consiste nella propagazione di perturbazioni a partire da una zona specifica. In questo caso comportava cambi rapidi pressione nella camera di combustione durante dell’accensione del propellente. La propagazione di questa instabilità potrebbe comportare la distruzione dell’intero motore nella peggiore delle ipotesi.

Questi problemi, come detto all’inizio, sono particolarmente impegnativi da risolvere, in quanto per i motori BE-4 sono richiesti da ULA e dall’esercito americano parametri di sicurezza piuttosto elevati.

Le prospettive per il futuro

Sia le poche, pochissime comunicazioni ufficiali, sia le fonti di Berger, affermano che Blue Origin è ancora sulla strada per consegnare i primi due motori BE-4 a ULA entro la fine dell’anno. Questo vettore utilizza solo due motori nel primo stadio e il suo primo lancio è attualmente previsto per inizio del 2022. Sarà diretto verso la Luna con a bordo il lander Peregrine.

Attualmente il piano di Blue Origin prevede di testare altri due prototipi del motore nella struttura vicino a Van Horn, in Texas, a partire da questo autunno. Dopo questi test, un motore completamente assemblato verrà sottoposto ad altri test, di breve durata, e poi spedito a ULA. Un motore praticamente identico sarà invece sottoposto ad una serie di test più approfonditi, noti come Test di qualificazione. Lo stesso procedimento verrà eseguito con un secondo motore.

Vulcan
Uno spaccato del vettore Vulcan di ULA.

ULA riceverà quindi dei motori che non sono stati sottoposti al Test di qualificazione, ma che invece è stato eseguito su dei motori formalmente uguali. Questo è un approccio particolare, molto simile a quello di SpaceX, che esegue dei test e voli con hardware ancora da testare, perchè alla fine ogni volo e ogni assemblaggio è anch’esso un test. Un approccio rischioso, orientato al successo, ma che potrebbe ritorcersi contro Blue Origin.

Una volta che ULA riceverà i due motori BE-4, dovrà montarli sul primo Vulcan e portarlo alla rampa di lancio. Una volta qui verranno eseguiti molti test, che si concluderanno con uno static fire, un’accensione dei motori senza che il razzo di alzi dalla rampa. Se questi test avranno successo, il Vulcan verrà poi riportato al sito di integrazione per essere preparato al lancio vero e proprio. Una volta ricevuti i motori, ci vorranno quindi un altro po’ di settimane prima di vedere il lancio.

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Tags: BE-4Blue OriginULA

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