Fino ad ora si pensava che la maggior parte dell’attività vulcanica sul Pianeta Rosso fosse avvenuta tra i 3 e i 4 miliardi di anni fa, con piccole eruzioni isolate datate a 3 milioni di anni fa. Non c’era mai stata prova che Marte fosse ancora geologicamente attivo. Tuttavia, dai dati dei satelliti marziani, Horvath e un gruppo di scienziati del Lunar and Planetary Lab dell’Università del Texas, hanno trovato evidenze di un’eruzione recente nell’Elysium Planitia.
L’Elysium Planitia è la seconda regione vulcanica di Marte per estensione, dopo i Monti Tharsis. Essa include, da nord a sud, i vulcani Hercas Tholus, Elysium Mons, Albor Tholus, la Cerberus Palus e le Cerberus Fossae. Il deposito vulcanico, analizzato da Horvath, è distribuito simmetricamente attorno a una fessura delle Cerberus Fossae e copre un’area poco più grande di Washington D.C.

Le prove di attività vulcanica recente
La maggior parte dell’attività vulcanica nella regione dell’Elysium Planitia e, in generale, su Marte, è costituita da fiumi di lava che scorrono lungo la superficie. Gli esempi di vulcanesimo esplosivo, meno frequenti ma comunque numerosi, fino ad ora non avevano mai mostrato un’età recente e una matrice di eruzione primaria. Ad esempio, la distribuzione molto diffusa di materiale clastico nella Fossa della Medusa, pare costituisca i resti di una grande deposito vulcanico ormai eroso; mentre, i gruppi di crateri situati nell’Elysium Planitia sono catalogati come depositi piroclastici generati da esplosioni dovute all’interazione tra acqua e lava. Non sono cioè il prodotto di eruzioni primarie.
Nel suo studio, Horvath dimostra l’ipotesi di aver trovato un deposito piroclastico geologicamente recente, fornendone le caratteristiche morfologiche, le proprietà fisiche, lo spessore e l’età. Questi dati mostrano come la zona sia del tutto anomala rispetto ai depositi eoliani ad esso adiacenti e appartenenti alla stessa regione; e, piuttosto, evidenzia quanto l’area sia simile alle macchie scure presenti sulla Luna e su Mercurio. Si tratta di depositi piroclastici caratterizzati da una bassa albedo, da una struttura simmetrica attorno a una fessura, e dalla presenza di cenere e rocce relativamente recenti, e sono ritenuti evidenza di eruzione vulcanica.
Ciò significa che potremmo essere di fronte al più giovane deposito vulcanico mai documentato su Marte. Così recente che se dovessimo comprimere la storia geologica di Marte in un solo giorno, tale eruzione sarebbe avvenuta nell’ultimo secondo. Horvath dichiara:
Questa eruzione potrebbe aver vomitato cenere fino a 10 chilometri nell’atmosfera marziana, ma ciò che vediamo probabilmente rappresenta un ultimo sussulto di materiale eruttato. Elysium Planitia ospita alcuni dei più giovani vulcanismi su Marte, risalenti a circa 3 milioni di anni fa, quindi ciò che vediamo non è del tutto inaspettato. È possibile che questo genere di depositi fosse più comune ma che essi siano stati erosi o sepolti.
Le osservazioni e gli studi
Per analizzare la conformazione della superficie e mappare i crateri del sito, Horvath e i colleghi hanno utilizzato i dati del Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) High Resolution Imag-ing Science Experiment (HiRISE). Come riportato nel paragrafo precedente, i dati sono stati utilizzati per ricavare stime di spessore, volume ed età. Tali valori, sommati a una distribuzione approssimativamente simmetrica del sito attorno a una delle Fosse di Cerberus, sono morfologicamente coerenti con un deposito di tephra (materiale eruttato da un vulcano) di circa 53000 anni.
Inoltre, tale sito, trova sede in una regione in cui ci si aspetta che tali depositi si formino sulla base di abbondanti prove di attività vulcanica e idrologica recente. Una prova a favore ci è fornita dallo strumento SEIS (Seismic Experiment for Interior Structure) di InSight, il lander della NASA che sta studiando l’attività tettonica su Marte dal 2018. Infatti, il sito della recente eruzione, si trova a 1600 chilometri dal luogo in cui InSight ha rivelato due Marsquakes (terremoti marziani), e recenti studi hanno suggerito la possibilità che questi potrebbero essere dovuti al movimento del magma in profondità.

Un’unica missione: provare la presenza di vita su Marte.
Un deposito vulcanico come questo aumenta la speranza che l’ambiente marziano possa ospitare o aver ospitato la vita. “L’interazione del magma ascendente e il substrato ghiacciato di questa regione potrebbero aver fornito condizioni favorevoli per la vita microbica abbastanza recentemente e ciò aumenta la possibilità di vita esistente in questa regione” afferma Horvath.
Ad esempio, lo scioglimento del ghiaccio sotterraneo e la sua circolazione, dovuta a dinamiche idro-termiche, potrebbero generare condizioni favorevoli per ambienti abitabili nel sottosuolo. Essi sarebbero analoghi ai luoghi sulla Terra in cui l’attività vulcanica si verifica in ambienti glaciali come l’Islanda, dove prosperano batteri chemiotrofici, criofili e termofili.
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