Per poter stabilire in futuro un insediamento umano permanente sul nostro satellite, uno dei principali problemi è la produzione in loco dell’ossigeno. Questo andrà “prodotto” sulla Luna sia per le esigenze degli astronauti, ma anche per essere usato come propellente per razzi, evitando di trasportarlo costantemente dalla Terra.
Gli scienziati del team Carbothermal Reduction Demostration (CaRD) del Johnson Space Center della NASA a Houston sono riusciti ad estrarre ossigeno dalla regolite lunare. È la prima volta che questo viene fatto in una camera a vuoto pressurizzata.
L’esperimento fa parte del programma Game Changing Development (GCD), un programma della NASA istituito per costruire le tecnologie necessarie per lo sfruttamento delle risorse lunari durante le prossime missioni Artemis. Il funzionamento di questo primo prototipo consentirebbe una presenza umana più economicamente sostenibile. Il team CaRD fa parte, invece, della Lunar Surface Innovation Initiative (LSII). La NASA utilizza LSII per sviluppare le tecnologie necessarie, agli esseri umani e alle varie infrastrutture, ad operare più facilmente e in maniera quasi autonoma sulla Luna.
L’esperimento
Il team ha condotto il test utilizzando uno speciale laboratorio sferico dal diametro di 4 metri e mezzo, chiamato Dirty Thermal Vacuum Chamber. In questa camera a vuoto è possibile ricreare le condizioni ambientali lunari. L’ambiente è chiamato “dirty chamber” in quanto i campioni inseriti all’interno non sono per forza ripuliti e/o sterilizzati.
L’estrazione è avvenuta da una regolite lunare ricreata in laboratorio qui sulla Terra per essere quanto più possibile simile alla finissima polvere che ricopre la superficie della Luna. Inoltre, per la prima volta, l’esperimento è stato eseguito in un ambiente sottovuoto, alle stesse condizioni di temperatura e radiazioni che si trovano sul nostro satellite.
Per estrarre l’ossigeno è stata sfruttata la reazione inorganica della riduzione carbotermica. In questo processo si sfrutta il carbonio ad alte temperature per spezzare i legami chimici tra i vari composti che compongono la regolite. Questa è stata fatta fondere all’interno di un reattore carbotermico sviluppato da Sierra Space. Qui avviene il processo di fusione della regolite ed estrazione dell’ossigeno. Il calore necessario per la fusione è stato ricavato usando un laser ad altissima potenza, simulando il funzionamento di un concentratore di energia solare che potrebbe essere posizionato sulla Luna.
In questo modo avviene la riduzione carbotermica, un processo utilizzato da anni sulla Terra per la produzione di numerosi oggetti di uso comune, come pannelli solari e acciaio. I metalli ossidati presenti nella pietra lunare rilasciano principalmente monossido di carbonio o anidride carbonica, dalla quale è possibile estrarre poi l’ossigeno.Queste molecole sono state rilevate da un dispositivo chiamato Mass Spectrometer Observing Lunar Operations (MSolo).
Il futuro dell’estrazione di ossigeno dalla regolite
Un dispositivo simile a MSolo sarà a bordo di due future missioni lunari: il Polar Resources Ice Mining Experiment-1 che dovrebbe raggiungere la Luna già nel 2023 e il Volatiles Investigating Polar Exploration Rover (VIPER) che la raggiungerà nel 2024.
Per poter applicare in futuro sulla Luna il processo utilizzato dal team CaRD, il reattore carbotermico deve principalmente mantenere la pressione giusta per impedire ai gas di perdersi nello spazio. Nonostante ciò, deve comunque permettere alla regolite lunare di entrare e uscire dalla zona di reazione. La dimostrazione dell’esperimento in condizioni simili a quelle lunari ha portato il reattore ad avere un Technology Readiness Level di livello 6. Questo significa che il prototipo è completamente funzionante e pronto ad essere testato nello spazio.
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