La NASA riuscirà davvero a far tornare l’uomo sulla Luna nel 2024 o è necessario rivedere i piani? L’obiettivo di Artemis III era, infatti, il 2024, data stabilita per rientrare all’interno di un secondo mandato di Trump ed è ancora l’obbiettivo ufficiale con Biden alla Presidenza degli Stati Uniti. Nonostante per ora non abbiano subito alcuna modifica, è però lecito domandarsi se i piani possano effettivamente essere rispettati. I ritardi tecnici e i pochi finanziamenti ai mezzi necessari per le missioni Artemis, lasciano intendere già ora che il primo allunnaggio potrebbe avvenire nel 2025 o 2026. Ma c’è un nuovo studio che potrebbe “costringere” la NASA a confermare o addirittura ampliare questo slittamento, per motivi esterni e impossibili da controllare.
Aut Aut
La meteorologia spaziale, nell’ambito delle missioni Artemis con equipaggio umano, gioca fin da ora un ruolo fondamentale. Nella pianificazione della missione Artemis III del 2024, infatti, è necessario mettere in cima alla lista delle cose da controllare, le condizioni meteorologiche spaziali. Questo in modo da sfruttare una finestra favorevole o rimandare per condizioni avverse. Una sorta di aut aut al quale non si può assolutamente sfuggire!
Nella fattispecie, il 2024 potrebbe effettivamente essere un’opzione sicura. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Solar Physics” suggerisce che vi è un maggiore rischio di eventi meteorologici spaziali avversi nella seconda metà del decennio, in particolare di tempeste di radiazioni. Ciò rappresenterebbe un incentivo a non considerare alcuna missione con equipaggio umano sulla Luna tra il 2026 ed il 2029, se non con particolari accorgimenti. Pertanto, se la NASA è realmente intenzionata a tornare sulla Luna mantenendo al sicuro gli astronauti, potrebbe essere prudente accelelare gli sforzi in vista del 2024 o aspettare la fine del decennio.
Dipendiamo, come sempre, dal Sole
Lo space weather potrebbe risultare fondamentale sia per gli astronauti in viaggio, sia per coloro i quali lavoreranno su un avamposto lunare sulla superficie. Può capitare, infatti, che la superficie del Sole espella massa coronale in un periodo in cui esso risulta più attivo. Quando sul Sole si verificano vere e proprie “esplosioni”, le particelle cariche del vento solare vengono lanciate ad altissima velocità nello spazio e investono Terra e Luna. Il campo magnetico terrestre ci protegge dalle particelle cariche, ma queste possono comunque causare danni imponenti alle attrezzature elettroniche. Non solo, possono danneggiare i satelliti che gestiscono i servizi GPS e di telecomunicazione.
Ancora, i sistemi di supporto vitale e di alimentazione dei mezzi sulla Luna potrebbero quindi spegnersi, e l’attività solare produrre livelli di radiazioni pericolosi per la vita degli astronauti. A testimoniare l’importanza della meteorologia spaziale, va sottolineato che molti eventi ora fondamentali, prima non venivano presi in considerazione. Ne è un esempio l’enorme evento meteorologico spaziale avvenuto tra Apollo 16 e 17 che sarebbe stato probabilmente fatale se gli astronauti si fossero trovati sulla Luna in quel momento.
Si può prevedere un evento catastrofico?
In che misura dipendiamo dal Sole nella pianificazione di missioni con equipaggio umano sulla Luna? Ogni 11 anni il campo magnetico del Sole si inverte con l’attività della stella che aumenta e diminuisce. Si potrebbe dunque pensare che sia più prudente lanciare durante un minimo solare (attivià molto bassa) ma non è necessariamente così scontato. Questo perchè i picchi bassi di attività solare solitamente si traducono in una maggiore esposizione ai raggi cosmici galattici (radiazione spaziale dall’esterno del Sistema solare). Inoltre, le tempeste solari estreme potenzialmente catastrofiche per le missioni sulla Luna si verificano in maniera casuale.
E’ il caso dell’evento di Carrington del 1859, la più violenta tempesta geomagnetica mai osservata. Essa generò aurore boreali visibili fino a Roma e Cuba oltre a mandare in tilt le linee telegrafiche. Ora come ora, un evento simile causerebbe black-out elettrici e manderebbe ko il 50% dei satelliti. Un evento di simile portata, paradossalmente, avvenne con un’attività solare apparentemente bassa. Viene da sè, dunque, che episodi di questo tipo siano difficilmente prevedibili e complessi da studiare.
Tra la vita e la morte
Nonostante le difficoltà evidenziate, gli scienziati sono comunque riusciti a sviluppare dei modelli di probabilità per le condizioni meteorologiche spaziali. Essi si basano su 150 anni di registrazioni di attività solari e sono in grado di simulare diverse frequenze di tempeste estreme. I risultati sanciscono che l’attività maggiore avviene durante un massimo solare e gli eventi gravi sono più probabili durante cicli solari più forti. Inoltre, eventi avversi tendono a verificarsi leggermente più tardi nei cicli dispari rispetto a quelli pari. Ci troviamo nel ciclo solare 25 dal dicembre 2019 e si prevede il massimo solare per il periodo 2023-2029. Trattandosi nella fattispecie di un ciclo definito particolare dagli scienziati, le probabilità di eventi avversi si intensificano nel periodo 2026-2029.
I migliori sistemi di allarme consentono un preavviso da poche ore a pochi giorni, troppo poco per evitare una catastrofe. Altrimenti, i pianificatori delle missioni, dovrebbero garantire un veicolo spaziale con un comparto hardware in grado di salvaguardare gli astronauti da un evento estremo. Di conseguenza, sembrerebbe più “facile” perfezionare un sistema di allerta ed allarme meteorologico spaziale. Se così fosse, si potrebbe innanzitutto osservare l’intero Sole 24 ore su 24, 7 giorni su 7; parallelamente, si potrebbe sviluppare un modulo di un veicolo spaziale o avamposto lunare specifici in grado di proteggere da eventi di simile misura. Sebbene questi possano essere rari, soluzioni simili potrebbero significare la differenza tra la vita e la morte in una missione sulla Luna.
Lo studio completo: Extreme Space-Weather Events and the Solar Cycle.
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