Un render del nuovo H3 Giapponese. Costerà all'incirca come un Falcon 9, nonostante non sia riutilizzabile e sarà dedicato principalmente ai lanci verso l'orbita geostazionaria.
A partire dalla seconda metà del 2020 in Giappone inizierà la progettazione di un nuovo razzo riutilizzabile in collaborazione con Francia e Germania. La rivoluzione portata da SpaceX nel 2015 con il recupero e il riutilizzo dei primi stadi del Falcon 9 ha portato l’azienda di Elon Musk a possedere una quota di mercato dei lanci commerciali superiore al 60% (nel 2018). Grazie al recupero del razzo i prezzi offerti da SpaceX sono infatti sensibilmente minori della concorrenza.
Attualmente il Giappone possiede due vettori attivi e il primo volo del nuovo H3 è previsto per la fine del 2020. Nessuno di questi razzi è ovviamente riutilizzabile. A partire dai prossimi mesi l’Agenzia Spaziale Giapponese (Jaxa) ha stanziato un finanziamento iniziale di circa 100 milioni di Yen, equivalenti a poco meno di un 1 milione di Euro. Una cifra che il governo giapponese intende aumentare fino a 3.6 miliardi di Yen (30 milioni di euro) nei prossimi tre anni. Il progetto non sarà solo giapponese ma portato avanti in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Francese e quella tedesca.
Il Giappone si occuperà di tutta la parte software di controllo del rientro, dei motori e dei serbatoi. Difficile sapere ora nei dettagli il contributo sia tecnico, sia finanziario delle altre due agenzie europee. L’obiettivo è però quello di lanciare un primo prototipo del razzo riutilizzabile in un volo di 40 Km di altitudine nel 2022.
La partecipazione dei due stati europei al progetto giapponese è un’ottima occasione per confermare la collaborazione europea col paese asiatico. Il Giappone è sempre stato un partner storico della corsa allo spazio, sia per l’Europa che per la NASA. Un progetto per un vettore riutilizzabile di questo tipo si affianca a quello dell’ESA e di Ariane Group: Prometheus. Un’ulteriore dimostrazione che avere delle agenzie statali, oltre a quella Europea, è un pregio del sistema spaziale Europeo e non un difetto.