Una delle applicazioni più classiche che si possa fare con i satelliti in orbita è l’osservazione terrestre, fotografando la superficie del pianeta. Questo servizio è stato alla base dello sviluppo di molte tecnologie, prima militari e poi anche civili. Nel 2021 stiamo per avvicinarci, e probabilmente ne siamo già entrati, ad una rivoluzione del mercato dell’osservazione, complici l’incremento di tecnologie, di satelliti, e di player interessati al mercato. Ne abbiamo avuto un esempio durante l’emergenza della nave Ever Given bloccata nel Canale di Suez, quando decine di satelliti diversi, con tecnologie e precisioni diverse, sono riusciti a fotografare l’imbarcazione.
Abbiamo raggiunto Gaetano Volpe, CEO e Fondatore di Latitudo40, una Startup italiana nata nel 2017 che si occupa di analisi dati a partire dalle foto satellitari.
Di cosa vi occupate in Latitudo40?
Latitudo 40 nasce nel 2017 dall’idea di tre amici (Gaetano, Vincenzo e Mauro), costantemente alla ricerca di strumenti per valorizzare l’innovazione tecnologica, con Donato, un ricercatore a contratto dell’Università di Napoli con un Phd in remote sensing e una grande esperienza nel processamento di immagini radar per analisi ambientali.
Siamo partiti dalla considerazione che ricercare, elaborare ed analizzare le immagini satellitari era ancora un processo complesso e riservato ad un ambito scientifico o di grandi aziende istituzionali e non esisteva un modello semplice, rapido ed economico per rendere disponibili i risultati delle elaborazioni ad un mercato mainstream. Per questo, analizzando il mercato e iniziando a parlare con i potenziali clienti e partner, abbiamo disegnato una piattaforma cloud based in grado di gestire, in modo automatico, tutto il ciclo di vita dell’informazione, dalla ricerca nei cataloghi delle immagini (sia open come Copernicus, che commerciali come Maxar, Planet e Airbus) fino alla rappresentazione con interfaccia geospaziale (un gis sul web) o con dati sintetici (una dashboard).
Il passo successivo è stato quello di mettere in campo un’attività di ricerca e sviluppo per applicare algoritmi di Machine Learning e Intelligenza Artificiale per analizzare in automatico le scene e indentificare trend o contare specifici oggetti in ambito urbano o extra urbano. I nostri algoritmi sono oggi in grado di identificare specifici oggetti nelle scene, come pannelli solari, auto, edifici e capannoni industriali o analizzare fenomeni come l’erosione costiera o la formazione delle bolle di calore urbano (urban heat bubbles). Per quest’ultimo fenomeno abbiamo sviluppato un’innovativo algoritmo, addestrato su immagini termiche, in grado di stimare la temperatura al suolo utilizzando le immagini di Sentinel2. Latitudo 40 è pertanto una geospatial company, la nostra visione è quella di trasformare immagini composte da milioni di pixel in informazioni utili per supportare il processo decisionale.
Ci stiamo concentrando in due principali settori, l’agricoltura di precisione, per rendere più produttive e sostenibili le colture, e il monitoraggio e la pianificazione urbana, per fornire informazioni per una città più smart, verde e inclusiva. La nostra crescita è passata attraverso l’incubazione nel ESA BIC di Roma, la partecipazione all’acceleratore PARSEC finanziato dalla Commissione Europea e l’ingresso nel portafoglio Techstars (uno dei principali investitori in startup a livello mondiale). Oggi stiamo chiudendo due importanti accordi di investimento con una data company italiana e con un investitore della Repubblica Ceca.
Negli ultimi anni, diverse startup sviluppano delle costellazioni di osservazione SAR, una su tutte Capella Space. Quali sono i pregi di questa tecnologia rispetto ai normali satelliti ottici? E chi è interessato al loro sfruttamento?
La tecnologia di analisi del pianeta usando le immagini da satellite non è certo nuova, ma oggi sta riscuotendo molto successo ed interesse anche in relazione alla necessità di monitorare un pianeta a rischio per i cambiamenti climatici e per ottimizzare l’uso di risorse che diventano sempre più scarse. I sensori, montati a bordo dei satelliti, consentono di acquisire informazioni con modalità diverse, dalle lunghezze d’onda della luce visibile, spettro elettromagnetico non visibili all’occhio umano e rilevazioni radar. Parliamo di solito di sistemi ottici passivi, in grado di catturare la radiazione naturale della luce solare che viene emessa o riflessa dagli oggetti sul terreno in modo diverso a seconda della loro riflettività o riflettanza, e di sensori radar attivi, questi emettono impulsi di onde elettromagnetiche e catturano la radiazione riflessa o retro diffusa dagli oggetti (o bersagli) sul terreno.
La grande innovazione degli ultimi anni è connessa alla possibilità di montare questi sensori su satelliti di piccole dimensioni (smallsats) molto più economici, molto più vicini alla terra e con capacità di rivisita molto frequente. I primi sensori montati sugli smallsat sono stati quelli ottici, più semplici da gestire e da installare su piattaforme di piccole dimensioni. Grazie alle startup Capella Space e Iceye, la tecnologia SAR è oggi disponibile anche su questa classe di satelliti, con enormi investimenti tecnologici nella miniaturizzazione dei sensori.
I sensori SAR superano i limiti dei sensori ottici, legati alla non perfetta visibilità del suolo per effetto di fenomeni nuvolosi, per la presenza di fumo o per assenza di luce. La immagini riprese da sensori SAR possono funzionare in qualsiasi condizione ambientale ed anche di notte. I sensori SAR hanno un enorme potenziale per supportare il monitoraggo di importanti fenomeni ambientali, come terremoti, frane, eruzioni vulcaniche o, più in generale, fenomeni di deformazione della superficie terrestre, quindi sono uno strumento fondamentale per supportare l’analisi e la prevenzione dei rischi. Grazie ad una tecnica denominata Interferometria Differenziale SAR (DInSAR), tramite il confronto di una serie di immagini è possibile monitorare lo spostamento di oggetti sulla superficie terrestre (costoni rocciosi, edifici, ponti, strade, etc.).
Oggi, grazie ai satelliti di nuova generazione come Cosmo Skymed 2nd generation e Capella Space, si riescono ad avere immagini con una definizione altissima, capaci di generare immagini molto precise e intellegibili, molto simili alle immagini ottiche. Questo consente di ampliare enormemente il potenziale di utilizzo, in quanto oltre alle tradizionali analisi, su queste immagini si possono applicare algoritmi di change detection e object detection. Quindi un mercato in rapida evoluzione, che lo stesso CEO di Capella Space ha valutato in 50Bn USD.
Per sfruttare al massimo il potenziale di queste immagini è necessario renderle accessibili a tutti in modo semplice, rapido e a costi vantaggiosi. Per questo aziende come Latitudo 40 possono creare enorme valore per il mercato, creando nuovi segmenti di utenza, definiti “not space users”, che possono beneficiare delle informazioni derivate dalle immagini satellitari. In questo modo ampliamo la customer base, generando valore per l’intera catena del valore.
L’incidente della nave Ever Given è stata una passerella per molte startup e aziende più grandi, di mostrare rapidità e qualità dei propri sistemi di osservazione. Quanto conta il fattore tempo nell’osservazione terreste commerciale? E’ più importante della risoluzione delle immagini finali?
Nel corso di emergenze a livello globale, si scopre il valore di un sensore “volante” in grado di raccogliere in maniera continuativa immagini del nostro paese, indipendentemente dalle condizioni al suolo. La crisi nel canale di Suez ha dimostrato come oggi è possibile ricevere immagini di un’area di crisi poche ore dopo l’evento e seguire l’evoluzione a brevissimi intervalli. Le nuove tecnologie LEO consentono di incrementare il numero di passaggi del satellite sull’area di interesse e, sfruttando le costellazioni di piccoli satelliti, è possibile arrivare a rilevazioni orarie. Per esempio, quando la costellazione Satellogic sarà completamente operativa con circa 100 satelliti, sarà possibile avere 60 passaggi giornalieri su un singolo punto del globo.
Negli scorsi anni i satelliti erano in grado di restituire le immagini dopo qualche giorno rispetto all’evento, oggi l’evoluzione tecnologica consente di avere queste immagini in near-real time, ma non è lontano il tempo di avere immagini in real time, come abbiamo visto in tanti film di James Bond o in Mission Impossible.
Per noi questo evento è stata l’occasione per dimostrare che oltre all’immagine sono necessari algoritmi in grado di analizzare la scena e estrarre le informazioni utili per prendere le giuste decisioni. Il nostro algoritmo ha contato il numero di navi in attesa nei due laghi a nord e sud dell’evento, fornendo un’informazione utile per calcolare il possibile danno economico. Utilizzando le immagini ad altissima risoluzione, come quelle di Capella Space, sarebbe stato possibile applicare algoritmi più complessi di ship identification per stimare il valore complessivo delle merci in attesa.
Tempo e risoluzione dell’immagine sono due fattori molto importanti, ma la cosa più importante, secondo me, è quella di fornire all’utente finale un’informazione interpretata, in grado di essere utilizzata in un processo di business per prendere le giuste decisioni.
Quali sono secondo lei le applicazioni più innovative e da seguire nei prossimi anni nel settore dell’osservazione terrestre e della conseguente analisi dei dati satellitari?
La scena tecnologica nell’ambito dell’osservazione della terra è in continua evoluzione e ci sono tantissime nuove tecnologie che stanno emergendo. Dopo decenni di attività spaziali tradizionali, il paradigma spaziale sta cambiando. Le nuove tecnologie e le innovazioni “disruptive” rendondo possibili nuovi approcci a missioni più efficienti in termini di costi, design e processi di produzione. Un primo trend da analizzare è il crescente posizionamento di satelliti nell’orbita terrestre bassa e in quella molto bassa (LEO e VLEO), con conseguente incremento dei tempi di rivisita e disponibilità dei dati in tempo quasi reale con una risoluzione temporale senza precedenti. Uno dei fenomeni da osservare nel prossimo futuro sarà la sovra produzione di immagini, oggi abbiamo molto più immagini di quelle che possiamo effettivamente utilizzare e quidi sarà necessario individuare, anche in cosiderazione del ridotto ciclo di vita dei nuovi satelliti, modelli di business in grado di assicurare un rapido ritorno sugli investimenti effettuati, in grado di assicurare le risorse per sostituire i satelliti in orbita.
Un altro trend molto importante che stiamo analizzando è l’emergere di nuove tipologie di sensori a bordo dei satelliti, quelli più promettenti e innovativi sono sicuramente i sensori iperspettrali. Le tecnologie iperspettrali ormai sono una realtà, come il satellite italiano PRISMA dell’Agenzia Spaziale Italiana, e le prime costellazioni di Satellogic e Zhuhai Orbital OHS. Grazie all’analisi iperspettrale si potrà avviare un nuovo modello di analisi del territorio, arrivando a caratterizzare la composizione dei materiali che compongono il suolo. Ad oggi ci sono almeno 10 aziende a livello globale hanno piani per sviluppare costellazioni commerciali nei prossimi cinque anni. Due barriere storiche chiave devono essere superate perché l’imaging iperspettrale irrompa nel mercato commerciale mainstream: il costo dei dati e la complessità dell’elaborazione.
Come vede questo mercato in Europa e in Italia?
Sicuramente sia in Italia che in Europa il mercato è molto dinamico e con molte opportunità di sviluppo. Sia l’Italia che l’Europa hanno investito consistenti risorse per lo sviluppo di costellazioni di proprierà pubblica (Copernicus e CosmoSkyMed), con una ricaduta su tutto l’ecosistema industriale europeo. Tutti i principali studi evidenziano una crescita del mercato nei prossimi anni, sia relativamente all’incremento dell’uso delle immagini e degli analytics da parte dei clienti tradizionali del mercato (istituzioni, grandi aziende oil & gas, infrastrutture) che per la presenza di nuovi segmenti di mercato (agricoltura, urban planning). Il mercato evolverà sempre più verso la vendita di soluzioni applicative integrate in cui le immagini possono essere elaborate in maniera automatizzata, utilizzando algoritmi di Artificial Intelligence, per interpretare e riconosce autonomamente fenomeni di interesse, come lo stress idrico delle colture, il consumo di suolo o l’erosione della costa.
Ci può parlare di qualche progetto futuro di Latitudo40?
Siamo una startup che è alla continua ricerca del motore di crescita e i nostri modelli di business sono continuamente validati con i nostri clienti. Il nostro approccio è tipicamente Agile e Lean, per cui oltre ai due prodotti consolidati in ambito Agricoltura di precisione e Urban Monitoring, abbiamo una serie di Minimum Viable Product che stiamo cercando di validare sul mercato. Il caso di Ever Giver ci ha fatto creare un nuovo MVP nel settore dell’informazione, ovvero la produzione di contenuti per aziende e testate che si occupano di informazione relativi a grandi eventi internazionali. Questo potrebbe essere uno strumento molto utile per chi si occupa di informazione, perché consentirebbe di avere una valutazione indipendente e automatica di eventi anche lontani nel mondo, per esempio una migrazione di profughi al confine di due paesi, gli effetti di un evento catastrofico come un terremoto o un’alluvione o manifestazioni di piazza.
Un altro progetto su cui stiamo lavorando è quello di creare un sistema di simulazione, sempre basato su algoritmi di intelligenza artificiale, che consenta ai nostri clienti di analizzare i trend storici di speficifici fenomeni e simulare delle specifiche azioni per visualizzare i possibili risultati. Il primo esempio, più semplice, sarà applicato alle bolle di calore urbano, che possono essere gestite con diverse tecnologie tra cui l’incremento del verde pubblico. In questo caso il nostro simulatore avrà l’obiettivo di individuare il possibile risultato con l’inserimento di nuovi alberi, anche in termini di cattura di CO2.
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