Da qualche anno a questa parte si parla tanto della Luna. Del programma Artemis della NASA e di quello cinese, entrambi con l’obiettivo di riportare esseri umani a camminare sulla superficie. Si parla però tanto anche delle tante iniziative pubbliche e private che si prefiggono di inviare missioni robotiche attorno alla Luna, e soprattutto a posarsi e lavorare sulla sua superficie.
A partire dallo scorso decennio ci sono già stati vari tentativi di allunaggio da parte di agenzie spaziali e aziende private. Allunaggi che, a parte la serie impressionante di successi dei cinesi e un allunaggio degli indiani, hanno visto finora una sequenza piuttosto negativa di cinque fallimenti totali e due successi parziali (nel senso che il lander è sopravvissuto all’allunaggio ma si è appoggiato male, il che ha impedito di eseguire la maggior parte delle attività previste sulla superficie).
Questi fallimenti mostrano che la Luna rimane sempre “una severa maestra”, citando il titolo di un famoso romanzo di fantascienza della mia gioventù. Ma da sempre l’esplorazione spaziale progredisce anche, o soprattutto, attraverso i fallimenti, i quali sono stati non solo grandi occasioni di apprendimento, ma anche uno stimolo a ritentare la sfida. Così già oggi ci sono in volo altre tre nuove missioni che si prefiggono di atterrare sulla Luna, e molte altre sono in preparazione per i prossimi mesi e anni.
Ma perché, dopo decenni di assenza, si è risvegliato nel mondo l’interesse per la Luna? Per rispondere a questa domanda mi sono messo a leggere molti articoli e alcuni dei libri che sono stati e vengono ancora scritti quasi quotidianamente sull’argomento.
La prima risposta che viene data da molti è la creazione di una “economia lunare”. Nel senso che la Luna sarebbe un territorio inesplorato, che nasconde promesse di enormi guadagni a disposizione di coloro che siano abbastanza coraggiosi – e, aggiungo io, facoltosi – per raccogliere la sfida. Sessant’anni fa eravamo andati sulla Luna per piantare una bandiera e basta. La tecnologia era immatura e i rischi e i costi enormi impedivano di pensare in grande e rimanervi a lungo. Oggi invece abbiamo fatto enormi progressi tecnologici, e anche i costi stanno rapidamente scendendo. Insomma, chi parla di economia lunare è convinto che sia arrivato il momento di tornare sulla Luna per sfruttarne le enormi opportunità e risorse.
Va bene, mi dico io, ma concretamente di che cosa stiamo parlando? Non dimentichiamo che la Luna era stata abbandonata all’inizio degli anni ’70, e non solo perché l’obiettivo politico era stato raggiunto (gli USA avevano preceduto e sconfitto l’URSS nella gara di prestigio). Ma anche perché era considerata sostanzialmente inutile dai decisori politici. Non era di interesse militare, perché i satelliti spia intorno alla Terra facevano il loro lavoro e i sottomarini erano più efficienti e molto più economici per mantenere viva e pronta la minaccia nucleare al nemico rispetto al mantenimento di deterrenti nucleari in orbita. Non era di interesse per le comunicazioni: perché montare un ponte radio sulla Luna, che è lontana e visibile solo per mezza giornata, quando i satelliti geostazionari erano più vicini, immobili, sempre visibili? Non era di interesse per le risorse minerarie, perché i campioni lunari riportati dalle missioni Apollo non sembravano per niente promettenti.
Ma allora perché oggi la pensiamo diversamente? Per cercare di capire, ho fatto una lista degli argomenti principali che vengono usati per sostenere una nuova corsa alla Luna. Molto probabilmente non è una lista completa: mi limito a citare gli argomenti più popolari e più usati.
In conclusione, magari mi sfugge qualcosa, ma non è che io veda grandi opportunità di avviare nemmeno in tempi medio-lunghi attività redditizie sulla Luna. Per cui mi sembra proprio che non abbia senso parlare di “economia lunare”. Chissà, forse qualcosa del genere si svilupperà un giorno sulla Luna, ma non penso proprio che accadrà tanto presto.
Ma se l’economia lunare è un miraggio, almeno a medio termine, se non ci sono in vista attività che possano autoalimentarsi e coprire gli enormi costi e rischi, perché allora oggi stiamo tornando sulla Luna, e vengono investiti anche considerevoli capitali privati per arrivarci?
In effetti c’è un aspetto che non ho ancora menzionato, e che per me resta l’unico convincente: la geopolitica. Partiamo dalla regola di base della geopolitica, che si può formulare così: anche se non sai ancora perché, se il tuo rivale (nemico) sta andando in un certo posto nuovo, allora è meglio che anche tu faccia in modo di arrivarci, possibilmente prima di lui. Cito qui una frase dal libro di Tim Marshall “Il futuro della Geografia”:
Sì, la fusione nucleare da elio 3 potrebbe essere solo teorica; certo, l’estrazione mineraria sulla Luna sarà incredibilmente difficile e sì, i tempi slitteranno e i costi aumenteranno a dismisura. Ma possiamo permetterci di stare a guardare il nostro rivale che progredisce rispetto a noi e – nel caso in cui la teoria si concretizzi in fatti – ci lascerà fuori dal gioco?
Negli anni Sessanta i due “rivali” nello spazio erano USA e URSS. Oggi sono USA e Cina. Ecco perché oggi gli Stati Uniti sono pronti a spendere una cifra spropositata per portare esseri umani sulla Luna “entro il decennio”: è semplicemente e solo perché la Cina ha dichiarato lo stesso obiettivo (e molto probabilmente lo stesso ragionamento viene fatto anche in Cina). Per questo gli Stati Uniti hanno lanciato il programma CLPS che incentiva le aziende commerciali a sperimentare e implementare servizi lunari – dalle comunicazioni al trasporto allo sfruttamento delle risorse in situ. Il piano USA è solido e per ora il sostegno politico è determinato, perché si basa sul forte (e probabilmente giustificato) timore di essere presto superati – sulla Luna come sulla Terra – dalla Cina.
Insomma, mi aspetto che, esattamente come negli anni Sessanta, le attività sulla Luna continueranno per il momento ad essere finanziate finché entrambi i governi rivali continueranno a perseguire i loro obiettivi geopolitici. E come allora, se uno dei due si darà per sconfitto, o semplicemente lascerà perdere – e vista l’imprevediblità delle scelte della nuova amministrazione americana, comincio a pensare che questo momento possa non essere troppo lontano – allora l’altro non esiterà ad abbandonare immediatamente il proprio programma e a chiudere il rubinetto dei fondi, facendo così crollare ancora una volta tutto il castello lunare prima ancora che sia completato.
Ma allora stiamo assistendo a una nuova vana illusione? Stiamo buttando via soldi per niente? Non credo. Come il mondo dello spazio ha approfittato enormemente della tecnologia sviluppata e dell’esperienza accumulata negli anni della prima corsa alla Luna, anche oggi stiamo già approfittando di questo nuovo impeto.
La nascita di nuove aziende, favorita anche da nuovi approcci delle Agenzie istituzionali, è già un risultato molto positivo. Nuove tecnologie vengono sperimentate e matureranno a forza di fallimenti e successi sulla grigia superficie del nostro satellite naturale. Se è vero che la Luna è una severa maestra, è vero anche che dai maestri severi si impara molto, anche se il processo di apprendimento può essere più doloroso. Godiamoci allora questa nuova corsa alla Luna, e non pensiamo troppo che molto probabilmente prima o poi potrebbe improvvisamente finire.
Concentriamoci a fare progressi ed esperienze finché dura, sviluppiamo tecnologie, approfittiamone per fare scienza, così che quando (se?) il sogno finirà, avremo accumulato un tesoro che potremo utilizzare altrove. Nello spazio come sulla Terra.
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