Il 4 settembre, a bordo dell’ultimo lancio del razzo Vega, è partito per lo spazio il satellite Sentinel 2C, parte della rete di osservazione della Terra europea Copernicus. Questa rete di osservazione terrestre attiva da oltre un decennio, è il più grande servizio di osservazione della Terra open source, un progetto dell’Unione Europea.
Qualche giorno fa abbiamo raggiunto la dott.ssa Simonetta Cheli, a capo dell’ufficio di osservazione della Terra ESRIN dell’Agenzia Spaziale Europea. Le abbiamo posto alcune domande in merito al lancio Sentinel 2C, ai nuovi progetti Copernicus e alla costellazione italiana IRIDE.
Per prima cosa volevo chiederle di sentinel 2C, l’ultimo satellite della rete Copernicus ad aver raggiunto lo spazio. Che miglioramenti e aggiornamenti ha rispetto agli altri satelliti Sentinel 2?
Sentinel 2C è il terzo satellite della missione Sentinel-2 nel quadro del programma Copernicus sotto la leadership dell’Unione Europea, l’ESA invece, sviluppa la componente spaziale. È il terzo satellite Sentinel 2, ma ha degli elementi di evoluzione e di avanzamento rispetto ai primi due, che sono satelliti ottici con un sistema di 13 bande spettrali, soprattutto dedicato al monitoraggio terrestre, quindi ad applicazioni in agricoltura, studio delle foreste e tanto altro.
Sentinel 2C ha delle caratteristiche ulteriori rispetto ai primi due, in particolare, ha due elementi di di forte innovazione. Per primo ha un sistema di GNSS a bordo, quindi di navigazione satellitare, non solo legato al sistema GPS americano, ma anche relativo al sistema di riferimento europeo Galileo, quindi più preciso.
Il secondo elemento interessante di questo satellite, che in realtà per il resto è uguale in termini di risoluzione, copertura sulla terra e ripetitività, è che potrà anche guardare una volta al mese, per un breve periodo, alla Luna. Abbiamo avuto la prima immagine sulla Luna proprio in questi giorni.
La cosa ulteriormente interessante di questo satellite è che garantisce continuità rispetto ai due precedenti lanciati nel 2015 e nel 2017, perché quello che è importante è dare dati in maniera continuativa dello stesso tipo agli utenti. Chi utilizza i dati Sentinel 2 sa che potrà continuare a beneficiarne nei prossimi anni, per tutte le applicazioni già avviate.
Quali sono i prossimi step del programma Copernicus e dei programmi di osservazione della Terra nei prossimi anni dell’ESA?
La prima generazione di Sentinel, è costituita da sei famiglie di satelliti, dalla 1 alla 6. Qualche anno fa, nel 2018, si è fatta una discussione molto approfondita con l’Unione Europea, la quale definisce i requisiti di utenza del sistema Copernicus, rispetto a cosa sarebbe servito in futuro in termini di infrastruttura spaziale e tecnologia.
In quel momento si è visto che esisteva un focus sul Green Deal europeo, su temi come la decarbonizzazione, l’Artico, l’agricoltura. Quindi sono state concepite delle nuove Sentinelle, una nuova famiglia di sei Sentinelle, cosiddette Sentinel Expansion, che si è iniziato a costruire qualche anno fa, dopo le decisioni prese nel 2019 dalla riunione ministeriale ESA e poi nel 2022. Questa nuova serie di missioni, il primo sarà lanciato al CO2M a fine 2026, una missione dedicata al monitoraggio antropogenico di carbonio.

Ci sarà una missione CRISTAL, che è il seguito di una missione scientifica, CRIOS dell’ESA, che guarderà gli spessori dei ghiacci in zona artica. C’è una missione che si chiama LSTM, che invece guarderà la temperatura al suolo, un parametro essenziale per chi fa previsioni sulle raccolte, sulla produttività, sui sistemi agricoli. Poi avremo la missione CIMR, con un radiometro a microonde a bordo che farà una scansione conica che ci darà misure sulla superficie marina, sulla concentrazione del ghiaccio marino e la salinità della superficie marina.
Una serie di nuove missioni con nuove informazioni essenziali a supportare l’implementazione delle politiche europee. Ovviamente guardiamo anche più a lungo periodo, e stiamo discutendo con la Commissione Europea la preparazione non solo dei prossimi fasi di sottoscrizione dei Paesi membri dell’ESA, l’anno prossimo la Ministeria dell’ESA sulle sentinelle 2 e 3 Next Generation, ma anche nel multiannual financial plan, quindi nel quadro finanziario della Commissione, che inizierà dal 2029, come organizzare la divisione dei ruoli, il finanziamento e le necessità in termini di sviluppo di tecnologie a lungo termine, per garantire che questo programma che ha già 26 anni di successo continui ad essere un successo per l’Europa.
I dati della rete Copernicus, come possano guidare le politiche dei Paesi membri, ma anche di tanti altri Paesi nel mondo, nella lotta al cambiamento climatico?
Questi dati sono dati essenziali per la lotta al cambiamento climatico. L’Agenzia Spaziale Europea è un osservatore nel quadro della conferenza sul clima da oltre 20 anni, e recentemente c’è stato un vero riconoscimento del ruolo dello spazio alla COP 28 di Dubai svoltasi l’anno scorso. C’è stato un focus sullo spazio, su come può aiutare a affrontare i cambiamenti climatici e la crisi climatica. Già da anni noi lavoriamo su quelle che sono le variabili climatiche, quindi dei parametri e degli indicatori di informazione su elementi collegati all’evoluzione climatica.
Questo è un elemento importante di collaborazione sia per utilizzare i dati satellitari insieme al mondo scientifico europeo, ma anche in un intercambio con partner internazionali, come i giapponesi o gli americani. L’altra cosa che facciamo è cercare di lavorare al meglio per garantire che l’integrazione dei dati satellitari venga sfruttata al meglio integrata con i dati provenienti da servizi commerciali. Oggi infatti il settore commerciale e l’osservazione della Terra sta avendo sempre più importanza e rilevanza.Nel medio e lungo periodo c’è la necessità di riflettere sulla complementarità dei dati disponibili e dei sistemi di iniziativa nazionale con quelli commerciali.
Un altro elemento importante di evoluzione a medio e lungo termine è quello di valorizzare i dati esistenti. Oggi abbiamo 300 terabytes al giorno di dati disponibili da Copernicus, con 700 mila utenti registrati, ma abbiamo la necessità di trovare il modo di garantire che questi dati siano più accessibili, più facilmente fruibili da tutti quelli che li vogliono usare.
Riguardo questo aspetto dell’utilizzo open source dei dati Copernicus, come viene affrontata la diffusione di dati open source in un ecosistema geopolitico globale che è sempre più teso? Può creare delle tensioni l’uso di dati da entrambe le parti di schieramenti geopolitici opposti?
Copernicus è un sistema civile, sotto controllo civile, a vocazione prevalentemente civile, quindi oggi non esiste una vocazione militare del sistema Copernicus. Chiaramente ci sono delle tematiche legate al contesto geopolitico attuale che creano delle esigenze maggiori in termini di sicurezza e in termini di resilienza. La Commissione Europea è leadership nella definizione dei nuovi sistemi governativi per rispondere a queste esigenze.
Quello che è chiaro è che bisogna sicuramente organizzare la sicurezza dei dati. Come abbiamo già visto durante il periodo post-scoppio del conflitto in Ucraina, ci sono possibili rischi alle infrastrutture, alla distribuzione dei dati o ai collegamenti ai sistemi operativi dei satelliti, per cui abbiamo irrobustito la struttura di difesa dai cyberattacchi. Lavoriamo molto su questo all’Agenzia e anche sul rinforzo delle infrastrutture al suolo per la distribuzione dei dati.
Quindi questo è sicuramente un aspetto su cui lavoriamo. L’altro elemento su cui abbiamo lavorato moltissimo è quello sulla Civil Security, cioè la sicurezza civile, il monitoraggio dei siti dell’immigrazione, la sicurezza dei siti nucleari, le guardie costiere, l’oil spill monitoring, quindi anche l’implementazione di normative legate all’inquinamento marino nel Mediterraneo.
Queste sono attività che non sono legate alla difesa e sicurezza direttamente, ma sono legate a attività di civil security, dove abbiamo una lunga esperienza insieme alle aziende europee.
Riguardo il lancio dei satelliti Sentinel, abbiamo visto il lancio del Sentinel-2C con l’ultimo razzo Vega di Avio. Crede che la crisi dei lanciatori che c’è stata in Europa abbia danneggiato il programma Copernicus? E crede che sia finita questa crisi con la ripresa del Vega-C e il lancio di Ariane 6?
Sicuramente, come ha detto il direttore generale dell’ESA, Josef Aschbache, recentemente con il lancio di qualifica che ha avuto successo di Ariane 6 a luglio, e con l’ultimo lancio di Vega pochi giorni fa, sicuramente siamo in un’ottima direzione per uscire da questa crisi dei lanciatori che abbiamo avuto in Europa.
Sia l’ultimo lancio di Vega e la preparazione adesso al rilancio di Vega-C e la qualifica di Ariane 6 hanno portato due momenti importanti nello spazio europeo. Questo ovviamente beneficia tutti, compreso il programma Copernicus, che è uno di quelli che raggiunge lo spazio con lanciatori europei. In una fase di transizione abbiamo lanciato anche satelliti con partner internazionali come SpaceX, ma la linea europea è in genere di lanciare con i nostri razzi.
Questa ultima domanda l’hanno chiesta all’interno della nostra community ORBIT e riguarda IRIDE, un progetto italiano che ha la collaborazione dell’Agenzia Spaziale Europea. Quanto crede che la scelta dell’Italia di investire in un progetto come IRIDE sia dovuta all’avere avuto un ruolo così importante nel programma Copernicus?
Penso che le due cose sono sicuramente collegate ma non direttamente dipendenti. L’Italia ha una lunghissima tradizione e esperienza sia nel mondo accademico, che competenza industriale nel settore dell’osservazione alla Terra.
Questo l’ha fatto non solo attraverso il programma Copernicus. Anzi, direi che il programma Copernicus ha portato a casa, con la costruzione di satelliti come Sentinel 1, le competenze acquisite dal settore industriale italiano su programmi precedenti dell’ESA, come per esempio Envisat.
Quindi c’è una grande competenza a livello industriale italiano nell’osservazione alla Terra in generale, e c’è una fortissima competenza nel mondo accademico, Moltissime università e istituti di ricerca che sanno usare dati satellitari, come per esempio l’Istituto di Geofisica e Vulcanologia, il CNR. Moltissime università in Italia hanno veramente dei bacini di competenza enorme in questo settore.
Quindi il programma italiano IRIDE, finanziato anche attraverso i fondi del PNRN e delegato all’ESA per l’implementazione di questa prima fase fino al 2026, è nato per costruire una costellazione con aziende italiane, ma anche per creare ulteriore valore in termini di impresa.
Nuove imprese si sono già create grazie a IRIDE, si stanno creando nuove competenze industriali. Oltre 70 aziende italiane stanno lavorando su IRIDE, la prima costellazione verrà lanciata all’inizio del 2025 quindi a breve, e molti contratti industriali sono già stati fatti. C’è un aumento del settore in termini di comparto lavorativo in Italia e questo può solo beneficiare a lungo termine il ruolo italiano nel contesto industriale.
Ringraziamo la dott.ssa Simonetta Cheli e l’Agenzia Spaziale Europea per l’intervista.
Ogni mese su ORBIT pubblichiamo una rubrica dedicata alle principali startup spaziali, ai loro round, e all’analisi dei trimestrali delle aziende spaziali quotate in borsa. Si chiama Space Stocks, ed esce ogni mese, oppure alla pubblicazione dei bilanci trimestrali.