La sonda DART della NASA è stata lanciata il 24 novembre 2021 da Vanderberg, in California e si sta dirigendo verso Dimorphos, la piccola luna dell’asteroide Didymos, posto su un orbita eliocentrica di semiasse 1.1×1.64 AU. L’obiettivo della missione è quello di testare per la prima volta un sistema di difesa planetaria da asteroidi potenzialmente pericolosi.
DART andrà quindi a schiantarsi su Dimorphos con lo scopo di misurare quanto sarà la differenza tra l’orbita iniziale della luna e quella post-impatto rispetto all’asteroide principale Didymos. L’impatto è previsto per il 2 ottobre 2022, quando il sistema binario di asteroidi sarà a 13 milioni di km da Terra; la dinamica dell’evento verrà ripresa da LICIACube, un piccolo CubeSat di fabbricazione italiana, equipaggiato con due camere e altri sensori che riporteranno a terra il momento dell’impatto e gli istanti immediatamente successivi.
È facile immaginare la sonda DART un po’ come la Corvetta Hammerhead di Star Wars, apparsa in Rebels e Rogue One per gli appassionati. Tuttavia, non è necessaria una particolare spinta o una particolare testa d’ariete. Infatti, al momento dell’impatto DART peserà 550 kg e viaggerà a 6.6 km/s grazie agli effetti gravitazionali. Con questi valori, senza ulteriori aggiunte artificiali, nell’impatto si sprigionerà un’energia cinetica di 24 GigaJoule (0.00574 kton) equivalente a 500 chilogrammi di tritolo.
Una simulazione dell’impatto
Il risultato di questi 500 chili di tritolo su una roccia cosmica di 160 metri di diametro è stato simulato dagli scienziati della NASA ipotizzando un impatto perfetto, allineato centralmente, che trasferisca tutto il momento della sonda all’asteroide. Tuttavia, l’angolo d’incidenza difficilmente sarà così perfetto e ci si aspetta degli effetti d’instabilità non planare rispetto all’orbita.
Inoltre, la struttura interna di Dimorphos è stata ipotizzata come roccia solida e compatta. Questo fatto, nella simulazione della NASA, ha mostrato che la deformazione dell’orbita era più rilevante rispetto alla deformazione dell’asteroide stesso, valutata in un piccolo cratere.
L’università di Berna pone però un’obiezione a queste simulazioni. Hanno infatti ipotizzato che l’asteroide abbia una struttura interna molto debole, “simile a una pila di macerie” tenuta insieme da iterazioni gravitazionali e deboli forze coesive. Questa ipotesi si basa sulle prove derivanti dalla missione Hayabusa2 della JAXA, l’agenzia spaziale giapponese.
Hayabusa2 (letteralmente Falco Pellegrino 2) è una missione che ha raggiunto l’asteroide 162173 Ryugu nel giugno del 2018. Ci ha orbitato intorno per un anno e mezzo, depositandovi, l’ottobre dello stesso anno, un piccolo lander per prelevarne dei campioni. Questi campioni sono rientrati a terra, atterrando in Australia il 13 novembre del 2019.
I nuovi risultati
Quindi, a partire dalle simulazioni dell’impatto adattate a questa ipotesi di conformazione interna del corpo celeste, si ipotizza che l’impatto di DART genererà una deformazione praticamente completa di Dimorphos, contrariamente all’ipotesi NASA del piccolo cratere. L’orbita dell’asteroide verrebbe quindi modificata ancora di più e molto più materiale potrebbe essere eiettato nello spazio.
Il motivo principale per cui la NASA non aveva esplorato una simulazione basandosi sui dati di Hayabusa2 era perché non esisteva un metodo sufficientemente robusto. In laboratorio, infatti, non si possono replicare tali condizioni di ricreazione del cratere d’impatto, che ci mette ore, vista la poca gravità a formarsi. Rimane solo la simulazione numerica che, però, deve riuscire a tenere conto della propagazione delle onde d’urto, della compattazione del materiale e del seguente comportamento del flusso di materiale. Il team dell’Università di Berna, guidato da Sabina Raducan ci è riuscito.
La simulazione del team di Raducan rimane di fatto oggetto quasi di speculazione, visto che solo il 2 ottobre 2022 potremo davvero scoprire la struttura interna dell’asteroide e quindi la sua reazione all’impatto, grazie alle trasmissioni di LICIA.
Tuttavia, nell’ambito della missione HERA follow-up di DART, dell’ESA, prevista per il 2024 e che andrà ad investigare l’aftermath dell’impatto, è essenziale considerare tutti i possibili risultati dell’evento, di modo da preparare sonda e team a scenari imprevisti o statisticamente più rari. In quest’ottica il lavoro dell’Università di Berna diventa di notevole importanza.
Infine, se Dimorphos si rivelasse internamente come ipotizzado dal team di Raducan e l’impatto si sviluppasse secondo le modellazioni portate avanti, ciò validerebbe il metodo di simulazione fornendoci uno strumento in più per la difesa planetaria e la comprensione degli asteroidi in generale.
Lo studio completo dell’Università di Berna si può leggere qui.
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