Il 2020 è l’anno di Marte. Questa frase è stata ripetuta molte volte, e il motivo principale riguarda le tre missioni lanciate verso il pianeta rosso a Luglio. Hope, Tianwen-1 e Perseverance. Tre missioni di tre Stati diversi in un’unica finestra di lancio non era mai successo. Sono senza dubbio la manifestazioni di un rinnovato interesse verso il pianeta rosso ma anche il segno che il settore aerospaziale e della ricerca spaziale è in crescita e in espansione.
Proprio nel mese di Marte, il nostro approfondimento dedicato alla missione Mars Sample Return è stato inserito nel primo volume del Mars Planet Report, il magazine semestrale della Italian Mars Society. Oggi abbiamo raggiunto il presidente Antonio Del Mastro per porgli alcune domande su Marte, sul futuro della ricerca spaziale e sulle attività della sua associazione.
Mars Planet è una realtà legata alla Mars Society americana, fondata da Robert Zubrin, è corretto?
Sì, Mars Planet è il nome che abbiamo scelto qualche anno fa, ma di fatto noi siamo nati e rimaniamo il capitolo italiano della Mars Society. Noi siamo Italian Mars Society come entità che rappresenta la Mars Society, ma nell’arco della nostra storia, che inizia nel 2005, le nostre attività si sono molto ampliate, anche internazionalizzate, per cui abbiamo scelto questo nome aggiuntivo: Mars Planet, anche per dare una connotazione più internazionale a quello che noi vogliamo fare e per chiarire subito di cosa ci occupiamo.
Le vostre attività sono infatti incentrate su Marte e riguardano la comunicazione, ma non solo.
Noi copriamo essenzialmente tre attività. C’è un’attività di base che è di tipo divulgativo, presso scuole e/o organizzando seminari ed eventi. C’è poi un’attività di ricerca scientifica, che ci vede divisi per aree tematiche, che possono essere: le applicazioni robotiche, gli studi sociali, la medicina spaziale, la realtà virtuale. Per ognuna di queste tematiche c’è un coordinatore di area che segue dei progetti di ricerca. Spesso in questi progetti intervengono anche studenti universitari o neolaureati in materie scientifiche o ingegneristiche, che collaborano a queste attività di ricerca. Questi progetti ci permettono poi di produrre delle pubblicazioni scientifiche. Attualmente riusciamo a pubblicare 6/7 ricerche all’anno. Proprio in queste settimane stiamo completando una pubblicazione sulla medicina spaziale che ci ha coinvolto per parecchi anni.
Oltre a questo c’è un’attività legata alla prototipazione, apertura di nuovi progetti e simulazione. Sono cioè attività nelle quali è compresa l’attività di simulazione marziana. Stiamo completando proprio in queste settimane l’apertura di SMOPS (Space Medicine Operations) che sarà una simulazione delle attività mediche che si compiono in situazioni estreme e prenderà il via fra aprile e maggio del prossimo anno.
Tutti i progetti vengono svolti con l’obiettivo di poter realizzare un giorno la nostra Mars City un centro di ricerca con incluso un simulatore marziano, che possa fungere da hub di sviluppo industriale centrato sulla colonizzazione umana di Marte.

Per quanto riguarda le vostre attività con la realtà virtuale?
Stiamo progettando, e siamo già ad un buon livello di sviluppo, dei prodotti in cui simuliamo l’esplorazione di Marte con la realtà virtuale. Stiamo creando un’intera città marziana virtuale, della quale una prima parte è già disponibile su Steam. Queste nostre attività con la VR hanno principalmente applicazioni in ambito medico. Collaboriamo ormai da anni con diversi partner europei per sviluppare applicazioni mediche impiegando la realtà virtuale e la simulazione della bassa gravità. Questo è un esempio a cui tengo molto perchè dimostra come partendo dal simulare la gravità su Marte ora stiamo utilizzando queste stesse simulazioni, con esito positivo per degli studi sui malati di Parkinson. Questo a testimoniare come, nel suo piccolo, la ricerca su Marte è tutt’altro che infruttuoso e può darci risultati quasi immediati sulla vita quotidiana.
Quest’anno ci sono state ben tre partenze per Marte. Secondo lei, quanto è stato importante che queste missioni siano state di tre paesi diversi?
È di fondamentale importanza. Faccio una premessa. Oggi si parla sempre di più di Marte essenzialmente per due ragioni. La prima è che ci sono sempre più persone che si occupano del pianeta rosso, a livello scientifico, tecnologico e industriale. La seconda ragione è che non ci manca moltissimo, in termini temporali, per raggiungere l’obiettivo di una missione umana su Marte.
Queste tre missioni sono estremamente importanti da due punti di vista diversi. Innanzitutto, innescano un meccanismo di concorrenza e competizione, in particolare la missione cinese. Nel momento in cui, un attore come la Cina, con un miliardo e 300 milioni di abitanti, e con una potenza economica che ne fa essenzialmente l’antagonista degli Stati Uniti in questo momento, incomincia ad investire in maniera sistematica per andare su Marte, questo crea negli USA lo stimolo a non perdere il passo in questa corsa. Il fatto che entrino in gioco le potenze politiche è la manifestazione che [l’esplorazione di Marte ndr] non è un obbiettivo dei sognatori della domenica ma è un qualche cosa nel quale il mondo sta investendo e che ci dovrebbe far riflettere molto in Italia. Questi investimenti che si stanno facendo nel mondo debbono spingerci ad analizzare come noi possiamo contribuire ed essere parte di questa corsa, ovviamente con le dovute limitazioni che ha il nostro paese che non ha le dimensioni di una superpotenza.

Vorrei ora fare una nota sulla missione Hope degli emirati Arabi. La loro è stata una missione di un paese che vive di petrolio e che però sta diversificando il suo business in vari modi. Per dare un futuro economico al paese si è immaginato di andare su Marte, fino ad ipotizzare di avere, per il centenario della nascita del Paese (2071), una città marziana attiva. La cosa importante di questa missione è che gli Emirati si sono certamente avvalsi del supporto di tecnologie straniere, ma hanno anche costruito una filiera di aziende locali, con tutto il know how che ne consegue, che in qualche modo si stanno specializzando nel settore spaziale. Questo è una cosa che fa ben pensare, ci da il senso di come investire su Marte diventi occasione per rinnovare l’economia di un intero paese e portare innovazione.
Tutte e tre queste missioni, oltre alla loro importanza scientifica, hanno quindi questa componente di cambiamento economico e di strategia politica che va osservata con molto attenzione.
La prossima frontiera dell’esplorazione umana sembra però essere la Luna e non Marte. Scegliere prima la Luna secondo lei è una scelta obbligata o solo strategica.
La discussione se andare prima sulla Luna o su Marte fa parte della margherita che ognuno di quelli che si occupa di spazio sfoglia ogni mattina. Luna o Marte, Luna o Marte…
Nella sua domanda ci sono due concetti che mi permetto di dire sono sovrapposti. C’è un concetto, che ci porta ad andare prima sulla Luna, spinto dalla NASA e dalla politica, in particolare da Trump negli ultimi anni con il progetto del Lunar Gateway e delle missioni Artemis. Sono cose che ormai sicuramente si faranno e sono sicuramente progetti positivi, creando le premesse per una prossima colonizzazione umana nei prossimi decenni.
Tuttavia, nella discussione tecnologica se andare sulla Luna o su Marte, possiamo porci in maniera del tutto diversa. Andare su Marte è, in linea di principio, possibile senza andare prima sulla Luna, se ovviamente si adottano i piani di investimenti adatti per andarci. Non è quindi in contraddizione con i viaggi lunari. Un attore nuovo, importante per quest’analisi che stiamo facendo, è sicuramente SpaceX di Elon Musk. Indipendentemente dal successo futuro dei progetti di SpaceX, dobbiamo rilevare che questa società sta investendo nella esplorazione umana di Marte in maniera prioritaria rispetto a quella della Luna.
Ora è importante che consideriamo che nonostante stiamo parlando di traguardi da raggiungere fra 30-40 o 50 anni non possiamo non occuparcene già adesso. Questo sarebbe un atteggiamento con conseguenze estremamente negative per il sistema economico. L’Italia deve capire che esiste questa rivoluzione, che si sta facendo sempre più concreta, che è quella dell’esplorazione umana dello spazio, nella quale ci saranno nuove economie e nuove possibilità per creare posti di lavoro altamente qualificati. Se quindi noi vogliamo far parte di questo sistema dobbiamo necessariamente incominciare ad investire di più da adesso.
Proprio con quest’obiettivo di ampliamento del settore economico legato alla Space Economy, in questi giorni Mars Planet ha aperto una collaborazione con il centro svizzero: ce ne può parlare?
Esattamente, noi in collaborazione con lo Swiss Institute for Disruptive Innovation (SIDI), abbiamo dato vita ad una nuova entità che si chiama ECSEC, il cui scopo, o meglio uno degli scopi, è proprio quello di andare verso le aziende tradizionali, cioè quelle che non conoscono lo spazio e verificare la loro capacità di entrare nel settore spaziale, fornire supporto, creare nuovi progetti e prototipi e comunicare quindi per essere presenti nel settore spaziale. Quello che noi facciamo quindi è aiutare a creare un percorso guidato all’interno di un settore nuovo. In particolare, il settore spaziale richiede infatti conoscenze specifiche, ed una particolare conoscenza dell’ecosistema di cui è costituito. Senza programmare un percorso di ingresso adeguato nel settore spaziale, è forte il il pericolo di incorrere in errori che poi possono costare tempo ed energie.
Con ECSEC noi svolgiamo quindi questa attività di introduzione delle aziende tradizionali nel settore spaziale, e dall’altro lato mettiamo assieme le nostre tecnologie e conoscenze per avviare progetti che possono avere una valenza duale, sia spaziale ma anche in grado di produrre una ricaduta oggettiva e visibile sul territorio.
E’ proprio una caratteristica di Mars Planet e della Mar Society, quella di far vedere che questo sforzo che si fa per entrare nel settore spaziale è molto concreto, e può portare risultati positivi in tutta gli aspetti della vita civile.