L’asteroide Ryugu, esplorato nel corso della missione giapponese Hayabusa 2 che nel 2020 ha portato a Terra alcuni campioni di materiale, continua a sorprendere gli scienziati. Un recente studio ha ora messo in discussione le precedenti ipotesi sul luogo di formazione di questo corpo celeste ricco di carbonio.
La ricerca, condotta da un team guidato dal Max Planck Institute for Solar System Research (MPS) in Germania, suggerisce che Ryugu si sia formato molto più vicino al Sole di quanto si pensasse in precedenza, probabilmente nella regione vicina all’orbita di Giove.
Questa scoperta si basa su un’analisi dettagliata dei rapporti isotopici del nichel presenti nei campioni di Ryugu, confrontati con quelli di meteoriti noti come condriti carboniose. I risultati hanno rivelato somiglianze con le “condriti CI”, ma hanno anche evidenziato differenze significative che hanno portato a una revisione delle teorie sulla formazione degli asteroidi ricchi di carbonio.
Le precedenti ipotesi su Ryugu
La missione Hayabusa 2 dell’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) ha portato a Terra nel 2020 preziosi campioni dell’asteroide Ryugu, costituiti da minuscoli granelli di materiale nero come la pece. Nel corso di questi anni essi sono stati sottoposti a una serie di analisi sofisticate in laboratori di tutto il mondo, che ancora proseguono.
Prima di questa missione e delle analisi successive, gli scienziati avevano ipotizzato che Ryugu, come molti altri asteroidi ricchi di carbonio, si fosse formato nelle regioni più esterne del Sistema Solare, probabilmente oltre l’orbita di Saturno.
Questa ipotesi si basava sulla composizione chimica dell’asteroide, che lo collocava nella categoria delle condriti carboniose, in particolare nel raro sottogruppo delle condriti CI. Queste ultime sono considerate tra i materiali più primitivi e incontaminati del nostro sistema planetario, con una composizione chimica simile a quella del Sole.
Le analisi iniziali dei campioni di Ryugu sembravano confermare questa ipotesi, rafforzando l’idea che l’asteroide avesse intrapreso un lungo viaggio dalla periferia del Sistema Solare fino alla sua attuale orbita vicino alla Terra. Si pensava che Ryugu si fosse formato in una regione ricca di materiali volatili e organici, per poi migrare gradualmente verso l’interno, passando attraverso la fascia degli asteroidi prima di stabilirsi nella sua orbita attuale.
Un’origine più vicina al Sole
La svolta nella comprensione dell’origine di Ryugu è arrivata grazie a una recente analisi condotta dai ricercatori dell’MPS. Il team ha esaminato i rapporti degli isotopi di nichel in quattro campioni dell’asteroide Ryugu e li ha confrontati con sei campioni di condriti carboniose. Questa analisi ha rivelato un quadro sorprendentemente diverso da quello ipotizzato in precedenza.
I risultati hanno confermato la stretta relazione tra Ryugu e le condriti CI, ma hanno anche evidenziato differenze significative che non potevano essere spiegate con il modello precedente. La chiave di questa nuova interpretazione risiede nella presenza di un quarto “ingrediente” nella composizione di Ryugu: minuscoli granuli di ferro-nichel. Questi granuli sembrano essersi accumulati in modo particolarmente efficiente durante la formazione di Ryugu e delle condriti CI.
Secondo la nuova teoria proposta dai ricercatori, Ryugu e le condriti CI si sarebbero formati in una regione molto più vicina al Sole di quanto si pensasse, probabilmente appena oltre l’orbita di Giove. Questo processo di formazione sarebbe avvenuto in due fasi distinte, separate da circa due milioni di anni:
- La prima fase, iniziata circa 2 milioni di anni dopo l’inizio della formazione del Sistema Solare, avrebbe visto l’accumulo di polvere, condruli e condensati primitivi.
- La seconda fase, caratterizzata dall’evaporazione del gas sotto l’influenza del Sole, avrebbe portato all’accumulo principalmente di polvere e granuli di ferro-nichel, dando origine alle condriti CI e a Ryugu.
Le implicazioni della scoperta
Questa nuova comprensione dell’origine di Ryugu ha implicazioni significative per la nostra conoscenza della formazione e dell’evoluzione del Sistema Solare. In primo luogo, sfida l’idea che tutti gli asteroidi ricchi di carbonio si siano formati nelle regioni più esterne. Invece, suggerisce che diversi tipi di asteroidi carboniosi possano essersi formati in una stessa regione, ma attraverso processi diversi e in tempi differenti.
La scoperta evidenzia anche l’importanza dei processi di fotoevaporazione nella formazione degli asteroidi, un aspetto che potrebbe essere cruciale per comprendere la diversità degli oggetti presenti nella fascia degli asteroidi. E sottolinea il ruolo fondamentale di Giove nella formazione del Sistema Solare interno, agendo come una barriera che ha influenzato l’accumulo e la distribuzione del materiale primordiale.
Infine, la ricerca apre nuove prospettive per future missioni di esplorazione degli asteroidi. La comprensione più dettagliata della composizione e dell’origine di questi corpi celesti potrebbe guidare la selezione di obiettivi per future missioni di campionamento, contribuendo ulteriormente alla nostra conoscenza della formazione e dell’evoluzione del nostro sistema planetario. Un esempio sono gli studi attualmente in corso sui campioni dell’asteroide Bennu, anch’esso ricco di carbonio, che stanno in effetti rivelando molte sorprese.
Lo studio, pubblicato su Science Advances, è reperibile qui.
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