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AstroSpace

Un volo, un esplosione, un altro prototipo – I progressi di starship

Andrea D'Urso by Andrea D'Urso
Febbraio 5, 2021
in Approfondimento, I progressi di Starship, Rubriche, Space economy, SpaceX
Il cantiere di lancio di Boca Chica poco prima che partisse SN9. Credits: SpaceX

Il cantiere di lancio di Boca Chica poco prima che partisse SN9. Credits: SpaceX

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Dopo molti test, SpaceX è riuscita, il 2 febbraio, a far finalmente volare la Starship SN9. Nonostante tutte le manovre di volo siano state effettuate correttamente, anche in questo caso il prototipo non è riuscito ad atterrare. La mancata accensione di uno dei due motori Raptor non ha permesso ad SN9 di concludere l’ultima manovra di rientro, e quindi a schiantarsi al suolo.

Nell’ultimo mese, oltre alla realizzazione di nuovi prototipi, sono emerse anche nuove informazioni sui progetti futuri. Vediamoli in questo nuovo aggiornamento della rubrica I progressi di Starship. 

Un nuovo rientro con tre motori

Dopo un breve silenzio stampa (il che vuol dire un’assenza da twitter), ieri, 4 febbraio, Elon Musk è tornato attivo e ha spiegato alcune caratteristiche del rientro propulsivo di Starship e della sua ultima manovra. Innanzitutto ha dichiarato che “siamo stati sciocchi a non accenderli tutti e tre”. Questo ha lasciato perplessi in molti, in quanto era risaputo che l’ultima manovra richiedeva l’uso di due soli motori. Musk ha infatti chiarito che tre Raptor dispongono di una spinta maggiore di quella necessaria per far ruotare la Starship. La strategia sarebbe potuta essere quella di accenderli tutti e tre e subito spegnerne uno, in modo da rendere per qualche secondo, ridondante il numero di motori accesi.

I tre motori Raptor alla base di Starship. Nella nuova modalità proposta da Elon Musk il motore in alto verrà spento per primo. Credits: Rafael Adamy / Brendan / Astrospace.it
I tre motori Raptor alla base di Starship. Nella nuova modalità proposta da Elon Musk il motore in alto verrà spento per primo. Credits: Rafael Adamy / Brendan / Astrospace.it

In questo caso quello che sarebbe spento sarebbe quello in alto, sopra ai due paralleli al terreno quando la Starship si trova in orizzontale. Spegnerne uno sarebbe però assolutamente necessario, in quanto, anche a minima spinta, tre motori dispongono di troppa potenza. Allo stesso tempo, a minima spinta avrebbero anche fatica ad accendersi. Oltre a tutto ciò c’è anche bisogno di grande velocità del computer di bordo nel decidere se spegnere il terzo motore.

La manovra con tre Raptor sarebbe quindi anch’essa molto rischiosa. Nonostante questo Musk ha dichiarato che già con SN10 potrebbero testare questa variante. 

Tante Starship e tanti test

Mentre alcuni tecnici erano occupati a preparare la Starship SN9 al volo, è arrivato al pad per i test anche SN7.2 il 20 gennaio. La serie numero 7 dei prototipi di Starship è costituita da piccoli serbatoi di test e non da Starship complete. Grazie a questi, SpaceX sperimenta nuove tipologie di acciaio inossidabile e nuove tecniche produttive.

SN7.2 infatti, ha anelli in acciaio inossidabile di circa 3 millimetri di spessore, mentre le Starship precedenti hanno anelli di 3,97 mm. Ridurre lo spessore serve per rendere la struttura più leggera e di conseguenza, permetterà alla Starship di portare in orbita carichi più pesanti. Come accaduto per le versioni precedenti, SN7.2 subirà diversi cicli di pressurizzazioni a temperature criogeniche utilizzando azoto, in modo da ricavare dati sul comportamento della struttura. La prova finale consisterà nel portare il prototipo a rottura. SN7.1 esplose con una pressione alla base di 9 bar e di 8 bar nella parte superiore.

Il cantiere di lancio a Boca Chica. Sulla sinistra la SN10, al centro il pad vuoto da dove è partita SN9, a destra la SN7.2. Credits: SpaceX.
Il cantiere di lancio a Boca Chica. Sulla sinistra la SN10, al centro il pad vuoto da dove è partita SN9, a destra la SN7.2. Credits: SpaceX.

Nell’attesa di ottenere i permessi di volo da parte della FAA SpaceX ha deciso di rischiare, portando al pad anche la Starship SN10. Come affermato da Musk, anche questo nuovo razzo sarà prima pressurizzato, per verificare la tenuta dei serbatoi, e successivamente verranno installati i 3 motori Raptor.

Già pronta SN10

Portare SN10 al pad è stata una mossa forzata, per non rallentare la produzione dei prototipi successivi all’area di costruzione. L’assemblaggio finale delle Starship avviene infatti all’interno dell’High Bay, l’unico edifico che può ospitare un razzo completo grazie ai suoi 81 metri di altezza. Presto il corpo principale di SN11 sarà ultimato e per l’installazione del nose cone è necessario trasportarlo proprio nell’High Bay. Qui inoltre, procedono i lavori per la costruzione del primo prototipo di Super Heavy, denominato BN1 (Booster Number 1). In questo edificio possono però trovarsi in lavorazione massimo due veicoli alla volta. 

Attualmente è stato completato il serbatoio più grande di BN1, quello dell’ossigeno. Questo, proprio come per il Falcon 9, è posto in alto, mentre nella Starship si trova in basso. Probabilmente questa scelta è stata fatta per ottimizzare il bilanciamento dei pesi.

Phobos e Deimos

Durante le diverse presentazioni effettuate negli anni, SpaceX ha sempre mostrato video in cui i razzi partivano da piattaforme in mezzo al mare. Lo stesso Musk ha ribadito più volte su Twitter la volontà di creare strutture simili per supportare i voli di Starship. Grazie ad un’indagine condotta dal fotografo e giornalista Michael Baylor, si è scoperto che SpaceX è entrata in possesso di due vecchie piattaforme petrolifere.

La piattaforma Deimos al porto di Brownsoville. Credits: Jack Beyer per NasaSpaceFlight
La piattaforma Deimos al porto di Brownsoville. Credits: Jack Beyer per NasaSpaceFlight

Ad Agosto 2020, un’azienda di nome Valaris ha dichiarato bancarotta ed ha messo in vendita due di queste strutture. Si è fatta avanti la Lone Star Mineral Development LLC, che ha acquistato due piattaforme petrolifere pagandole ognuna “solo” 3,5 milioni di dollari. La loro precedente costruzione era invece costata circa 500 milioni.

Tale transazione è avvenuta solamente pochi mesi dopo la costituzione della Lone Star, il cui direttore finanziario è Bret Johnsen, Presidente del Gruppo di Acquisizioni Strategiche di SpaceX. Da qui, è risultato chiaro che le due piattaforme verranno sfruttate dall’azienda di Musk, molto probabilmente per supportare i lanci di Starship.

Le indagini di Baylor sono partite a seguito dell’avvistamento di una piattaforma con un nome molto particolare: Deimos. Si tratta del nome di una delle due lune di Marte e l’avvistamento è avvenuto al porto di Brownsville, il comune in cui si trova Boca Chica. Siccome le lune di Marte sono due, è subito partita la caccia alla seconda piattaforma: Phobos. Questa è stata rintracciata al porto di Galvestone successivamente trasportata a Pascagoula, in Mississipi.

Perchè due piattaforme?

Utilizzare piattaforme di questo tipo consentirà a SpaceX di supportare i lanci di Starship in maniera più sicura. I nuovi razzi infatti, potranno partire in mezzo al mare, lontano dalla città in modo da non creare troppi disagi. I problemi maggiori sono rappresentati dal suono, soprattutto durante la fase di rientro orbitale, quando il bang sonico potrebbe arrecare qualche danno. Anche in caso di malfunzionamenti della Starship ed esplosioni, non verrebbero messi in pericolo i cittadini.

I lavori su Phobos e Deimos sono già iniziati, ma ci vorrà del tempo prima che vedremo queste piattaforme entrare in funzione.

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Tags: SpaceXStarship

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