Dopo mesi di attesa, l’Air Force ha finalmente annunciato come vincitori ULA e SpaceX per la National Security Space Launch Phase 2: Launch Service Procurement (LSP). Il contratto in questione spartirà un cospicuo numero di lanci per la Space Force e NRO, nell’arco temporale che va dal 2022 al 2026. In base a quanto deciso, ULA lancerà il 60% dei lanci previsti mentre SpaceX il restante 40%.
Questa decisione è molto importante poiché assicura alle due aziende delle entrate miliardarie e costanti per oltre 5 anni, su un totale di circa 30-34 lanci. In corsa per questo ambito contratto vi erano anche la Northrop Grumman con il lanciatore OmegA e Blue Origin con il New Glenn.
SpaceX e l’evoluzione dei Falcon
Sia SpaceX che ULA erano i favoriti per vincere il contratto, ad aprile avevamo parlato dell’importanza del NSSL 2 e sopratutto delle evoluzione che il Falcon Heavy avrebbero dovuto intraprendere per venire in contro alle necessità militari.
Uno dei punti a favore per SpaceX, era sicuramente il fatto di essere l’unica azienda ad aver presentato dei lanciatori già esistenti e certificati per lanci militari. Oltre ad un fattore tecnico, SpaceX ha probabilmente i vettori più economici tra quelli proposti. Il prezzo, pur non essendo il criterio principale di scelta dell’Air Force, diventa comunque determinate nel momento in cui i requisiti tecnici sono già raggiunti.
A seguito della vittoria da parte dell’azienda californiana, possiamo quindi affermare con un buon grado di certezza che SpaceX introdurrà un nuovo fairing e una struttura per supportare l’integrazione verticale di quest’ultimo. Infatti molti dei satelliti militari sono specificamente progettati per essere integrati una volta che il vettore è già verticale, al fine di semplificare il design e ridurne la massa al lancio.
Una conferma indiretta di questo fatto è contenuta nell’annuncio dei vincitori di questo contratto militare. Viene infatti esplicitata una somma di 316 milioni di dollari per la prima missione SpaceX: USSF-67 che avverrà a fine del 2022. Tale somma di denaro è circa il doppio del costo di un FH expandable (usa e getta) e suggerisce la copertura dei costi relativi a un nuovo fairing e/o alla struttura per l’integrazione verticale.
In totale SpaceX dovrebbe effettuare circa 12-14 lanci. Questo numero è una stima molto grezza, poiché l’Air Force non ha rivelato il totale dei contratti. Questi ultimi verranno infatti rivelati pubblicamente di anno in anno. Il valore totale per queste missioni di SpaceX si attesterebbe a circa 2.5 miliardi di dollari, tuttavia anche questa cifra è una stima molto approssimativa.
La garanzia di ULA
Il lanciatore Vulcan di ULA nasce dalla necessità di non dipendere più dai motori russi presenti sull’Atlas V: gli RD-180. Questa decisione scaturisce da un obbligo imposto dal congresso americano il quale non vuole più dipendere da un’altra nazione per lanci riguardanti la sicurezza nazionale a partire dal 2022.
Il Vulcan, in un certo senso, è la naturale evoluzione dell’Atlas V, poiché ne condivide il secondo stadio e i booster laterali. La grande innovazione è il primo stadio che verrà propulso da due motori BE-4 a metano e ossigeno liquido. Questo renderà il Vulcan il primo lanciatore operativo ad impiegare il metano.
Come per SpaceX, ULA ha dalla sua un gran numero di successi e di esperienza nel gestire missioni di natura militare. Oltre a questo, il Vulcan è sicuramente il vettore con lo stato di sviluppo più avanzato tra i tre progetti ancora sulla carta (Vulcan, New Glenn e OmegA). In questo senso non sono mai mancati i tweet del CEO Tory Bruno, il quale ha più volte dimostrato come il Vulcan stia venendo sviluppato piuttosto velocemente.
Attualmente è previsto che il Vulcan debutterà a metà 2021, con un lancio verso la Luna per conto di Astrobiotic. Come per SpaceX, i numeri del contratto per ULA sono molto variabili, tuttavia si stima che il valore totale dei contratti si attesti sui 3.5 miliardi di dollari per circa 20 lanci. I primi due saranno nel 2022 e sono: USSF-51 e USSF-106 a cui l’Air Force ha assegnato un prezzo di 337 milioni di dollari per lancio.
I vinti
Da questo contratto emergono anche due importanti sconfitte: Blue Origin e Northrop Grumman.
Per l’azienda di Bezos non è sicuramente un grande risultato, tuttavia per Blue Origin non è un problema insormontabile, in quanto lautamente finanziata da Bezos stesso. Inoltre Blue Origin è comunque coinvolta nel programma in quanto fornitrice dei BE-4 che spingeranno il Vulcan.
In base alle poche informazioni rilasciate, uno dei motivi dietro alla non selezione del New Glenn sembrerebbe la lentezza nello sviluppo. In base a diverse fonti, Blue Origin starebbe riscontrando problemi nello sviluppo dei BE-4, oltre che dei ritardi nello sviluppo strutturale del vettore. Più precisamente il New Glenn non sarebbe pronto per volare con un buon margine di certezza nemmeno nel 2022.
Questione molto più complicata per Northrop Grumman, la quale potrebbe seriamente cancellare lo sviluppo del proprio vettore OmegA. Diversi osservatori notano ostacoli insormontabili per una commercializzazione di questo vettore. Quello che sembra piuttosto certo è la cancellazione della variante “heavy” il cui sviluppo era condizionato alla vittoria del NSSL 2.
Osservando vincitori e vinti si nota anche una interessante caratteristica comune. Sia SpaceX che ULA sono le uniche aziende ad avere la possibilità immediata di lanciare dalla costa ovest, a Vanderberg. Questo potrebbe essere stato uno degli elementi determinanti nella selezione della Air Force, la quale richiede sicuramente la disponibilità di tale luogo di lancio.
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