Immagine cromatica di NGC 6302, la nebulosa Farfalla, creata da esposizioni in bianco e nero scattate dal telescopio spaziale Hubble nel 2019 e nel 2020. Nelle regioni di colore viola, forti venti stellari stanno attivamente rimodellando le ali nebulari negli ultimi 900 anni. Le altre caratteristiche variano in età da 1200 a 2300 anni. Credits: Bruce Balick, Joel Kastner, Paula Baez Moraga, STScI
Tra le nebulose più poetiche e fotografate c’è la romantica nebulosa Farfalla. Si tratta di una particolare nebulosa planetaria, al cui centro una stella morente ed eccezionalmente calda splende in luce ultravioletta, nascosta alla vista diretta da un densa polvere disposta attorno a essa.
Una nuova ricerca mostra che nella nebulosa Farfalla c’è qualcosa che non va. Quando un team guidato da astronomi dell’Università di Washington (UW) ha confrontato due esposizioni di questa struttura cosmica scattate da Hubble nel 2009 e nel 2020, ha individuato dei cambiamenti strutturali drammatici nella disposizione del materiale all’interno delle ali. Sembra che dei potenti venti stiano guidando delle alterazioni del materiale. I ricercatori ora intendono capire come una simile attività possa essere portata avanti da una stella morente e senza alcun carburante residuo.
Il leader del team Bruce Balick, professore emerito di astronomia presso l’UW, ha spiegato: “La Nebulosa Farfalla è estrema per la massa, la velocità e la complessità delle sue espulsioni dalla sua stella centrale, la cui temperatura è più di 200 volte più calda del Sole ma è solo leggermente più grande della Terra. Ho confrontato le immagini di Hubble per anni e non ho mai visto niente di simile.”
Le nebulose planetarie sono involucri incandescenti di gas caldo in espansione. Nascono quando le stelle giganti rosse esauriscono l’elio al loro interno ed espellono gli strati più esterni, diventando nane bianche calde e dense, all’incirca delle dimensioni della Terra. Il materiale espulso, ricco di carbonio, va a costituire delle strutture molto particolari mentre i venti stellari lo accompagnano a scontrarsi con il mezzo interstellare, ovvero tutto ciò che è presente nello spazio tra le stelle.
La nebulosa Farfalla è una planetaria unica nel suo genere. Se solitamente questo tipo di oggetti cosmici assume una forma approssimativamente circolare, alcuni di essi vanno invece incontro a processi del tutto atipici che donano loro morfologie molto diverse. Nel caso della Farfalla, la nebulosa è costituita da una piccola stella incandescente al centro circondata da due strutture simili ad ali.
Probabilmente, queste ali sono formate dall’attrazione gravitazionale di una seconda stella in orbita attorno alla genitrice della nebulosa, che causa l’espansione del materiale in una coppia quasi simmetrica di lobi nebulari. Come un palloncino in espansione, le ali crescono nel tempo senza cambiare la forma originale. Di seguito, un video con la sonificazione della nebulosa Farfalla, da un’ala all’altra. Credits: NASA
Proprio quando si pensava di aver ormai appurato l’origine strutturale della nebulosa Farfalla, il team della UW ha fatto una scoperta importante. Dalle immagini di Hubble, usate per tracciare la velocità e ipotizzare modelli di crescita delle caratteristiche alate della nebulosa, si è scoperto che la Farfalla sembra aver modificato drammaticamente la sua struttura.
Il team, guidato da Lars Borchert, ha individuato circa una mezza dozzina di getti di espulsione del materiale in una serie di deflussi asimmetrici. Iniziano circa 2.300 anni fa e terminano 900 anni fa, e mostrano che:
I percorsi dei getti si incrociano, formando strutture disordinate all’interno delle ali. Queste caratteristiche in rapida evoluzione non sono semplici da spiegare utilizzando i modelli esistenti di come si formano ed evolvono le nebulose planetarie, secondo i ricercatori.
Gli scienziati ipotizzano che la stella al centro della nebulosa, nascosta da polvere e detriti, possa essersi fusa con una stella compagna o stia prelevando materiale da una stella vicina, creando complessi campi magnetici e generando i getti. Questo spiegherebbe come sia possibile che una stella morente abbia ancora energia sufficiente a mantenere questa attività molto dinamica.
Si tratta però solo di ipotesi. L’intera gamma di processi che modellano le nebulose planetarie non è ancora del tutto chiara. Il passo successivo sarà osservare il centro nebulare utilizzando il James Webb, poiché la luce infrarossa della stella può penetrare attraverso la polvere. Questo potrebbe aiutare a trovare ulteriori indizi su questa storia di creazione che si ripete continuamente nel nostro Universo, in cui i processi di formazione forniscono una visione chiave della storia e degli impatti dell’attività stellare.
Ricordiamo che stelle come il nostro Sole, si gonfieranno in una gigante rossa e un giorno formeranno nebulose planetarie, espellendo carbonio e altri elementi relativamente pesanti nel mezzo interstellare che saranno utili ad altre stelle per formare sistemi stellari e pianeti in un lontano futuro. Questa nuova ricerca, e altre analisi simili delle nebulose planetarie, possono aiutare a illustrare non solo come prenderanno forma i materiali per i sistemi stellari di domani, ma anche come sono stati prodotti gli elementi costitutivi del nostro Sistema Solare miliardi di anni fa.
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