Siamo giunti alla quarta puntata de I progressi di Starship, nella quale analizziamo i principali progressi del progetto di SpaceX nel mese appena trascorso. Nel precedente articolo avevano analizzato l’esplosione di SN 1, lasciandoci con la speranza di veder volare il prototipo successivo. Analizziamo ora cosa è successo nel mese di marzo e alla Starship SN3.
Bene SN 2 ma non benissimo SN 3
A causare l’esplosione del mese scorso di SN 1 è stato il cedimento della parte inferiore del serbatoio alla quale saranno in futuro agganciati i motori. Si è scoperto che gli operai e gli ingegneri erano a conoscenza del fatto che in quella zona le saldature non erano molto precise. Nonostante ciò, il prototipo è stato portato comunque sul pad, distruggendosi durante la pressurizzazione con azoto a temperature criogeniche. Lo stesso Musk ha scoperto successivamente questo problema, rimproverando poi i suoi operai per il lavoro svolto.
Per verificare il corretto funzionamento degli aggiornamenti adottati alle parti di SN 1 che hanno ceduto, è stata realizzata SN 2. Questa non è stata costruita completamente, ma si sono limitati alla parte inferiore. La seconda Starship non è quindi stato un vero e proprio prototipo, ma più un serbatoio di test.
Il 6 marzo questa Starship incompleta era già sul pad per effettuare le prove di tenuta, dopo solamente 6 giorni dall’esplosione di SN 1.
Hanno cominciato con una prima prova utilizzando dell’acqua e successivamente, l’8 marzo, si è passati all’azoto a temperature criogeniche. Entrambi i test hanno dato esito positivo, facendo ben sperare nel successo e in un futuro volo dei prototipi successivi. Completate queste prove, SN 2 è ritornata nella zona degli hangar il 15 marzo.
Nel frattempo, i lavori su SN 3 procedevano velocemente e si credeva che questa nuova versione sarebbe riuscita ad eguagliare i traguardi raggiunti dallo StarHopper. Attualmente però, lui è ancora l’unico ad aver eseguito un test con i motori e ad aver compiuto un piccolo balzo. Il nuovo prototipo è stato completato il 27 marzo e ha raggiunto subito la zona di test.
Per supportare il volo di SN 3, gli operai hanno montato sulla cupola superiore dei pacchi batterie utilizzati per le Tesla. Si tratta di un’importante collaborazione tra le due principali aziende di Musk che gli consente di avere delle batterie con grande autonomia e della quale conoscono ogni componente. La prima prova è stata eseguita utilizzando azoto a temperatura ambiente e questa ha dato esito positivo. I problemi sono iniziati quando si è usato lo stesso gas ma a temperature criogeniche.
Il primo tentativo di pressurizzazione è stato interrotto a causa di una perdita nel serbatoio inferiore, quello che conteneva l’ossigeno. Dopo l’interruzione si è subito risolto il problema, riprendendo dopo qualche ora.
Osservando le riprese effettuate, abbiamo potuto osservare l’evolversi anche della seconda prova, notando la formazione di ghiaccio attorno al serbatoio superiore, quello per il metano. Stranamente però, questo non si è visto attorno al serbatoio inferiore. Improvvisamente si è vista la deformazione del serbatoio dell’ossigeno e l’intera struttura è implosa, distruggendosi.
Sale così a 3 il numero di Starship distrutte durante i test, senza contare i serbatoi realizzati appositamente per le prove a rottura. Dopo la Mk 1 e SN 1 si aggiunge ora anche SN 3, implosa la mattina del 3 aprile.
Cosa è successo?
Una dichiarazione è arrivata da Musk subito dopo l’incidente. Musk affermava che potrebbe esserci stato un errore nella configurazione del test. Proprio questa mattina ha confermato questa affermazione dicendo che l’errore è stato nel considerare quanta pressione avrebbe dovuto subire il serbatoio inferiore. Per questi test si usa l’azoto, un gas inerte che non genera esplosioni in caso di malfunzionamenti. Il problema è che l’azoto liquido ha una densità di circa 800kg/m^3 ma il serbatoio superiore dovrà contenere metano liquido, con densità di 422kg/m^3.
Considerando che il serbatoio superiore ha un volume di circa 614,33 m^3, la struttura inferiore ha dovuto supporterà un peso eccessivo di circa 232 tonnellate. A quanto pare è stato questo peso eccessivo a far collassare la Starship, unito al fatto che il serbatoio dell’ossigeno non fosse completamente pieno. Se entrambi i serbatoi fossero stati riempiti correttamente la struttura sarebbe riuscita a sorreggere il peso extra.
Musk ha inoltre affermato che la struttura inferiore con il prototipo del meccanismo delle nuove gambe di atterraggio verrà mantenuta. Questa parte è infatti risultata indenne all’incidente e verrà riutilizzata.
Durante la prima parte del test avevano già avuto problemi legati alle valvola e Musk ha confermato che la mancanza di pressione sul serbatoio inferiore è stata causata da un errore alle valvole di controllo e tenuta.
Finalmente vediamo le gambe
Grazie alle foto degli abitanti di Boca Chica e quelle condivise da Musk, abbiamo potuto intravedere le gambe di atterraggio della Starship. Da quando è stato annunciato il progetto, questa è stata l’unica parte di cui non si conosceva il meccanismo di funzionamento. Durante la presentazione di fine settembre, con la Mk 1 assemblata e mostrata al pubblico, le gambe di atterraggio erano fissate alla parte esterna. Le nuove zampe intraviste su SN 3 invece erano poste internamente, dove si troveranno poi anche i 6 motori Raptor. Nel seguente video potete vedere una rappresentazione molto vicina a quelle che saranno realmente le gambe di atterraggio.
Another one.
Snug fit with cargo pods and RVacs pic.twitter.com/jogMXJApjm— Kimi Talvitie (@kimitalvitie) April 2, 2020
Musk, apprezzando il video, ha affermato che queste saranno la versione 0.9 e le miglioreranno grazie a test successivi. Le versioni future avranno una campata, ovvero la distanza tra gli appoggi, più ampia, una maggiore corsa e la possibilità di livellarsi a seconda del terreno o per compensare il vento.
SpaceX inoltre sta collaborando con la NASA per sviluppare le gambe di atterraggio per arrivare sul suolo lunare senza sprofondare.
Catena di montaggio
Durante un’intervista con Eric Berger di Arstechnica, Musk ha parlato dei piani per la produzione delle future Starship. L’obbiettivo entro la fine del 2020 è quello di produrre una Starship alla settimana. Per fare questo a Boca Chica sta nascendo una vera e propria catena di montaggio, in cui ogni capannone realizzerà una parte specifica. Si parte quindi dalla costruzione degli anelli in acciaio inossidabile, alti circa 2 metri e realizzati con un’unica lastra. Ogni anello è realizzato utilizzando l’acciaio 301, pesa circa 1600 kg e ne serviranno 17 per una Starship. Attualmente gli operai riescono ad assemblare 2 anelli al giorno, ma l’obbiettivo è quello di completarne 4 in una singola giornata.
In un altro tendone vengono realizzate le cupole che formeranno le parti superiori ed inferiori dei serbatoi. Per queste componenti gli operai impiegano più tempo, circa una settimana.
Tutte le componenti giungono poi nel VAB per essere assemblate.
I traguardi raggiunti grazie all’aggiornamento del sito di Boca Chica li abbiamo notati nei tempi di realizzazione delle diverse Starship.
La costruzione della Starship Mk 1 iniziò a dicembre 2018 e arrivò sul pad di lancio a novembre 2019. SN 1 fu costruita a partire da ottobre 2019 ed esplose il 28 febbraio di quest’anno. SN 2, come dicevamo, non è stata completata, ma utilizzata solamente per dei test su un unico serbatoio. Per SN 3 invece hanno impiegato poco meno di un mese, poiché la costruzione è iniziata a inizio marzo e il 27 era già completa. SN 4 è già in costruzione e sarà pronta in circa 3 settimane.
SpaceX adotta un approccio alla progettazione molto differente rispetto alle altre aziende aerospaziali. É facile quindi che il design di Starship cambi ancora rispetto a quanto annunciato. É il caso del SuperHeavy, il primo stadio che porterà l’astronave in orbita. Secondo le parole di Musk, le dimensioni del razzo sono aumentate e arriverà a misurare 70 m di altezza, raggiungendo i 120 m con la Starship.
Un’ulteriore importante modifica che stanno cercando di apportare al design è legata alla cupola dei serbatoi. L’obbiettivo è quello di appiattirla il più possibile, in modo da recuperare volume utilizzabile per i carichi da trasportare in orbita.
Musk ha inoltre dichiarato proprio questa mattina che su Starship SN4 monteranno tre motori raptor. Quello che si aspetta è allora una nuove serie di test di pressurizzazione verso fine Aprile. Se questi andranno come previsto il quarto modello eseguirà poi anche il piccolo Hop di 150 metri già previsto per SN3.
Nonostante i test falliti, SpaceX sta lavorando per imparare dagli errori commessi e migliorare la versione successiva. Adotta un procedimento non convenzionale ma, se andrà bene, potrebbe portare ad ottenere ottimi risultati in breve tempo. Non ci resta che continuare a tenere sotto controllo ciò che accade a Boca Chica.
I progressi di Starship è una rubrica progettata e scritta da Andrea D’Urso.