Ci sono due grandi ipotesi del perché la crosta lunare presenta una leggera magnetizzazione, e del perchè in generale tutto il nostro satellite sia circondato da un basso campo magnetico. Sulla Luna non è forte come quello terrestre (nemmeno paragonabile) dato che al nostro satellite manca un nucleo rotante in ferro-nichel, che funzioni da geodinamo. Questo causa l’assenza di un campo magnetico dipolare, e ci dice che la magnetizzazione attuale presente sulla Luna deve avere origine direttamente dalla superficie.
Secondo un nuovo studio australiano ora possiamo escludere almeno una delle ipotesi sul perchè esista questa magnetizzazione superficiale.
Lo studio è stato pubblicato su Science Advance ed è stato condotto dalla ricercatrice australiana e co-autrice Dr.ssa Katarina Miljkovic, del Curtin Space Science and Technology Centre, un centro di ricerca della School of Earth and Planetary Sciences alla Curtin University. A capo della ricerca, la Dr.ssa Rona Oran, del Department of Earth, Atmospheric and Planetary Sciences (EAPS) presso il MIT.
Le due ipotesi precedenti
Fino ad oggi due sono state le ipotesi più credibili sul perché la crosta lunare presenti questa leggera magnetizzazione. La prima sostiene che la magnetizzazione crostale sia stata generata nei primi anni del nostro satellite, quando ancora il nucleo di metallo fuso funzionava da dinamo, che rotando generava un campo magnetico. Gli studi delle rocce provenienti dalle missioni Apollo hanno mostrato che la Luna deve aver avuto in passato un forte campo magnetico (intorno ai 110 μT, contro i 50 μT attuali di quello terrestre) che è andato sempre più ad indebolirsi (arrivando a 20 μT circa 3.6-3.1 miliardi di anni fa). La falla principale di questa teoria è dovuta alle piccole dimensioni del nucleo lunare.
La seconda ipotesi non esclude in realtà la prima ma semplicemente afferma che gran parte del campo magnetico attuale sia stato alimentato da impatti meteoritici.
A sostegno di questa ipotesi, è stata osservata una maggiore magnetizzazione della crosta in zone situate vicino i bordi dei crateri d’impatto. E’ possibile che, dopo l’impatto, i detriti si siano vaporizzati o che si sia addirittura generata una nube di plasma. Grazie alla presenza di un preesistente campo magnetico ambientale, questa si sia disposta nelle zone vicine ai crateri d’impatto, rimanendo magnetizzata e depositandosi sulla superficie.
Per cercare conferme a favore di questa ipotesi, il satellite indiano Chandrayaan-1 ha mappato una “mini-magnetosfera” sul lato a noi nascosto del satellite, in corrispondenza del “Mare Crisium”, usando il suo strumento Sub-KeV Atom Reflecting Analyzer (SARA). Questa zona è larga 360 km ed è circondata da una regione spessa 300 km di flusso di plasma eccitato dal vento solare che viene deviato intorno alla mini-magnetosfera.

I nuovi modelli dall’Australia
Nonostante le evidenze delle ricerche effettuate negli anni, i risultati dello studio australiano confutano la seconda ipotesi. Durante i primi anni della Luna, gli impatti meteoritici hanno originato del plasma, che poi ha interagito con il debole campo magnetico lunare. Sempre secondo questa seconda teoria, il plasma magnetizzato sarebbe è poi ricaduto sulla superficie, magnetizzandola. I modelli matematici realizzati dalla dottoressa Miljkovic mostrano però che le previsioni basate su questi livelli di magnetizzazione superficiale indotta dal plasma, portano a valori completamente diversi da quelli misurati attualmente.
Durante gli eventi meteorici, la crosta lunare è vaporizzata a causa dell’elevata velocità d’impatto, e questa nube di detriti e plasma viene poi spostata in altre zone del satellite. Lo studio si è basato sui calcoli della massa e dell’energia termica del vapore emesso durante gli impatti, effettuati dalla Miljkovic. Grazie a questi dati e alla grande potenza di calcolo dei supercomputer, il team di ricercatori ha potuto eseguire delle simulazioni in grado di ricostruire il meccanismo di generazione del campo magnetico da impatto.
Smentita la seconda ipotesi
Secondo l’ipotesi iniziale, il plasma generato dall’impatto si sarebbe dovuto magnetizzare attraversando il campo magnetico lunare presente in quell’era, per poi ricadere in superficie e magnetizzare il resto della crosta lunare. I risultati delle simulazioni, effettuate con una moltitudine di scenari diversi, hanno fornito dati lontani da quelli ipotizzati dalla teoria d’impatto. L’incoerenza tra i dati raccolti e quelli teorici induce i ricercatori ad escludere la seconda ipotesi. La conclusione è che una dinamo generata dall’antico nucleo rotante della Luna è l’unica opzione plausibile per l’attuale magnetizzazione della crosta.
L’universo e il sistema solare è ricco di corpi planetari che presentano una leggera crosta magnetizzata; Mercurio ad esempio. Lo studio effettuato ora, svela in parte il mistero su come possa generarsi questo fenomeno, confutando una delle teorie più accreditate. Maggiori risposte potrebbero esserci date dalle prossime missioni Artemis sulla Luna, attraverso lo studio approfondito di nuovi campioni di suolo lunare.
L’articolo completo è disponibile qui: Was the moon magnetized by impact plasmas?
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