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La Cina nello spazio tra inseguimenti, bracci robotici ed esplosioni – Spazio d’Oriente

Nicolò Bagno di Nicolò Bagno
Novembre 1, 2021
in Approfondimento, News, Rubriche, Spazio d'Oriente
Credits: Lewis Carlyle/U.S. Space Command

Credits: Lewis Carlyle/U.S. Space Command

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Lo spazio è l’ultima frontiera dei conflitti tra nazioni, questa non è una novità. Tuttavia molteplici avvenimenti recenti permettono di capire sempre meglio come in maniera concreta potrebbero avvenire le manovre miliari su questo nuovo teatro di guerra. La Cina in particolare, è reduce da un’incredibile corsa nel settore, tanto che ha creare una struttura militare apposita nota come Strategic Support Force oltre che un assortito sistema di osservazione terrestre. Apice di questo continuo sforzo verso la difesa dello spazio è il sistema di navigazione globale BeiDou. Completato da solo un anno ha reso la Cina una potenza militare totalmente autonoma dai rivali sistemi rivali di USA e Russia.

Tramite i satelliti militari passano informazioni preziosissime e indispensabili per il controllo degli eserciti moderni. Dati come posizione, immagini, comunicazioni e intercettazioni passano tutti da un complesso ecosistema di costellazioni satellitari. È evidente che riuscire, anche solo parzialmente, a debilitare i sistemi satellitari delle nazioni avversarie significa avere un importante vantaggio strategico. Oggi su Spazio d’Oriente, in questa prima puntata della terza stagione, discutiamo di come la Cina stia velocemente adottando misure per essere pronta nei prossimi conflitti spaziali.

Inseguimenti in orbita: SJ-20 e TJS 3

Una delle attività militari nello spazio è osservare a distanza ravvicinata altri satelliti nemici per poterne studiare le caratteristiche e potenzialmente danneggiarli o distruggere in futuro. Gli Stati Uniti hanno una costellazione dedicata a questo scopo nota come GSSAP posta in orbita geostazionaria. Nel luglio 2021, USA-271, uno dei satelliti GSSAP si è avvicinato rapidamente in parallelo a un satellite cinese, Shijian-20 (SJ-20), presumibilmente per osservalo. In questo caso la Cina ha dimostrato un’elevata velocità di reazione, e in sole 24 ore è riuscita a individuare ed eludere l’osservazione da parte del satellite americano effettuando delle veloci manovre di spostamento.

Uno schema dei bus di satelliti militari cinesi.
Uno schema dei bus di satelliti militari cinesi.

Sviluppati dalla CALT, il ramo del colosso statale CASC, i satelliti del programma Shijian sono dei dimostratori tecnologici. Tuttavia poche informazioni sono note, così come un eventuale ruolo nei programmi dell’esercito cinese. Nel caso di SJ-20 è stato rivelato essere il primo satellite di un nuovo modello (o bus) noto come DFH-5 ossia l’iterazione più grande del precedente bus DFH-4. Dotato di propulsione ionica a Xenon e con una massa di oltre 7.5 tonnellate, I DFH-5 si collocano nella categoria di satelliti più grandi al mondo. Il nuovo bus presenta anche nuove tecnologie come un radiatore dispiegabile, pannelli solari semirigidi su due dimensioni, nuova elettronica e un nuovo serbatoio per le gestione del propellente in autonomia.

Delle osservazioni simili alle manovre di SJ-20 sono state effettuate nel 2018. Il satellite TJS 3, di cui non noti sono obbiettivi e design, ha effettuato delle precise manovre in coppia con il kick stage (ultimo stadio del razzo) che l’ha portato in orbita. Questi spostamenti vengono definiti RPO (Rendezvous Proximity Operations) e sono una tattica essenziale per il futuro dei “conflitti” tra paesi nello spazio. Infatti tramite queste manovre sono in grado di “accecare” se non ha addirittura intervenire su un satellite nemico al fine di renderlo inutilizzabile. Nel seguente video sono rappresentate le manovre di avvicinamento del satellite americano (in bianco). In verde invece sono indicate le manovre del satellite cinese.

Una mina antisatellite?

Un articolo recentemente pubblicato sulla rivista cinese “Electronic Technology & Software Engineering”, ripreso dal South China Morning Post ha illustrato come un gruppo di ricercatori cinesi stia lavorando a un sistema antisatellite di nuova concezione. Gli scienziati militari hanno progettato e testato a terra un mezzo robotico per posizionare delle piccole cariche esplosive negli ugelli dei gas di scarico di altri satelliti. Tramite un meccanismo azionato da un motore elettrico questi dispositivi potrebbero rimanere ancorati all’obbiettivo per un lungo periodo di tempo ed eventualmente sganciarsi se necessario.

Contrariamente a una normale esplosione distruttiva, la piccola quantità di esplosivo presente non serve per distruggere il satellite obbiettivo. L’obbiettivo è compromettere i sistemi di controllo, preservando l’integrità della struttura. L’idea è quella di rendere il satellite inutilizzabile simulando quello che potrebbe essere un malfunzionamento al sistema propulsivo. Questa è una delle cause più comuni tra i malfunzionamenti dei satelliti.

Il dispositivo sfrutterebbe il cosiddetto ugello de Laval, un modo per definire il design impiegato da molti satelliti nei propulsori chimici. Gli ugelli con questo design presentano una strozzatura la quale permette all’arma antisatellite cinese di entrare facilmente e rimane ancorata ricalcando la forma delle pareti.

illustrazione di arma antisatellite Cina

Questo sistema robotico presenta delle dimensioni estremamente ridotte e una massa di soli 3.5 kg. Con questo nuovo approccio la Cina potrebbe ottenere un arma antisatellite molto difficile da individuare e sensibilmente meno distruttiva dei normali sistemi anti satellite o ASAT. Questi ultimi si basano su dei missili convenzionali che creano molti detriti e sono facilmente rilevabili, come ha dimostrato uno degli ultimi test condotti dall’India.

Le anomalie di SJ-17

Uno studio pubblicato dal Center for Strategic and International Studies (CSIS) ha messo il luce lo strano comportamento del satellite Shijian-17. Lanciato nel 2016 a bordo del Lunga Marcia 5, il satellite come tutti quelli del programma Shijian ha lo scopo di testare nuove tecnologie. L’analisi del CSIS ha osservato come negli spostamenti di SJ-17 ci sono frequenti avvicinamenti ad altri satelliti cinesi nell’ordine di 50-100km. Un dato in netto contrasto con la distanza media dei satelliti in orbita geostazionaria (in cui SJ-17 è posto) oltre i 200km.

La grande manovrabilità di SJ-17 ha destato diversa preoccupazione all’interno della Space Force americana. Il generale James Dickison in un’audizione al congresso ha rivelato che il satellite avrebbe anche un braccio robotico. Questo approccio è molto interessante in quanto questa tattica militare si interseca con i programmi civili di on-orbit servicing. Questi ultimi sono presenti negli USA nei programmi MEV e OSAM della NASA, così come in Cina ci sono Shinjian-21 e un nuovo progetto delle SAST rivelato da poco al Zhuhai air show.

Spazio D’Oriente viene pubblicato a cadenza mensile per raccontare e spiegare il settore spaziale cinese. Spazio D’Oriente è una rubrica progettata e scritta da Nicolò Bagno.

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Tags: ASATCALTCASCCinaSJ-17SJ-20Space ForceTJS-3Usa

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