Il 22 marzo, alle 07:07 orario italiano, dal Cosmodromo di Baikonur è stato lanciato un vettore Soyuz-2 con un carico di 38 satelliti. Il lancio è stato effettuato correttamente, a bordo era presente un satellite di osservazione terrestre per la Corea de Sud, che rappresentava la missione principale. Assieme a questo c’erano anche diversi satelliti italiani e altri cubesat, che sono stati rilasciati a sua volta grazie all’uso di un dispenser italiano, l’UNISAT-7 sviluppato da Gauss srl. Questo dispositivo è stato inoltre il primo ad utilizzare il nuovo motore REGULUS dell’azienda padovana T4i, che con questo lancio ha quindi realizzato il proprio battesimo dello spazio.
Il carico Italiano
STECCO
Il primo satellite italiano a bordo del dispenser UNISAT-7 era STECCO, realizzato dalla Scuola di Ingegneria Aerospaziale di Roma. Stecco è un PocketQube 6P di 30x5x5 centimetri ma nonostante le sue piccole dimensioni e la massa contenuta, pari a 0.85 kg, contiene diversi sistemi avanzati realizzati ad hoc. Fra questi ci sono dei nuovi computer di bordo (OBC) POHEBE e il sistema di potenza EPS che verranno testati in volo. Il PocketQube è il primo a essere equipaggiato con due riflettori a spigolo di cubo (CCR), che saranno adoperati per esperimenti di Satellite Laser Ranging, e con uno smorzatore passivo di tipo viscoso, il cui scopo è quello di dissipare l’energia cinetica rotazionale del satellite, favorendone così la stabilizzazione per effetto del gradiente di gravità.
La propulsione di T4i
T4i è una PMI italiana nata nel 2014 come Spin-Off del gruppo di propulsione dell’Università di Padova, e questo lancio ha rappresentato per loro il battesimo dello spazio. E’ stata infatti la prima volta che il nuovo propulsore al plasma REGULUS viene usato in una missione commerciale. L’obbiettivo di questo piccolo motore, grande 93.8 x 95.0 x 151.0 mm, è quello di fornire mobilità in orbita a piattaforme e satellitari e/o ad altri cubesat. In questo caso ha permesso a UNISAT-7 di muoversi nello spazio, rilasciando nella giusta orbita i vari payload.
Il motore di T4i permetterà a piccoli satelliti di eseguire tutte le manovre tipiche dei mezzi più grandi. Fra queste c’è ovviamente il cambio di orbita, ma anche utilizzi più attuali e sempre più necessari come il cambio di traiettoria per evitare scontri e il rientro in orbita per evitare la creazione di rifiuti spaziali. Capacità che molto spesso mancano a satelliti di piccole dimensioni.
REGULUS è uno dei primi motori al mondo che utilizza iodio solido come propellente, una soluzione green che consente di ridurre costi e dimensioni. La prima validazione in orbita di questa tecnologia è un passo importante per l’azienda padovana che dispone di tecnologie propulsive che vanno dall’elettrico, al chimico e al gas freddo. A questo link è possibile approfondire le varie caratteristiche di REGULUS, dalle dimensioni alla spinta che è in grado di generare.
WildTrackCube-SIMBA
Assieme al dispenser UNISAT-7 era presente anche il cubesat WildTrackCube-SIMBA realizzato dai ricercatori del laboratorio «S5Lab» (Sapienza Space Systems and Space Surveillance Laboratory). Questo piccolo satellite, a cui hanno contribuito anche le università del Kenya Machakos e Nairobi, riuscirà a collegarsi direttamente con i collari posti su vari tipi di fauna selvatica in Kenya, controllandone gli spostamenti. Il progetto con il Kenya, paese dalla lunghissima collaborazione spaziale con l’Italia, è stato finanziato anche dall’Agenzia Spaziale Italiana. Aiuterà non solo nel controllo della fauna, ma anche nell’educazione all’analisi e al controllo di tecnologie e dati spaziali.
A bordo del dispenser UNISAT-7 era anche presente il satellite FESS, un dimostratore tecnologico della Laser Navigation srl.
Elsa-D
A bordo del Soyuz-2 era anche presente Elsa-d, il primo dimostratore dell’azienda giapponese Astroscale per la rimozione dei detriti spaziali. Lo scopo di ELSA-D, è infatti verificare il corretto funzionamento delle tecniche di base necessarie per l’attracco ai detriti spaziali e la conseguente rimozione dalla LEO. Il dispositivo è composto da due satelliti, il Chaser e il Target. Il primo ha un peso di circa 175 kg, mentre il secondo si avvicina ai 17 kg, e sono stati lanciati assieme, attraccati uno all’altro. Chaser è dotato di tecnologie di rendez-vous e di un meccanismo di aggancio magnetico. Tra i vari strumenti che ha a bordo, i più importanti sono quelli di rilevamento ottico per orientarsi.
Target e Chaser, una volta in orbita stabile, verranno scollegati e allontanati. Target (bersaglio) avrà lo scopo di simulare un possibile detrito spaziale, quindi dovrà essere individuata da Chaser (inseguitore) per poi venire agganciato. Per aiutare il lavoro del satellite più grande, il piccolo Target dispone di una serie di marcatori ottici, in maniera tale che Chaser possa aggiustare l’assetto per un docking ottimale.
Il resto del carico di uno Soyuz-2 speciale
Il vettore Soyuz lanciato il 22 marzo ha rappresentato un unicum. E’ stato verniciato completamente di bianco e blu in occasione dell’anniversario dei 60 anni dal volo di Yuri Gagarin. I colori ricordano quelli del razzo Vostok 1, con cui il 12 aprile 1961 Gagarin ha raggiunto lo spazio per la prima volta nella storia.
Fra gli altri satelliti a bordo del vettore Soyuz erano presenti 4 satelliti GRUS, gli 1B, 1C, 1D e 1E. Si tratta di satelliti dal peso di 80 kg l’uno, usati per l’osservazione terrestre. Riescono a fotografare la superficie terrestre con una risoluzione di 2.5 metri in modalità pancromatica e 5 metri in modalità monocromatica.
A bordo c’era anche Challenge ONE, il primo satellite della Tunisia. Si tratta di un satellite per la ricerca, per testare le capacità di collegamento a Terra. Dispone inoltre di una camera per osservare la superficie terrestre. Un altro satellite a bordo del carico era Unicorn 1, il primo dell’azienda Alba Orbital, con sede in Scozia. Si tratta di un dimostratore tecnologico che tenterà, per la prima volta, il collegamento fra un satellite in orbita terrestre bassa e uno in orbita geostazionaria.
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