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Dai dati di Voyager 2 emerge ora un altro mistero di Urano

Rianalizzando i dati del magnetometro della sonda Voyager 2, dopo ben 34 anni dalla loro rivelazione, due scienziati della NASA hanno scoperto un altro mistero di Urano, e forse anche la sua soluzione.

Stefano Piccin di Stefano Piccin
Marzo 27, 2020
in Agenzie Spaziali, Astronomia e astrofisica, NASA, News, Scienza
Urano

Urano fotografato dal tescopio spaziale Hubble

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La missione Voyager 2 rimane ancora oggi l’unica sonda mai lanciata dall’uomo ad aver studiato i pianeti Urano e Nettuno. Dopo 34 anni dalla partenza della seconda Voyager, la fisica Gina DiBraccio del Goddard Space Center della NASA ha rianalizzato i dati della sonda. Lo ha fatto semplicemente per iniziare a pensare ad una nuova missione che andasse a studiare Urano. Studiando nuovamente quei dati pensava infatti di avere un’idea più completa di cosa sappiamo e di cosa non sappiamo su questo gigante gassoso. Quello che ha fatto è stata però una nuova scoperta: nei dati del magnetometro della sonda ha trovato un plasmoide.

Un plasmoide è una struttura toroidale di plasma e campo magnetico che tipicamente si trova a migliaia di Km di distanza dai pianeti dotati di proprio campo magnetico. Nell’immagine seguente è possibile vedere la posizione di un plasmoide terrestre, situato nella posizione in cui le linee di campo magnetico producono la configurazione adatta a contenere del plasma (gas ionizzato).

Plasmoide
La posizione di un plasmoide (Plasmoid) nel campo magnetico terrestre.

Questa scoperta, pubblicata su Geophysical Research Letters, arriva dopo più di 3 decenni che i dati di Voyager 2 sono a disposizione. L’idea di DiBraccio e del suo coautore Dan Gershman è stata quella di analizzare i dati con una risoluzione temporale maggiore. Prima di loro, i dati del campo magnetico di Urano erano inseriti in un grafico ogni 8 minuti, in questo nuovo studio sono stati invece inseriti a distanza di 1.92 secondi. In questo modo è apparso all’improvviso un picco non previsto, che i due scienziati ipotizzano coincida proprio con la posizione di un plasmoide.

L’importanza di aver trovato una struttura magnetica come questa non è trascurabile. Quello che si sa, è infatti che questi plasmoidi sono spesso responsabili della perdita di atmosfera dei pianeti. Nel sistema solare tutti i pianeti perdono un po’ alla volta la loro atmosfera per colpa del vento solare che la strappa alla gravità. Questo ad esempio è uno dei motivi per cui l’atmosfera di Marte è così rarefatta. Il vento solare non è però l’unico responsabile. Anche i plasmoidi sono considerati capaci di strappare atmosfera (in particolare ioni dagli strati superficiali) e per Urano potrebbe essere questa proprio la causa principale.

Sia per Giove sia per Saturno, il campo magnetico produce delle zone in cui le linee di forza si aggrovigliano particolarmente e a volte strappano delle parti di atmosfera dal pianeta stesso. Per Urano questa situazione è particolarmente importante perché il suo campo magnetico è uno dei più strani del sistema solare. Una delle particolarità principali del gigante gassoso è la sua rotazione, che al contrario di tutti gli altri pianeti viene fatta su un’asse inclinato di quasi 90 gradi. Descrivendo questo fenomeno viene infatti detto che Urano non ruota intorno al proprio asse ma “rotola”.

In più, l’asse verticale del suo campo magnetico non coincide con l’asse di rotazione. Questo non è particolarmente strano, nemmeno per la Terra è così. Sul nostro pianeta sappiamo infatti che il polo nord geografico non coincide con il polo nord magnetico. La differenza fra i due poli è però di qualche centinaio di Km, equivalenti a qualche grado di differenza di inclinazione dei due assi. Per Urano questa differenza è invece di ben 60°. L’unione di questi due fenomeni ha portato il campo magnetico di Urano a muoversi e ad aggrovigliarsi in maniere strane e complesse.

Urano
Variazione delle linee di campo magnetico di Urano. Credits: NASA, JPL.

Il plasmoide trovato da Dibraccio e Gershman occupa solo 60 secondi delle misurazioni di Voyager 2, effettuate per un totale di 45 min. Questo è bastato però perché i due scienziati stimassero le sue dimensioni in una larghezza di circa 204 000 Km e una larghezza di 400 000 Km e una composizione principalmente di idrogeno ionizzato.

Secondo di Braccio con queste misurazioni è difficile comprendere molto del comportamento dell’atmosfera di Urano e della sua storia. I dati di Voyager 2 sono un po’ “come se un veicolo spaziale fosse appena volato attraverso questa stanza e avesse cercato di spiegare l’intera Terra“, ha detto DiBraccio. “Ovviamente non ti mostrerà nulla di come sia il Sahara o l’Antartide.”

Fonte. Fonte.

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Tags: AstrofisicaPlasmoidPlasmoideUranoVoyager 2

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