Un grave incidente al sito di Massey, fortunatamente senza feriti, è stato il protagonista del mese di giugno e la causa di ulteriori ritardi per il progetto Starship. Durante il tentativo di esecuzione di uno static fire test, la Ship 36 è esplosa, danneggiando gravemente le infrastrutture di terra, essenziali per collaudare i nuovi prototipi. SpaceX si è messa al lavoro per trovare una soluzione a questo problema, ma ci saranno comunque lunghi ritardi, probabilmente di alcuni mesi, su tutta la timeline precedentemente annunciata.
Il decimo volo sembrava ormai imminente; invece, ora dovremo attendere diverse settimane prima di poter assistere a un nuovo lancio di Starship. Ecco cosa è accaduto a Starbase nel mese di giugno, in questo nuovo articolo della rubrica “I progressi di Starship”.
La distruzione di Massey
Mancava solamente un test e finalmente il Booster 16 e la Ship 36 sarebbero stati pronti a effettuare il decimo volo di Starship. La prova in questione era l’accensione dei sei Raptor della Ship 36, in quanto il Super Heavy aveva già collaudato con successo i suoi motori il 6 giugno.
Il 16 giugno SpaceX aveva condotto un test statico di accensione con la Starship, avviando però solamente uno dei Raptor centrali. In quell’occasione, SpaceX aveva simulato l’accensione del motore nello spazio, alimentandolo con il propellente presente negli header tank. Dopo la prova, ci sono state diverse ispezioni da parte dei tecnici all’interno della baia di carico. Anche per questo motivo appare ancora poco chiaro come sia potuto avvenire questo incidente.
Ultimati i controlli, il 19 giugno SpaceX si stava preparando ad avviare i sei Raptor della Ship 36, procedendo così al caricamento dei propellenti. Prima di arrivare all’avviamento dei motori, però, la Starship è esplosa, distruggendosi completamente e danneggiando gravemente gran parte delle infrastrutture del sito di Massey.
Realtime look at Ship36’s RUD at Massey’s.
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📸: @NASASpaceflight pic.twitter.com/B2ie0XeLoI— D Wise (@dwisecinema) June 19, 2025
Prima Musk, tramite un post su X, e successivamente SpaceX, in un comunicato ufficiale, hanno dichiarato che le prime analisi indicano il malfunzionamento di un COPV (Composite Overwrapped Pressure Vessel) come causa dell’esplosione. Questi piccoli serbatoi vengono utilizzati per contenere azoto e sono collocati al di sotto degli header tank.
Sembrerebbe che l’esplosione abbia avuto origine proprio quando la struttura ha iniziato a rompersi vicino alla cupola superiore del serbatoio del metano. Subito dopo questa prima esplosione, se ne è generata una seconda, alla base della Ship 36. Probabilmente, la prima ha causato il danneggiamento delle linee di rifornimento, con conseguente perdita di metano e ossigeno.
In questo approfondimento speciale sull’esplosione della Starship 36 abbiamo analizzato più nel dettaglio l’esplosione e i motivi che, sembra, l’abbiano provocata. Ad oggi, dopo circa 20 giorni dall’incidente, non ci sono ancora spiegazioni ufficiali più precise di quelle date da SpaceX e Musk nelle ore subito successive l’esplosione.
A mali estremi, estremi rimedi
Dopo aver eseguito le diverse ispezioni, durate alcuni giorni, pare che SpaceX sia giunta a una conclusione piuttosto drammatica: Massey non sarà utilizzabile per diversi mesi. L’esplosione ha infatti danneggiato non solo lo stand su cui poggiava la Ship 36, ma anche parte del flame trench, cioè il dissipatore dei gas di scarico dei motori Raptor, le linee di rifornimento e diversi serbatoi.
I lavori per la rimozione dei detriti sono iniziati già pochi giorni dopo l’esplosione ma, durante una di queste operazioni, una delle gru si è ribaltata, fortunatamente senza gravi conseguenze. Si tratta di un incidente piuttosto grave, dato che questi macchinari sono alti decine di metri e pesanti diverse tonnellate.
Massey è un sito fondamentale per i voli di Starship, poiché qui SpaceX collauda, o meglio, collaudava tutti i nuovi prototipi delle Ship. I Super Heavy effettuano a Massey solamente i test di pressurizzazione dei serbatoi tramite azoto liquido, mentre gli static fire test avvengono al pad di lancio. Le Starship, invece, conducono a Massey entrambe le prove, e questa organizzazione ora rappresenta un grave problema.
SpaceX è quindi priva di un’infrastruttura in cui verificare che le nuove Starship non presentino problemi e sarebbe un grosso rischio lanciarle senza test, come ha proprio dimostrato questo incidente. In passato, le Starship venivano sempre testate in un altro pad, non quello di Mechazilla, che si trovava sempre al sito di lancio. Spostarlo a Massey ha comunque permesso di evitare che incidenti come questo danneggiassero il pad di lancio. Era proprio questo il motivo per cui è stato costruito, insieme alla possibilità di aumentare il numero di test, avendo un sito separato da quello di lancio.
Ora, per risolvere il problema della mancanza di un sito di test, e riprendere i voli il prima possibile, sembra che SpaceX abbia deciso di cambiare approccio, almeno momentaneamente, e adottare una soluzione alquanto estrema: riconvertire il pad di lancio per supportare i test delle Starship.
L’Orbital Launch Mount (OLM), infatti, è stato progettato affinché vi si appoggi solamente il Super Heavy. Non c’è quindi una struttura su cui collocare la Starship, siccome tutti i punti di aggancio sono diversi.
Per ovviare a questo problema, SpaceX installerà sopra l’OLM una delle strutture utilizzate al sito di costruzione per spostare le Starship. Questo anello fungerà quindi da adattatore tra l’OLM e le Ship, sappiamo che lo stanno modificando proprio in questi giorni, ma saranno necessarie diverse modifiche per poterlo installare. Un altro elemento fondamentale che richiederà adattamenti è il Quick Disconnect (QD), il braccio dotato di tutte le linee di rifornimento.
Accettare i rischi
Oltre a dover apportare i dovuti rinforzi all’OLM e saldare adeguatamente l’adattatore, affinché la Ship non si sposti durante l’accensione dei motori, SpaceX dovrà prestare particolare attenzione anche al QD, il quick disconnect. Starship e Super Heavy hanno attacchi con un design differente, quindi non è possibile utilizzare direttamente quello presente sul pad.
Inoltre, non basterà un semplice adattatore, poiché i bocchettoni di rifornimento della Ship saranno in una posizione differente da quelli del booster. Ciò significa che i tecnici dovranno modificare anche la lunghezza delle tubazioni.
Tutti questi elementi di giunzione sono punti altamente critici e potrebbero portare ulteriori problemi durante un test statico, o anche solo uno di pressurizzazione dei serbatoi. L’ultima volta che un prototipo esplose sul pad per i test fu SN4, il 29 maggio 2020, tralasciando ovviamente la Ship 36. In quell’occasione fu proprio un malfunzionamento del QD a causare la perdita di metano e ossigeno. La loro miscelazione vicino al motore Raptor, che era stato appena acceso, generò una grande esplosione.
Ship 38, the last time Raptor 2 will fly. pic.twitter.com/aWX0bz41qM
— SLS (@ScottLikedSLS) June 28, 2025
Con la riconversione del pad di lancio, SpaceX ha scelto di correre rischi significativi, spinta dalla necessità di accelerare i lavori per recuperare il tempo perso a causa dei ritardi accumulati. Questo però ci suggerisce che, secondo le stime di SpaceX, le operazioni di modifica dell’OLM saranno più veloci dei lavori a Massey. Si tratta quindi di un ulteriore indice della gravità dei danni subiti dalle infrastrutture in quell’area.
La prima Starship che potrebbe eseguire uno static fire test al pad di lancio è la Ship 37, i cui serbatoi hanno già superato i collaudi a Massey il 30 maggio. SpaceX potrebbe decidere di testare anche la Ship 38 direttamente al pad di lancio, prima di rimuovere tutte le modifiche. In questo modo avrebbe due Starship pronte al lancio nel caso in cui i lavori a Massey dovessero ritardare.
Altri “pezzi di Starship” – Brevi novità e aggiornamenti
- La Space Force ha pubblicato il 6 giugno la bozza dell’analisi di impatto ambientale per autorizzare fino a 76 lanci annuali di Starship dallo Space Launch Complex 37 (SLC-37). La FAA sta valutando la richiesta, con consultazioni pubbliche aperte fino al 28 luglio. L’iniziativa si affianca ai 25 lanci autorizzati da Starbase e ai 44 in revisione dal pad 39A. L’obiettivo: raggiungere fino a 145 missioni Starship l’anno. Il ritmo sostenuto serve a supportare le missioni lunari e marziane, e lo sviluppo dei satelliti Starlink di terza generazione.
- Il 12 giugno la Federal Aviation Administration ha ufficialmente concluso le indagini relative all’ottavo volo di Starship, avvenuto il 7 marzo 2025. Come già annunciato da SpaceX, la perdita della Ship 34 è stata causata da un guasto in uno dei motori Raptor centrali. La FAA ha richiesto che, a seguito di quell’evento, SpaceX apportasse otto azioni correttive affinché lo stesso problema non si ripresenti nei voli successivi. In effetti, nel volo 9 quei problemi non si sono presentati, anche se ce ne sono stati altri.
- I lavori presso il secondo pad di lancio di Starbase stanno entrando nella loro fase finale. In questi giorni gli operai hanno installato i 20 hold down clamps del nuovo OLM, che serviranno a trattenere il Super Heavy durante i test e negli istanti prima della partenza. Anche per questo motivo probabilmente, SpaceX sta rischiando molto per adattare il primo pad di lancio a eseguire i test di Starship, sapendo che a breve sarà pronto il secondo.
- Poco dopo che Starbase è diventata una città vera e propria, è stata fatta una richiesta per l’installazione di quattro cancelli. Sebbene non fossero ancora stati approvati, SpaceX ne aveva già costruito le strutture. I cancelli serviranno a monitorare l’accesso a Starbase, sia per ragioni di sicurezza che di ordine pubblico. Nel corso degli anni, infatti, sono aumentate sempre di più le persone che visitano la città di SpaceX, causando anche diversi disagi. Ora l’intento di SpaceX è quello di controllare il flusso di persone.
- Il 1° luglio, SpaceX ha presentato una richiesta alla Contea di Cameron per la costruzione di un nuovo complesso di edifici vicino al sito di lancio. Le strutture saranno unità di separazione dell’aria (ASU, Air Separation Unit) che permetteranno a SpaceX di produrre direttamente a Starbase ossigeno e azoto, fondamentali per i test e i voli. Avere l’ASU vicino al sito di lancio garantirà una migliore gestione di questi elementi, riducendo i costi di trasporto e diminuendo il traffico nei pressi dell’area. In totale sono previste 20 strutture, di cui tre abitative, e l’area coprirà poco meno di 5.000 metri quadrati.
- Il 3 luglio è stata approvata alla Camera degli Stati Uniti la Legge Big Beautiful Bill, fortemente voluta dal Presidente Trump e che è stato, almeno pubblicamente, uno dei motivi del litigio fra Trump e Musk. Quest’ultimo ne era infatti molto contrario, additandola come una legge che manderà in bancarotta gli Stati Uniti. All’interno di questa legge di bilancio è previsto anche un finanziamento per la costruzione dei altri 2 SLS, quelli di Artemis 4 e 5 e del Lunar Gateway, entrambi programmi a cui Musk e Isaacman si erano opposti ampiamente. Sono anche progetti che sarebbero stati eliminati dalla proposta di budget per la NASA del 2026.