Uno degli obiettivi primari delle prossime missioni sulla Luna sarà lo studio e in futuro lo sfruttamento dei depositi di acqua ghiacciata presenti nel polo sud del nostro satellite. La prima missione con questo preciso scopo sarà il rover della NASA VIPER. Partirà nel 2023 e il suo obiettivo sarà proprio quello raggiungere e studiare i depositi di ghiaccio lunare. Uno dei problemi che dovremmo presto affrontare è l’inquinamento che provocherà l’arrivo delle prossime missioni lunari.
Quando un lander raggiunge la Luna ha infatti bisogno di un sistema propulsivo per rallentare e allunare in maniera sicura. I gas di scarico possono poi essere dispersi nello spazio oppure persistere sulla Luna. In quest’ultimo caso vanno a modificare sia la debolissima atmosfera lunare, sia i depositi di ghiaccio sulla superficie.
Un nuovo studio, pubblicato l’11 agosto su Advancing Earth and Space Science, ha presentato un nuovo modello in cui viene simulato il comportamento del vapore acqueo originato da un lander lunare. Il risultato è stato che circa il 13% del vapore acqueo rilasciato, raggiunge i poli entro due giorni. Dopo questo periodo rimane poi intrappolato sotto forma di ghiaccio sulla superficie. Aumentando il periodo di analisi la percentuale di vapore acqueo ghiacciato può arrivare fino al 20%.
Queste simulazioni sono state fatte considerando solo il vapore acqueo, solitamente un terzo dei gas di scarico dei lander lunari.
La complessità di queste simulazioni
La simulazione effettuata in questo studio, condotto da Prem Parvathy del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory, è stata fatta a partire dai dati della missione Chang’e 3, formata da un lander e un rover. Questa è la penultima missione cinese ad essere arrivata con successo sulla Luna nel 2013. Il sito di allunaggio simulato si trovava a circa 70° S, più o meno dove è sceso (con scarso successo) il lander indiano Chandrayaan 2.
Questi parametri sono importanti perchè la quantità di vapore acqueo che rimane dispersa intorno alla Luna e sulla superficie dipende dal luogo di allunaggio, dalla massa del lander, dalla composizione dei gas di scarico e anche dall’inclinazione con cui si arriva sulla superficie. Una delle variabili più importanti sarà però l‘orario di allunaggio. Questo infatti condiziona la temperatura al suolo e l’irraggiamento solare che subisce il vapore acque prima di diffondersi sulla superficie lunare.
Le prime simulazioni di questo tipo risalgono al 1968, quando la contaminazione dovuta alle missione Apollo preoccupava già gli scienziati. Allora il fenomeno era però meno importante in quanto l’obiettivo principale era uno studio sulle rocce lunari e non riguardava elementi volatili. Questo sarà però un aspetto fondamentale per tutte le missioni dei prossimi 10 anni.
L’importanza di queste simulazioni
Date le variabili in gioco, gli stessi autori di questo studio dichiarano che ci sarà bisogno di analizzare ogni prossima missione lunare e perfezionare le simulazioni di volta in volta. Avere delle previsioni precise, ottenute da dati precisi, permetterà di riconoscere ed eliminare gli elementi estranei da futuri campioni con sempre maggiore precisione. Questo “inquinamento” sarà infatti inevitabile durante le prossime missioni lunari.
Interazioni con la superficie come l’impatto dei gas con la superficie, le modifiche termiche apportate dai lander o anche solo lo spostamento di regolite e rocce, sono altri “inquinanti” importanti ma molto localizzati. Solo la diffusione dei gas di scarico, in questo caso vapore acqueo, andrà ad impattare in maniera misurabile su tutta la superficie lunare.
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