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Ecco come in una notte di fine luglio del 1610, Galileo Galilei scoprì gli anelli di Saturno

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Luglio 30, 2023
in Approfondimento, Astronomia e astrofisica, Divulgazione, Esplorazione spaziale, News, Scienza, Sistema solare
Anelli di Saturno

Il set completo di anelli di Saturno ripresi dalla sonda Cassini mentre il pianeta eclissava il Sole, il 19 luglio 2013. Credits: NASA/JPL-Caltech, STScI

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Il primo a osservare gli anelli di Saturno, usando un telescopio autoprodotto, fu Galileo Galilei durante una notte d’estate del 1610. Non fu subito in grado di identificarli come tali, e in una lettera al Duca di Toscana scriveva:

Il pianeta Saturno non è solo, ma è composto di tre, che quasi si toccano e non si muovono né mutano l’uno rispetto all’altro. Sono disposti in una linea parallela allo zodiaco, e quello centrale (Saturno stesso) è circa tre volte più grande di quelli laterali.

Galileo, inconsapevole di aver appena fatto una scoperta straordinaria, descrisse gli anelli come le “orecchie” di Saturno, vedendoli somiglianti a delle “maniglie”. Con il passare degli anni e il miglioramento delle tecnologie astronomiche, il risultato di Galileo Galilei venne confermato e ampliato. Già nel corso del XVII secolo, gli astronomi osservarono gli anelli di Saturno con maggiore precisione e dettaglio, e si accertarono della loro esistenza e struttura.

Oggi sappiamo che gli anelli di Saturno sono costituiti principalmente da frammenti di ghiaccio e polvere, che circondano il pianeta formando un sistema di anelli distinti. La scoperta di Galileo, come quella di pochi mesi prima dei quattro principali satelliti di Giove, ha comunque rappresentato una pietra miliare nella nostra comprensione del Sistema Solare, e contribuito a gettare le basi per la rivoluzione copernicana e l’astronomia moderna.

La storia della prima osservazione

Il 30 luglio 1610, Galileo Galilei puntò il suo telescopio verso il cielo notturno. Aveva perfezionato la sua tecnica di costruzione di telescopi, e utilizzava un modello con ingrandimenti notevoli per quei tempi, “a 20 potenze”. Quella notte, il suo obiettivo era Saturno, il sesto pianeta del nostro Sistema Solare.

L’astronomo rimase stupefatto quando, attraverso il tubo del telescopio, osservò il gigante gassoso e notò qualcosa di insolito: c’erano delle strutture simmetriche ai lati del pianeta. Inizialmente, Galileo non riuscì a capire esattamente cosa stesse vedendo, ma continuò a osservare attentamente nel corso delle notti successive.

Nei giorni seguenti, Galileo fu testimone di un fenomeno straordinario: le strutture simmetriche di Saturno si muovevano, cambiando forma e aspetto. L’astronomo era convinto che queste strutture non potessero essere delle grandi sfere attaccate al pianeta, come alcuni pensavano all’epoca, ma dovevano essere qualcosa di differente.

Particolare del disegno di Saturno di Galileo in una lettera a Belisario Vinta, nel 1610.

Galileo vuole capire

Solo due anni più tardi, nel 1612, Galileo rimase sbalordito quando scoprì che gli anelli erano scomparsi. Scrisse: “Non so cosa dire in un caso così sorprendente, così inaspettato e così nuovo”. Gli anelli erano, infatti, di taglio dalla prospettiva della Terra. Così Galileo divenne inconsapevolmente la prima persona ad osservare un passaggio terrestre del piano dell’anello di Saturno.

Nel 1616, l’astronomo osservò nuovamente gli anelli come due mezze ellissi. Scrisse:

“I due compagni non sono più due piccoli globi perfettamente rotondi… ma sono presenti molto più grandi e non più rotondi. Cioè due mezze ellissi con due triangolini scuri al centro della figura, e contigui al globo medio di Saturno, che si vede, come sempre, perfettamente rotondo”.

In seguito alle sue ripetute osservazioni, Galileo concluse che il suo telescopio non aveva abbastanza potere risolutivo per distinguere i dettagli della struttura che circondava Saturno con chiarezza, quindi la sua scoperta fu inizialmente oggetto di dibattiti e interpretazioni contrastanti.

Osservazioni successive

Fu solo nel 1655 che l’astronomo olandese Christiaan Huygens, utilizzando un telescopio di sua progettazione, osservò attentamente Saturno e fu il primo a descrivere gli anelli come un disco sottile e piatto che circondava il pianeta. Due anni dopo, il professor Christopher Wren dell’università di Gresham College a Londra formulò un’ipotesi simile su Saturno, sospettando che il pianeta avesse un anello. Tuttavia, Wren non era sicuro se l’anello fosse indipendente dal pianeta o fisicamente attaccato ad esso.

Prima che la teoria di Wren fosse pubblicata, Christiaan Huygens presentò la sua teoria in un lavoro intitolato Systema Saturnium, dove suggerì che Saturno fosse circondato da un anello sottile, piatto e non attaccato al corpo del pianeta.

Nel corso degli anni successivi, osservatori come Robert Hooke e Giovanni Domenico Cassini contribuirono a comprendere meglio la struttura e la natura degli anelli di Saturno. Nel 1675, Cassini scoprì la “Divisione Cassini”, uno spazio vuoto tra gli anelli A e B, dimostrando che gli anelli erano composti da anelli più piccoli con spazi tra di loro.

Divisione di Cassini
“Divisione di Cassini” indicata con in rosso verso la parte esterna fra gli anelli A e B. Credits: NASA/JPL/University of Colorado

Nel corso dei secoli, gli scienziati hanno continuato a studiare e a scoprire ulteriori dettagli sugli anelli di Saturno. Pierre-Simon Laplace, nel 1787, suggerì che gli anelli fossero costituiti da numerosi riccioli solidi. Nel 1859, James Clerk Maxwell dimostrò che gli anelli non potevano essere solidi o fluidi continui, ma dovevano essere composti da numerose particelle indipendenti che orbitavano intorno a Saturno.

Cosa sappiamo oggi?

Oggi sappiamo molto di più sugli anelli di Saturno rispetto a quanto Galileo Galilei potesse sperare di comprendere nel 1610. Grazie all’avanzamento delle tecnologie astronomiche, delle missioni spaziali e delle osservazioni effettuate con telescopi sempre più potenti, abbiamo acquisito una vasta quantità di conoscenze riguardo a questi affascinanti anelli.

Le missioni infatti hanno fornito opportunità senza precedenti per studiare gli anelli di Saturno da vicino. Le sonde Pioneer 11, Voyager 1, Voyager 2 e soprattutto la Cassini-Huygens di NASA, ESA ed ASI hanno inviato immagini dettagliate e hanno rivelato una varietà di strutture complesse negli anelli.

Al momento sappiamo che sono composti principalmente da frammenti di ghiaccio e roccia, con dimensioni che variano da minuscoli granelli a oggetti grandi come una casa. La maggior parte delle particelle di ghiaccio è costituita da acqua, ma ci sono anche tracce di altri materiali, come ammoniaca e metano. Sono suddivisi in diverse fasce concentriche, ognuna con la sua densità e composizione caratteristiche. Queste fasce sono separate da spazi vuoti noti come “divisioni”, scoperte appunto da Cassini.

Gli anelli principali, dall’interno all’esterno, sono chiamati D, C, B, A, F, e G. L’anello D è uno dei più sottili e si trova molto vicino al pianeta, mentre l’anello B è uno dei più larghi e appariscenti.

La formazione degli anelli di Saturno è ancora oggetto di studio e dibattito tra gli scienziati. Si pensa che potrebbero essere il risultato di diverse cause, come l’acquisizione di materiale da impatti con comete o asteroidi, il disfacimento di satelliti distrutti, o il risultato di materiali che non sono mai riusciti a confluire in lune complete a causa delle forze di marea. Quello che sappiamo con certezza dalle osservazioni è che sono in continua evoluzione, e subiscono l’influenza delle forze di marea e della gravità.

Tags: anelli di SaturnoGalileo GalileiSaturno

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