Il Programma Artemis è formalmente nato solo nel 2017, con la direttiva del Presidente Trump che imponeva alla NASA di condurre un programma di esplorazione innovativo e sostenibile. L’Agenzia Spaziale Americana pensò allora di chiamarlo Artemis, in nome di Artemide, la sorella gemella di Apollo e dea greca della Luna. Al contrario del programma lunare precedente, Artemis è contraddistinto da due aspetti principali: è internazionale ed è anche commerciale.
Con questo approfondimento dedicato alle prime tre missioni Artemis, su Astrospace.it trovate ora sei (+1) articoli dedicati ai programmi Artemis.
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Il logo delle nuove missioni Artemis è stato scelto dalla NASA per rappresentare tutte le missioni di questo programma. Ognuno dei lanci appartenente al programma avrà poi un’altra patch dedicata. In questo particolare logo sono contenuti 4 elementi: la Luna, la lettera A, la mezzaluna blu e il percorso rosso.
La mezzaluna blu rappresenta la nostra Terra, il punto di partenza ma anche quello di arrivo. Questo arto vuol indicare al pubblico che oltre alle missioni, ogni singolo sviluppo tecnico e scientifico tornerà sulla Terra. Allo stesso tempo l’arco blu rappresenta l’arco di Artemide che lancia verso la Luna tutte le missioni.
La punta della lettera A è posta oltre la Luna, in modo da comunicare che l’obiettivo finale del programma Artemis è andare oltre il nostro satellite, verso Marte. La lettera rappresenta anche la prima di Artemis e una idealistica fresca scoccata dall’arco di Artemide. La traiettoria rossa si muove da sinistra verso destra, in contrapposizione a quella posta nel logo delle missioni Apollo, che andava invece da destra verso sinistra. E’ stato scelto il colore rosso ancora una volta per rappresentare il futuro marziano dell’intero programma.
Artemis 1, formalmente chiamata Exploration Mission-1, rappresenta l’inizio ufficiale delle missione del programma. Attualmente (ottobre 2020) è prevista la sua partenza alla fine del 2021. Questa data potrebbe subire ancora dei ritardi, purtroppo dovuti all’emergenza da Covid-19 e ad eventuali problemi che verranno riscontrati alla fine del Green Run test dell’SLS, questo previsto per fine novembre 2020. Oltre a rappresentare l’inizio del programma, Artemis 1 sarà anche il primo volo sia per il vettore pesante Space Launch System della NASA, sia per la capsula Orion.
Proprio in virtù della necessità di testare ancora questi mezzi, a bordo di Artemis 1 non ci saranno astronauti. L’obiettivo è lanciare la capsula Orion in una traiettoria lunare, facendone poi due diverse orbite attorno al nostro satellite prima di ritornare a Terra. Durante la prima orbita, la Orion si avvicinerà alla superficie (punto 11), per perdere velocità ed eseguire un secondo sorvolo molto più alto. In questo secondo caso la capsula si allontanerà di oltre 60000 km dalla superficie lunare (punto 13).
Eseguito questo secondo sorvolo la capsula eseguirà una fionda gravitazionale per uscire dall’orbita lunare e tornare sulla Terra (punto 14 e 15). Uno degli obbiettivi primari della missione sarà sopravvivere alla fase di rientro (punti 18 e 19). La capsula Orion non è ancora mai stata testata per superare il rientro da un’orbita lunare. In questo caso la capsula avrà infatti un rientro in atmosfera con una velocità iniziale superiore ai 35000 km/h. In quest’occasione lo scudo termico della capsula raggiungerà temperature di circa 2700 C°. Durante il volo di Artemis 1, la Orion diventerà la capsula progettata per ospitare astronauti a spingersi più lontani dalla Terra. Per ora il record è ancora della missione Apollo 13.
Come detto poco sopra, la capsula Orion non ospiterà astronauti, di conseguenza sono stati rimossi i supporti vitali, i display, e la strumentazione di controllo. Al suo posto sono stati inseriti sensori e strumenti scientifici in grado di rilevare ogni singolo parametro all’interno della capsula, come livello di radiazioni, pressioni e temperature. A bordo ci saranno due manichini, sui quali sono posti dei sensori per controllare tutti i livelli di radiazioni che subiranno. Uno di questi sarà protetto con un nuovo giubbotto protettivo, il secondo non lo avrà. Assieme alla capsula Orion, partiranno verso la Luna 13 Cubesat, che rappresentano il Payload secondario.
La missione Artemis 2 sarà invece la prima con a bordo 4 astronauti. L’obiettivo è eseguire un sorvolo della Luna con un equipaggio a bordo. Ancora non si scenderà sulla superficie. Per la prima volta dopo più di 50 anni degli astronauti vedranno la Terra dall’orbita lunare. La capsula Orion eseguirà una singola orbita attorno alla Luna, arrivando a 7500 km sopra la superficie nel suo punto più vicino.
Il secondo stadio dell’SLS si accenderà per l’ultima volta proprio per staccare la capsula Orion dall’attrazione gravitazionale terrestre (punto 3), dopodiché si separerà dalla capsula. Qui inizierà uno dei primi esperimenti della missione. Subito dopo il distacco dal ICPS, gli astronauti prenderanno il controllo manuale della Orion e proveranno ad avvicinarsi e allontanarsi dal secondo modulo con i comandi della capsula. Avendo l’ICPS a pochi metri di distanza si avrà un confronto preciso per misurare la manovrabilità manuale della capsula nel vuoto.
Queste misurazioni saranno importantissime per confermare le capacità della Capsula di eseguire docking di precisione. Per Artemis 3 e tutte le missioni successive la Orion dovrà eseguire dei docking con il Gateway e con i lander che l’aspetteranno in orbita lunare. Il viaggio di Artemis 2 sarà anche usato per testare la tenuta dello Deep Space Network. Questa è la rete di antenne e ricevitori sparsi per tutto il mondo che ci permette di rimanere in contatto con le sonde che esplorano il sistema solare.
Nella prima parte del viaggio, la capsula Orion sarà ancora collegata a Terra con il sistema GPS e con il Tracking Data Relay Satellite System (TDRS). Una volta che la sua quota si sarà alzata solo il Deep Space Network riuscirà a tenere i contatti con i quattro astronauti. Questa sarà una prova importante, dato che le trasmissioni con una capsula con astronauti sono estremamente più complesse e pesanti di quelle di una sonda robotica.
Una volta eseguiti questi test la capsula Orion userà i suoi motori per immettersi in una traiettoria TLI (Translunar injection maneuver). Questa manovra è la meno dispendiosa in assoluto per il rientro dalla Luna, e prevede un singolo giro attorno al satellite prima di tornare sulla Terra. E’ grazie alla caratteristica dei campi gravitazionali combinati di Terra e Luna che è possibile questa manovra, che salvò letteralmente la vita all’equipaggio dell’Apollo 13.
Artemis 3 sarà il culmine di tutte le operazioni e i mezzi testati nelle prime due missioni. Per questa prima missione non verrà usato il Lunar Gateway, ma per tutte le successive gli astronauti potranno sostare a bordo di questa stazione prima di scendere sulla Luna. Per questo primo allunaggio i quattro astronauti che arriveranno nell’orbita lunare dovranno effettuare un docking con lander che poi li farà allunare.
Artemis 3 sarà la missione che porterà la prima donna e il prossimo uomo sulla superficie della Luna. Solo due dei quattro astronauti scenderanno infatti sulla Luna, mentre l’altra metà dell’equipaggio li aspetterà a bordo della capsula Orion in orbita. La missione sulla superficie durerà sei giorni e mezzo, e attualmente si pensa che possano essere fatte fino quattro attività extraveicolari. L’allunaggio avverrà in una zona vicina al Polo Sud lunare, il che dovrebbe permettere agli astronauti di effettuare i primi campionamenti di ghiaccio.
Ad aspettarli troveranno inoltre un rover non pressurizzato, che sarà in grado di garantire “escursioni” lontane da 5 a 15 km. L’obiettivo in questo caso è riuscire a raggiungere delle zone in ombra, per poter raccogliere campioni di rocce non colpiti dai raggi solari.
L’obiettivo dell’intero programma Artemis è quello di creare le infrastrutture e la tecnologia necessaria ad una permanenza prolungata sulla superficie. Le missioni Artemis dopo la 3 avranno quindi il compito di consolidare tutti gli elementi di base del programma. A partire dal 2025 inizierà l’espansione del Lunar Gateway, con l’arrivo dei moduli europei. Poi si dovrà confermare l’affidabilità dei lander del programma HLS, e stabilire la fattibilità che possano stazionare al Gateway prima di scendere sulla superficie.
Fatto questo la NASA e i partner internazionali avranno gli strumenti per iniziare la costruzione del Campo Base di Artemis. Questo sarà la stazione permanente sulla superficie, di cui oltre a questi generici obiettivi si sa ben poco.
L’altro grande progetto che vedrà la luce nelle prossime missioni Artemis è la costellazione di comunicazione satellitare lunare. Questa serie di satelliti, dal nome provvisorio di LunaNet. Questo servizio permetterà di dotare la Luna di un servizio di comunicazioni con la Terra e fra i vari mezzi sulla superficie e in orbita, oltre che in futuro anche di accesso alla rete internet. In questo modo i vari satelliti fungono da rete di ripetitori verso Terra. Recentemente (15 ottobre 2020) la NASA ha affidato un contratto da 14 milioni a Nokia, proprio per studiare questo tipo di tecnologie.
Anche l’azienda italiana Argotec sta studiando un sistema di questo tipo, sarà una costellazione di piccoli satelliti chiamata Andromeda, in grado di garantire comunicazioni ad alta velocità con la Luna.
Questo articolo dedicato alle prime missioni Artemis è il quarto di sei mini-approfondimenti dedicati alle attività e ai programmi che affiancano Artemis, nella prossima esplorazione lunare della NASA e dei suoi partner internazionali. Tutti gli articoli sono raccolti qui, e sono stati pubblicati nella settimana dal 12 al 17 ottobre.
Altre informazioni sul programma Artemis possono essere trovate nel programma ufficiale rilasciato dalla NASA ad inizio Settembre.