In questi mesi d’intensa attività del settore space, dopo i test di montaggio dello Space Launch System e prima dell’atteso lancio del James Webb Telescope, un’ulteriore tecnologia, che è passata alle luci della ribalta dopo la implementazione nella rete Starlink, muoverà un ulteriore passo verso la fine del suo sviluppo. Si tratta della Free-Space Optical communication (FSO), cioè la trasmissione d’informazioni tramite modulazione in ampiezza di fasci di laser. Per Starlink questa tecnologia è essenziale per creare un network tra satelliti che si scambiano dati internet in LEO. Ora la NASA è pronta a lanciare un satellite per ulteriori test e applicazioni. L’obbiettivo è dimostrare se questa tecnologia potrà essere validata in ambiente geostazionario.
Tra le 1.04 e le 3.04 a.m. CEST del 4 dicembre 2021, è previsto, da Cape Canaveral, il lancio dello Space Test Program Satellite-6, contenente la missione della NASA Laser Communications Relay Demonstration (LCRD). Il vettore per il lancio sarà un razzo Atlas V551 e la destinazione ultima di questo satellite è l’orbita geosincrona a 36000 km di distanza dalla superficie terrestre. Le operazioni in orbita verranno gestite dalla ground station a Las Cruces in New Mexico.
I Space Test Program (STP) del Dipartimento della Difesa statunitense sono programmi annuali che schedulano i lanci e le operazioni in orbita con lo scopo di testare nuove tecnologie o esperimenti in condizioni ambientali spaziali. Sono operazioni normali, di routine. Per esempio, il primo STP è stato compilato nel 1969, contenente i primi esperimenti delle tecnologie per il Sistema di Posizionamento Globale (GPS). Solo negli ultimi dieci anni le missioni FSO sono iniziate a comparire negli STP della NASA. Tuttavia, le telecomunicazioni ottiche sono da sempre note, almeno in teoria, come un’ottima possibilità per raccogliere dati “spaceborne” e per costruire le reti di comunicazioni inter-satellite all’interno di una stessa costellazione.
I vantaggi delle telecomunicazioni laser
I vantaggi di questa tecnologia sono diversi. Innanzitutto permette l’utilizzo di una “larghezza di banda” di dieci volte maggiore rispetto a quelle utilizzabili nelle radiofrequenze. Si ottiene alzando di molto il bitrate, un parametro espresso in bit al secondo che rappresenta quanti dati arrivano in quanto tempo. Inoltre, i laser-link (collegamenti laser) sono estremamente sicuri, impossibili da intercettare. Essendo “fatti di fotoni” possono essere criptati tramite una “chiave quantica” virtualmente impossibile da decrittare.
Sempre nell’aspetto strategico e logistico, si nota che le telecomunicazioni tramite laser sono immuni alle interferenze. Non necessitano quindi di una regolazione da parte dell’ITU (International Telecomunications Union), l’ente di regolazione delle telecomunicazioni. Ultimamente questo ente si trova in affanno visto che le radiofrequenze (RF) disponibili sono vicine all’esaurirsi.
Di fianco a questi vantaggi forse meno tangibili, è da evidenziare che un’apparecchiatura di telecomunicazioni ottiche ha un fattore SWaP (Size, Weight and Power) molto ridotto rispetto alle tecnologie RF. Il motivo per cui le FSO non sono ancora alla loro massima espansione è di fatto economico e storico. Infatti, le telecomunicazioni in RF si padroneggiavano già nell’Ottocento, quindi all’inizio dell’era spaziale gli scienziati si sono basati ovviamente su queste.
Gli svantaggi delle telecomunicazioni laser
C’è però da considerare un grave svantaggio delle telecomunicazioni ottiche: il raggio laser subisce fenomeni di scattering e dispersione attraversando l’atmosfera e l’errore aumenta assieme alla presenza di acqua (o barriere di qualsiasi tipo) sul cammino del raggio laser. Durante un temporale, o anche una giornata nuvolosa, l’efficienza della comunicazione sarebbe molto compromessa. Diverso discorso è per i collegamenti inter-satellite, ma anche qui, solo negli ultimi vent’anni si è iniziato a pensare concretamente alla costruzione di giga-costellazioni, escludendo quelle per i GPS.
Un’altra difficoltà che ne ha rallentato lo sviluppo è la richiesta di una grande precisione di puntamento. Infatti, da un’orbita geosincrona la footprint (l’area coperta al suolo dal segnale) del fascio laser è di soli 600 metri. Quella delle radiofrequenze di anche 480 km. La missione LCRD è una dimostrazione tecnologica di un sistema costruito appositamente per poter operare con diverse Ground Stations. Quindi è flessibile abbastanza per evitare interruzioni dovute al meteo. Le due GS scelte per ricevere i fasci laser contenenti le informazioni sono state scelte per la loro minima copertura nuvolosa: Table Mountain, California e Haleakala, Hawaii.
Il collegamento con la ISS
LCRD comunicherà in diverse condizioni meteo terrestri, ma anche in diversi scenari spaziali, considerando un notevole numero di variabili. Verranno quindi raccolte diverse informazioni su quanto e come possono essere utilizzate le telecomunicazioni ottiche per un downlink, cioè un collegamento Terra-Spazio.
Inoltre, LCRD testerà anche la possibilità di un link intersatellitare e successivamente downlink di spaceborne data. Infatti, un payload ospitato dalla ISS (ILLUMA-T) sarà in grado di modulare un laser da inviare a LCRD, contenente dati in alta risoluzione di esperimenti e strumenti a bordo della ISS. LCRD provvederà a mandare i dati a Terra tramite laser. Questo permetterà agli scienziati di avere i risultati degli esperimenti e contemporaneamente confrontarli con quelli ricevuti via radiofrequenze. Così si stimerà la qualità della telecomunicazione ottica.
Per concludere il quadro, bisogna riferire che NASA non è la prima a sviluppare payload FSO per dimostrazioni in orbita; e questo non è nemmeno il primo payload che la NASA produce di questo tipo, anche se appunto, è il primo che ha una certa risonanza mediatica.
Laser non solo alla NASA
Negli ultimi anni, considerando i vantaggi di SWaP, sono state le piccole startup, anche italiane, nate con la New Space Economy a raccogliere i piccoli progetti delle grandi Agenzie (anche ESA ha i suoi trascorsi con questa tecnologia) e a portarli avanti in maniera più profonda in questi anni, aiutate dalle Università. Un esempio italiano di questo tipo di startup è Stellar Project che ha sviluppato un suo payload e che ora collabora con Argotec e diversi altri enti per lo sviluppo di un payload a criptazione quantistica.
La NASA ha creato una serie di eventi online per seguire il lancio virtualmente. A questo link ci si può registrare per accedere a contenuti behind-the-scenes, video e risorse speciali tra cui anche un francobollo virtuale commemorativo.
Ovviamente, il lancio sarà visibile sui social anche per tutti coloro che non si registrano all’evento ufficiale. Non è nuovo che la NASA organizzi eventi virtuali del genere in occasione di lanci od operazioni particolarmente famose, ma è una novità che ciò venga fatto per una “semplice” missione di test per una tecnologia non molto nota. È un segno che la NASA finalmente sta decidendo d’investire, anche mediaticamente, su una tecnologia che, per i motivi spiegati sopra, per decenni è rimasta sullo sfondo dello sviluppo spaziale.
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