Firmato lo “Space Act Agreemen” tra Nasa e Virgin Galactic, accordo per lo sviluppo di un programma per portare utenza privata sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). La Stazione potrà essere usata quindi per turismo, spot pubblicitari e persino film.
Nello specifico l’accordo permetterà a Virgin l’avvio del cosiddetto “New Private Orbital Astronaut Readiness Program”. Questo programma, una volta operativo, si concentrerà sulla ricerca dei clienti potenzialmente interessati a delle missioni a bordo della ISS nonché della gestione di ogni fase pre e post lancio.
La particolarità è che non vi saranno preclusioni. Potenzialmente chiunque (con sufficiente disponibilità monetaria s’intende) potrà richiedere e vedersi organizzato un viaggio verso la Stazione.
Nel comunicato Nasa la futura proposta di Virgin viene definita:
“A program to identify candidates interested in purchasing private astronaut missions to the station then procures the transportation, on-orbit resources, and ground resources for private astronaut missions.”
“Un programma per identificare candidati interessati all’acquisto di missioni spaziali private verso la Stazione, per l’individuazione e il reperimento del mezzo di trasporto, nonché la gestione delle risorse necessarie in orbita e a terra”
Questo comporterà per Virgin il dover gestire pressoché ogni fase e ogni aspetto in modo da garantire al cliente una sorta di “pacchetto completo”. Alla fase preliminare di ricerca dei potenziali interessati seguiranno il training, il lancio e il successivo rientro. I vertici di Virgin saranno inoltre responsabili del coordinamento sia delle risorse terrestri sia di quelle in orbita, tutto al fine di garantire la perfetta gestione di ogni step.

La fase di addestramento si prevede che consterà di tutta una serie di voli preliminari presso lo Spaceport America (il sito di Virgin in New Mexico). L’obbiettivo è far fare ai clienti brevi esperienze a gravità zero e provare le accelerazioni gravitazionali simulando il più possibile un vero lancio prima di farne uno reale.
Queste le parole di Mike Moses, il presidente di Virgin Galactic, a proposito della fase di addestramento con brevi voli:
“We want to put the right package around it, so it’s not just ‘Go to a class and listen to a PowerPoint for three hours… ”
“Vogliamo creare il giusto ambiente, non dire semplicemente [ai clienti] <<Vada in classe e si guardi questa presentazione PowerPoint per tre ore>>”
E ancora Moses ha poi sottolineato come sarà fondamentale garantire un’esperienza ottimale. Parliamo infatti di potenziali professionisti (registi, pubblicitari, ecc.) ma anche semplici privati, gente in ogni caso senza esperienza alcuna quanto a voli spaziali. Mentre infatti gli astronauti sono personale addestrato e spesso con anni di preparazione alle spalle tutto questo cambierà con i futuri clienti. Da qui la necessità di creare un ambiente di test, un programma di simulazione che faccia familiarizzare con gli sforzi e le energie richieste per un lancio in orbita. Tutto però dovrà essere il più possibile “piacevole”, non traumatico, altrimenti chi ripeterebbe l’esperienza o la consiglierà successivamente? Garantire un’apprendimento graduale, utilizzare un approccio crescente, facendo pratica con brevi voli, secondo Moses potrebbe essere la soluzione ideale.
Oltre all’addestramento “per il lancio” non va scordato inoltre quello aggiuntivo per imparare ad usare tutta la strumentazione a bordo e la stessa Stazione Spaziale Internazionale.
Anche su questo punto le dichiarazioni di Mike Moses sono interessanti:
“What you’re going to do while you’re there is the other big piece we’re really looking forward to sinking our teeth into […] How to prepare you while you’re there and then support you once you’re on station.”
“Quello che andrai a fare [tu cliente] mentre sarai lassù è un’altro degli aspetti fondamentali che stiamo organizzando […] Come prepararti a tutto questo e al periodo a bordo della stazione”
Da tutto questo si capisce già la portata (e la serietà) data al progetto.
Differenze rispetto alla concorrenza

Guardando al panorama attuale potremmo dire che quanto descritto sopra non rappresenta davvero una novità. Il futuro programma di Virgin assomiglia ad esempio a quello di Space Adventures, un’altra compagnia che sta organizzandosi per portare turisti paganti nello spazio.
La differenza sta però nel potenziale pubblico a cui si rivolgeranno le differenti società. Space Adventures (come già suggerisce il nome) sarà una compagnia prettamente turistica e si focalizzerà su quello che potremmo iniziare a definire “Space Tourism”. Virgin dal canto suo si rivolgerà ad un pubblico più ampio. Non solo “meri” turisti ma anche ricercatori, scienziati (di compagnie private ma anche governativi) così come produttori e esponenti di varie aziende. Tutti quei soggetti insomma che a vario titolo potrebbero avere interesse a lavorare a bordo dell’ISS.
George Whitesides, il CEO della società, a questo proposito aggiunge:
“This is not just for potentially private space travelers, but could also be for researchers or even government researchers,”
“Questo [il neonato programma di Virgin] non è solo per turisti spaziali ma potrà essere valido anche per ricercatori e scienziati, pubblici e privati”
Possibili criticità
Questo nuovo e inaspettato focus di Virgin sui voli orbitali potrebbe a ragion veduta destare qualche perplessità. La compagnia di Richard Branson nell’ultimo decennio si è focalizzata infatti quasi esclusivamente sui voli sub-orbitali. Proprio l’esperienza maturata in quest’ambito viene però considerata da Mike Moses un valore aggiunto. Secondo quest’ultimo anzi a questo vantaggio si andrà ad aggiungere l’esperienza che gran parte del personale ha maturato in passato. Molti ingegneri infatti hanno lavorato presso la Nasa, gestendo e organizzando programmi come lo Space Shuttle.
Quale soluzione per il trasporto a bordo dell’ISS?
Ultimo punto ancora da chiarire, ma su questo in Virgin non han voluto sbilanciarsi, è quale sarà il mezzo che verrà adottato per l’effettivo trasporto dei clienti a bordo della ISS.

Tre sono le principali alternative (ad oggi). Ormai una realtà è la capsula Dragon 2 di SpaceX recentemente lanciata. C’è Boeing con la sua “CST-100 Starliner”, una navetta ancora in sviluppo ma costruita proprio per il trasporto umano e che dovrebbe divenire operativa l’anno prossimo. Ultima ma non meno importante (sopratutto in quanto sicuramente l’opzione più rodata) è la navetta Soyuz della Federazione Russa. Proprio quest’ultima ricordiamo è stata infatti l’unico mezzo a disposizione degli Stati Uniti (per quasi un decennio) per portare personale sulla Stazione. Non si tratterebbe quindi di una novità.
Tre opzioni quindi ma anche tre differenti prezzi: un lancio sulla Crew Dragon di SpaceX dovrebbe costare circa 60 milioni di dollari, la Starliner è prevista ad un costi di circa 90 milioni mentre la Soyuz ha un passato fatto di prezzi crescenti con lanci passati da circa 21 agli attuali 90 milioni di dollari.
E’ chiaro quindi come attualmente tutto il programma sia agli albori e tante siano ancora le incognite. Ciononostante possiamo constatare ancora una volta il mutato approccio della NASA quanto al futuro della ISS. Non più legato strettamente alla ricerca scientifica ma aperta anche alle possibilità commerciali che si stanno creando negli ultimi anni. E’ l’alba di una nuova era.